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Come parlare di Gesù a un testimone di Geova

 

Questi brevi consigli non servono per fare proselitismo o per convincere qualcuno a “cambiare religione”, ma per raccontare al meglio il messaggio del Vangelo, senza annacquarlo o cadere in sterili polemiche

 

Molto spesso i giovani evangelici trovano difficile annunciare il semplice messaggio della salvezza ai Testimoni di Geova (che in questo articolo abbrevieremo con “TdG”). Chiunque ci abbia provato, ricorderà probabilmente una lunga e inconcludente conversazione che è risultata causa di confusione e scoraggiamento.

 

Ma così come il libro degli Atti racconta di Farisei “diventati credenti” (Atti 15:5), e lo stesso Paolo era uno di questi (Atti 26:5), l’esperienza conferma che ancora oggi gli uomini più religiosi (e talvolta fanatici) possono nascere di nuovo e convertirsi alla Verità. Non bisogna neppure sottovalutare il metodo evangelistico dell’apostolo Paolo che in ogni città in cui arrivava come missionario presentava l’Evangelo in primo luogo a quelli che erano i religiosi del suo tempo (Atti 9:20; 0,545138888888889).

 

Insomma, se hai amici, colleghi, parenti appartenenti all’organizzazione dei TdG porta loro il lieto messaggio di Gesù con la stessa franchezza (Atti 4:29; Ebrei 10:35) e spontaneità (Atti 4:20) con cui lo annunci ad altri amici meno “religiosi”.

 

Di seguito 12 consigli per rispondere con saggezza ai TdG e sviluppare la conversazione nel modo più efficace.

 

1. Per annunciare l’Evangelo a un TdG occorre stabilire, per prima cosa, un rapporto disteso, fondato sul dialogo e, soprattutto, sul rispetto reciproco (1 Pietro 3:16). Per fare questo, è importante spendere del tempo ascoltando (Giacomo 1:19) ciò che il TdG intende comunicare, qualunque sia il tema che voglia affrontare.

 

2. Nel momento in cui ci si addentra in un discorso, è certamente utile dimostrare con prove bibliche alcuni degli errori della dottrina di Torre di Guardia (Proverbi 26:4-5) ma è ancora più importante predicare e insistere sull’Evangelo, cioè sulla salvezza per grazia donata alla croce a tutti coloro che invocano con fede il nome di Gesù come Signore e Salvatore (Atti 2:40; Romani 1:16). Gesù è morto davvero sulla croce (2 Giovanni 1:7) e il suo sacrificio è indispensabile e sufficiente per ricondurre a Dio (1 Pietro 3:18).

 

3. I TdG si basano su una cattiva interpretazione di testi come Giovanni 1:12 e 20:31 per difendere l’errata convinzione che l’utilizzo del nome di Geova sia la condizione per identificarsi con il “vero popolo di Dio”: occorre rispondere con Atti 4:12 che chiarisce che solo quello di Gesù è il nome “per mezzo del quale dobbiamo essere salvati” (vedi anche Atti 8:12).

 

4. I TdG negano la dottrina della Trinità e quindi non credono che Gesù sia Dio allo stesso livello del Padre, perciò occorre far loro notare come gli apostoli e in genere i discepoli di cui si racconta nel Nuovo Testamento non hanno mai speso una parola per “ridimensionare” il Figlio, ma anzi l’esaltazione di Gesù come Signore era parte integrante della buona notizia che essi annunciavano (Atti 10:36; 11:20); inoltre, in Deuteronomio 6:4 e Marco 12:29 si parla di un “unico Signore” riferendosi al Dio creatore dell’Antico Testamento. Se Gesù è Signore, ed esiste nell’universo un unico Signore, allora Gesù è uno con il Padre, in senso sostanziale.

 

Per un articolo più completo sulle prove della divinità di Gesù, leggi qui

 

5. Molti TdG, anche quelli più preparati, si rifiuteranno di riferirsi a Gesù comeSalvatore”. Il Salvatore, essi affermano, è Geova, e Gesù solo lo strumento di salvezza predisposto da Dio. Passi biblici come Luca 1:69, 2:11 non lasciano invece alcun dubbio in proposito (può essere utile memorizzare Filippesi 3:20 che fa riferimento a Gesù sia come Signore sia come Salvatore).

