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Un evangelico ascolta “Occidentali’s Karma”

 

Il successo di Sanremo ascoltato da milioni di italiani è un ironico mix di scetticismo, che colpisce (ancora una volta) la religione e ci fa capire la spiritualità che ci circonda.

 

È sempre difficile interpretare una canzone pop: di solito, l’interpretazione viene poi contraddetta un’ora dopo essere stata pubblicata.
In questo blog naturalmente non vogliamo fare critica musicale, ma riflettere sulla spiritualità che ci circonda oggi. Quindi possiamo correre questo rischio di essere contraddetti, se in ogni caso avremo stimolato una riflessione utile.

 

Non si può ignorare che la canzone che ha vinto la settimana scorsa il Festival di Sanremo e ascoltata da 12 milioni di italiani in prima serata (e al momento in cui scriviamo ha circa 10 milioni di visualizzazioni su YouTube) tratti in modo spassionato e divertente un tema molto delicato, come la spiritualità ispirata all’Oriente che in salsa commerciale ha invaso tanta parte del nostro superficiale Occidente.

 

Già dalle prime battute la canzone mette in evidenza che questa spiritualità sarebbe ormai superata (“dubbio amletico contemporaneo come l’uomo del neolitico”) di fronte all’evoluzione raggiunta oggi dalla società umana.

 

Si guarda infatti dalla prospettiva scientifica: si noti il riferimento iniziale al neolitico, all’evoluzione e soprattutto alla “scimmia nuda”, espressione con la quale l’etologo e zoologo Desmond John Morris chiamava l’essere umano per sottolineare che, in fin dei conti, siamo soltanto dei primati. La canzone considera la spiritualità orientale degli occidentali di oggi uno sfogo, un’“ora d’aria”, di autocompiacimento (di “gloria”), un ballo (“la scimmia nuda balla”), una divagazione nel progresso umano (“l’evoluzione inciampa”).

 

Questa spiritualità alla moda si confonde e si mischia nella tuttologia del web e nell’esteriorità dei selfie.

 

Le risposte orientalizzanti pubblicizzate dai presunti guru sarebbero risposte troppo “facili” al punto da essere inutili (“risposte facili, dilemmi inutili”). L’ironia attacca anche le citazioni apparentemente colte come “panta rei” o qualsiasi altro mantra che anche la massa può gridare (“la folla grida un mantra”).

 

Anche nel definire questa spiritualità facile e a basso costo “coca dei popoli” e “oppio dei poveri”, ci si inserisce nella tradizione materialista che considera la spiritualità e la religione un’inutile apparenza, efficace più ad alimentare il proprio ego che a ricongiungersi con una qualche divinità: non c’è mai un riferimento a Dio. L’esigenza spirituale secondo “Occidentali’s Karma” sarebbe soprattutto quella di distinguersi ed elevarsi sui propri simili (“mettiti in salvo dall’odore dei tuoi simili”).

 

Anche quel saluto finale “namasté, olé”, fa intendere che un semplice saluto indiano, pur insignificante, di per sé sia sufficiente a scatenare l’entusiasmo della massa.

 

Ricordiamoci che Gabbani aveva già vinto Sanremo giovani l’anno scorso con “Amen”, una canzone simile per tematiche, che si riferiva invece al cristianesimo “tradizionale” ma in modo molto vicino a come fa “Occidentali’s Karma” con la cultura orientale, scritta dallo stesso autore: Fabio Ilacqua.

 

La “messa”, l’“andare in pace”, “sperare in un miracolo”, per l’autore serve solo a far sì che come italiani “dimentichiamo tutto con un amen”. Il messaggio religioso è così diluito che “Gesù si è fatto agnostico” e si ripete insistentemente la parola “moda” a qualificarlo. Infine riporta l’immagine associata al racconto biblico di Genesi 1 e 2 come se si trattasse di un sogno da cui svegliarsi: l’uomo si era addormentato quando con la propria immaginazione “creò il mondo” in cui “non vi era la guerra, la morte, la malattia, la sofferenza … poi si svegliò”.

 

Cosa possiamo dire in risposta al messaggio scettico, deluso, agnostico di Gabbani e Ilacqua, che non contempla “storie dal gran finale”?

 

Da un lato, comprendiamo il loro scetticismo per ogni forma di religiosità basata sull’autocompiacimento, in cui Dio resta un personaggio piccolo, gestibile a proprio uso e consumo, addirittura silenzioso o inesistente – così distante dal Dio vivente e vero presentato nella Bibbia. Un’effimera emotività, come quella che forse vediamo spesso intorno a noi, è solo uno svago che non ci consente di realizzare il proposito che abbiamo su questa terra.

 

Ma se andiamo davanti alla Parola di Dio potremmo scoprire che in fondo ci si è addormentati piuttosto quando si pensa che l’uomo sia soltanto una scimmia nuda e che quindi la morte su questa terra concluda definitivamente il nostro percorso.

 

Siamo sicuri di saper distinguere il sogno dalla realtà?

 

Come mai dalla notte dei tempi la maggioranza delle “scimmie nude” sente così forte questo bisogno di dedicare tempo e parole alla componente spirituale?

 

… davvero l’evoluzione avrebbe “inciampato” in modo così eclatante, solo ed unicamente nel nostro caso?

“Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: Egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell’eternità.”
Ecclesiaste 3:11

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