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Cosa c’è dopo la morte?

 

I limiti della Filosofia e le risposte concrete della Bibbia

 

“Chi sa dire all’uomo quel che sarà dopo di lui sotto il sole?” (Ecclesiaste 6:12)

 

Sotto il sole!

 

È un interrogativo che tutti noi ci siamo posti, almeno una volta nella vita. Probabilmente anche tu, da bambino, quando hai visto il tuo primo pesciolino rosso morto, ti sarai posto mille domande sulla vita e sulla morte.

 

Nell’immaginario collettivo la morte rappresenta un mistero impossibile da cogliere razionalmente e, dunque, qualcosa di cui aver paura. Fino ad oggi, il pensiero razionale non è riuscito a elaborare una qualche dottrina sul destino eterno dell’uomo senza imbattersi in incredulità e incertezze.

 

È nella natura umana fuggire via da tutte le zone d’ombra della ragione. È per questo motivo (è impossibile averne una chiara rappresentazione mentale) che la morte viene definita come la più vuota delle immagini! Ci sono uomini convinti che la morte sia un male, anzi il male per eccellenza!

 

“La morte [è] il più atroce … di tutti i mali” diceva Epicuro. Se avviassimo un’indagine circa la fine della vita terrena, molti probabilmente la assocerebbero a malattie gravi, incidenti e tanti altri casi fortuiti.

 

Sotto il sole è diffusa l’idea secondo cui “dopo la morte vi è solo pace profonda”, essa “non è né buona né cattiva, è nulla dal momento che riduce al nulla ogni cosa, dopo la morte non esiste nulla, la morte stessa è il niente; l’ultima meta di una corsa rapida” (Seneca).

 

Per sdrammatizzare la realtà post-mortem, Epicuro diceva: “Quando noi viviamo la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo noi. Non è nulla, né per i vivi né per i morti. Per i vivi non c’è, i morti non ci sono più”.

 

Già a primo acchito, le tesi che circoscrivono la vita alla sola sfera naturale non reggono e lasciano insoluti i dubbi dell’uomo. Difatti, perché temere tanto la morte se le cose stanno così?

 

Altre correnti di pensiero di natura orfico pitagorica abbracciano la dottrina della “metempsicosi”, ovvero la trasmigrazione dell’anima da un corpo all’altro (non necessariamente umano). Forse ti sarà capitato di sentir dire a un tuo amico frasi del tipo: “probabilmente nella mia vita precedente ero un gatto perché …!”

 

Per quanto nobile possa essere lo sforzo della filosofia di procurare saggezza all’uomo di fronte alla morte, essa lascia insoluti gli interrogativi sul destino dell’anima e rende sterili i discorsi intorno ad essa.

 

Potremmo impiegare tantissime parole per scoprire le molteplici analisi sul quel che ci sarà dopo la morte, dalla ricerca dell’archè fino al pensiero contemporaneo, ma la speculazione filosofica ci condurrebbe, sempre e comunque, a una situazione d’impasse.

 

Anche l’Ecclesiaste si chiede: “Infatti, chi può sapere ciò che è buono per l’uomo nella sua vita, durante tutti i giorni della sua vita vana, che egli passa come un’ombra? Chi sa dire all’uomo quel che sarà dopo di lui sotto il sole?” (Ecclesiaste 6:12).

 

La VITA dopo la morte

 

Così, inoltre, riflette l’Ecclesiaste sul pensiero comune degli uomini: “… la sorte degli uomini è la sorte delle bestie; agli uni e alle altre tocca la stessa sorte … tutti vanno in un medesimo luogo; tutti vengono dalla polvere, e tutti tornano alla polvere.” (Ecclesiaste 3:19-21)

 

In merito a ciò, potremmo dire che la morte come fine del corso biologico è un processo naturale della tanto meravigliosa, quanto breve, vita. La mortalità del corpo conferisce all’uomo naturale la facoltà di percepire il tempo e formulare progetti in vista della durata della vita.

 

Tuttavia, non siamo soltanto organismi viventi fatti di carne e ossa e la fine della vita sulla terra non coincide con la distruzione definitiva dell’essere. Infatti, dopo la morte … “la polvere torna alla terra com’era prima, e lo spirito torna a Dio che l’ha dato” (Ecclesiaste 12:9).

 

A differenza degli animali, la Parola di Dio ci dice che l’uomo è l’unica creatura ad avere possibilità di scelta e, nel caso della salvezza, vivrà in una condizione di beatitudine eterna.

 

Il peccatore che non si ravvede è come se camminasse a tastoni: non sa perché si muore e non sa neppure perché si vive! Se non sa cos’è la morte, come può capire la vita? Vive nel buio senza dare una giusta direzione alla vita!

 

“… Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà mai.” (Giovanni 11:25, 26)

Queste parole di Gesù rivolte a Marta risolvono perfettamente il mistero dell’uomo circa la morte: ci parlano di vita eterna dopo la morte fisica.

 

“… Io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine … chi vince erediterà queste cose, Io gli sarò Dio ed egli mi sarà figlio” (Apocalisse 21:6, 7). La promessa divina della vita eterna non appartiene al mondo dei miti e delle leggende, ma è il motore della speranza cristiana e del vivere una vita santa! Essa non è un’immagine indeterminata di cui può dirsi tutto ciò che si vuole, ma una meravigliosa realtà per quanti credono nel “… Signore Gesù Cristo, che ha dato sé stesso per i nostri peccati … secondo la volontà del nostro Dio e Padre” (Galati 1:4).

 

“La morte sai cos’è? … è una livella” – recitava Totò. Arriva certamente per tutti il momento della dipartita, ma soltanto “chi crede nel Figlio ha la vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.” (Giovanni 3:36)

 

Non dobbiamo temere la morte, perché grandi sono le promesse del Signore per i Suoi figli e le Sue parole sono fedeli e veritiere! “Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell’uomo, sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano.” (I Corinzi 2:9)

 

Non sia la nostra fede fondata “sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio” (I Corinzi 2:5). Quel che ti chiede Dio è una semplice fede, un cuore aperto e una condotta santa perché tu possa ricevere il dono di Dio, “la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” (cfr. Romani 6:23).

 

“Credi tu questo?” (Giovanni 26)

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