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La “Cattiva” e la “Buona” Cultura Evangelica

 

Come giovani cristiani evangelici dobbiamo approcciarci alla cultura: ma come farlo (e non farlo)?

 

Spesso, nell’ambiente evangelico, la parola cultura da l’idea di qualcosa di “intellettualoide”: si pensa subito a una qualche polverosa stanza semibuia piena di libri e personaggi che discutono di concetti poco comprensibili, distaccati dalla realtà. Invece la parola “cultura”, nel suo significato originale, porta in sé qualcosa di ben più dinamico: i concetti di coltivare, far crescere, curare. Cultura è ciò con cui coltiviamo la nostra vita: l’insieme di interessi, pratiche, concetti e verità con cui alimentiamo e plasmiamo la nostra mente ogni giorno.

 

Veniamo in contatto ogni giorno con varie culture, basta connettersi a qualsiasi social network per trovare un sacco di pagine o gruppi che parlano di questo o quell’altro argomento. I tifosi di una o l’altra squadra, i forum sulle serie tv, i fan di quel famoso rapper. Ed ecco tante culture che si sovrappongono, mescolano e confondono.

 

Anche il “mondo evangelico” ha le sue culture. Conosciamo ormai le realtà evangeliche di diverse parti del mondo, e anche nel nostro paese ci sono tantissime iniziative. Ma come distinguere ad una prima occhiata se si parla di “buona” o “cattiva” cultura evangelica?

 

La “cattiva” cultura evangelica

 

  • Mette al centro l’uomo. Se vedi che si parla più di questa o quell’altra figura (pastore, cantante, organizzazione) più di quanto si parli di Gesù o dell’Evangelo allora c’è qualcosa che non va. Se prende a riferimento persone che poco hanno a che fare con Dio, se titoli e statistiche diventano centrali a scapito della fedeltà alla Parola di Dio, possiamo cominciare a far scattare qualche campanello d’allarme.

 

  • È farisaica. I Farisei erano una frangia politica e religiosa conservatrice della società ebraica che pensava di sanare la società imponendo gli standard “biblici” di moralità che spesso non seguivano neanche loro (Matteo 23:1-36). Gesù si scontrò più volte con loro annunciando che, alla radice, ci deve essere prima una trasformazione ad opera dello Spirito Santo e non una semplice etica sociale. Il formalismo religioso dei Farisei ricorda quello di gruppi e movimenti politici che vogliono imporre a tutti i costi una morale cristiana, mentre la preoccupazione principale della comunità cristiana evangelica deve essere quella di proclamare la salvezza in Cristo.

 

  • Fa favoritismi. A differenza di quello che scrive Giacomo nella sua epistola (Giacomo 2:1-9), la cattiva cultura evangelica mette in prima fila personaggi famosi, che si autodefiniscono “evangelici”, per guadagnare visibilità. Sappiamo che non possono esserci favoritismi davanti a Dio e, considerare un credente evangelico più di un altro a seconda della sua popolarità, è sicuramente dannoso.

 

  • È pragmatista. Il pragmatismo è quell’approccio secondo il quale qualsiasi metodo o mezzo è utile, basta che si rimandi in qualche modo a Dio e si abbia un riscontro positivo e immediato del “pubblico”. Questo approccio naturalmente è più che discutibile (1 Corinzi 10:23) e, incarnato dal motto “Il fine giustifica i mezzi”, dà priorità alla contingenza e all’esperienza personale (2 Timoteo 4:3). Ma come cristiani evangelici bisogna far attenzione anche ad esaminare se il mezzo è adatto. Perfino la sociologia dice “il mezzo è il messaggio” (McLuhan) e sostiene che i mezzi non sono del tutto neutrali, ancor di più come credenti dobbiamo far sì che anche i mezzi e le metodologie che usiamo siano adatti agli scopi che Gesù vuole raggiungere.

 

  • È autorefenziale. Molto spesso l’obiettivo primario di alcune culture evangeliche è avere maggiore influenza nel mondo evangelico stesso. Spesso ci si preoccupa più di guadagnare seguito e fama tra le chiese piuttosto che spingersi verso quanti hanno bisogno di salvezza. Questo include sia quando si propongono forme evangeliche “nuove” in cerca di visibilità sia quando si difendono e promuovono delle “tradizioni” religiose del proprio contesto di appartenenza. Tutto ciò non per un sincero desiderio di obbedire a qualche passo delle Scritture ma per un senso di orgoglio di gruppo fine a sé stesso.

 

La “buona” cultura evangelica

 

  • Esalta Gesù. La buona cultura evangelica porta l’attenzione su Gesù, fa di Lui il punto di riferimento, l’esempio da imitare, l’unico da innalzare (1 Corinzi 2:1-2). Sa che gli uomini e le organizzazioni sono strumenti imperfetti, quindi non li mette in primo piano. Per la buona cultura evangelica, titoli e statistiche possono essere utili nell’approccio a tematiche specifiche, ma non diventano il fondamento sui cui operare.

 

  • È onesta. La buona cultura evangelica si confronta con il mondo mostrando cos’è l’Evangelo. Seguendo l’esempio di Gesù e degli apostoli (Atti 17:16-34), si confronta e discute di aspetti sociali e culturali, cerca di convincere e persuadere mostrando verità, amore e giustizia; ma non impone nulla a chi non ha realizzato la salvezza.

 

  • È imparziale. La buona cultura evangelica non ritiene che fama e visibilità siano la discriminante, ma che lo siano la coerenza e la testimonianza. Viene valorizzato ogni credente nato di nuovo, che sia ricco e influente o povero e sconosciuto (1 Corinzi 1:26-31).

 

  • Usa discernimento. Come abbiamo già visto, la buona cultura evangelica esamina prima metodi e mezzi se sono adatti o meno a comunicare il messaggio di Gesù. Studia tutti gli strumenti a disposizione (radio, tv, web, libri …) ma sa che il loro utilizzo dev’essere sottoposto ai princìpi della Bibbia. In ogni caso punta sempre all’eccellenza perché ogni vero evangelico ripete a sé stesso “l’opera mia è per il Re” (Salmo 45:1).

 

  • È “missionaria”. L’obiettivo primario è ingaggiare la cultura “secolare” e testimoniare di Gesù a chi non lo conosce nei diversi ambiti di formazione (scuola, università) e di lavoro che frequentiamo. Essere autorevoli in campo evangelico è utile (soprattutto se lo si fa con la buona cultura), ma non può essere l’obiettivo primario, il grande mandato che abbiamo ricevuto ci proietta fuori, nei paesi, nelle città, nei luoghi dove la luce dell’Evangelo deve risplendere (Marco 16:15).

 

Concludendo

 

Abbiamo tracciato a grandi linee quali possono essere gli approcci migliori e peggiori quando si parla di “cultura evangelica”. Naturalmente ogni ambiente culturale richiede un approccio specifico che risponda alle sfide che lo caratterizzano. Dal punto di vista pratico ed evangelistico ti consigliamo i libri “ControCultura” e “Gesù Oggi”, insieme alla nostra serie di post tratti dai “Laboratori Comunica”.

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