 

È opportuno anche evidenziare come questa verità fosse parte integrante del messaggio evangelistico degli apostoli (Atti 5:31). La Bibbia è chiara sul fatto che Dio (Geova, per i TdG) è l’unico Salvatore (vd. Osea 13:4; Isaia 45:21), pertanto Gesù, se è Salvatore, è Dio al pari del Padre (il ragionamento è analogo a quello fatto su Gesù come Signore).

 

6. Durante il dialogo con un testimone di Geova, è importante mettere enfasi soprattutto sulla conoscenza di Dio come Persona e sul rapporto personale che ne consegue; bisogna raccontare della “vita in abbondanza” che scaturisce da un vero incontro personale con Gesù (Giovanni 10:10) e attirare l’attenzione su ciò che la Bibbia considera essere il vero punto di inizio di questa relazione vivificante, l’invocazione del Nome di Gesù (Atti 2:21; Romani 10:9, 13): è nel momento dell’invocazione sincera di Gesù come Salvatore che l’uomo “passa dalla morte alla Vita” (Giovanni 5:24).

 

Questo concetto è facile da dimostrare biblicamente (i versetti citati sono sufficienti) ed è un grimaldello che di per sé sarebbe sufficiente a “scardinare” la mentalità dei TdG. Il concetto di “invocazione” risulta più persuasivo, nei confronti di un TdG, rispetto a quello di “fede”. Infatti i TdG intendono per “fede” soltanto un corpus dottrinale specifico, che va conosciuto gradualmente.

 

Al contrario, è completamente estraneo alla loro mentalità che ci sia un momento specifico in cui un peccatore invoca il nome di Gesù per richiedere salvezza, perché attribuiscono l’esperienza della nuova nascita soltanto ai centoquarantaquattromila. Ma è scritto: “chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato” (Atti 2:21), ecco perché ciò scardina la loro logica, perché mostra che non è l’insegnamento progressivo e continuativo che porta a salvezza ma chiunque, in un momento specifico, invoca sinceramente Gesù come Salvatore e Signore se ne appropria.

 

In altre parole, l’invocazione consente di spiegare a un TdG che esiste un’esperienza di salvezza specifica, consapevole, in un momento specifico, che è accessibile a tutti. Se al contrario si parla con un Tdg di fede, si finisce col discutere di conoscenza dottrinale. Se si parla di nuova nascita, si finisce a parlare dei centoquarantaquattromila…

 

7. Relativamente all’idea che i TdG hanno della loro organizzazione (intesa come “istituzione”), di come cioè essa contribuisca, in qualche modo, all’opera di salvezza, e al di fuori di essa non si possa ricevere la salvezza, bisogna sottolineare che nessuna organizzazione può assumere la funzione di “mediare” fra l’uomo e Dio poiché Gesù è l’unico Mediatore del Nuovo Patto (1 Timoteo 2:5).

 

Occorre anche evidenziare come la vera Chiesa descritta nel Nuovo Testamento sia quella che esalta e glorifica il nome di Gesù (e che non lo “ridimensiona” mai), ed è caratterizzata da una gioia sincera e dall’opera sovrannaturale dello Spirito Santo. Nella Bibbia non si parla mai di una specifica “organizzazione” che incarni la vera Chiesa di Dio.

 

Può essere utile ricordare la testimonianza dell’eunuco di Candace in Atti 8:39, che fu salvato senza aderire ad alcuna organizzazione; tuttavia, occorre soprattutto ribadire il significato dell’invocazione sincera del nome di Gesù come esperienza sufficiente per ricevere il perdono dei propri peccati.

 

8. Di fronte alle interpretazioni anomale della Torre di Guardia, che stravolgono completamente il senso e il valore di molti passi biblici, è fondamentale fare molta attenzione alla terminologia che si utilizza, per evitare fraintendimenti che sarebbero nocivi alla discussione: secondo i TdG, infatti, la maggior parte delle promesse contenute nelle epistole sono da intendersi come rivolte esclusivamente ai “centoquarantaquattromila”. Conviene, quindi, concentrarsi principalmente sulla salvezza, sul perdono dei peccati, sulla grazia.

 

9. Inevitabilmente, verrà fuori prima o poi il riferimento ai centoquarantaquattromila di Apocalisse 7:4. In tal caso, è opportuno evidenziare come sia incoerente prendere alla lettera il numero contenuto in questo passo, e non il riferimento diretto al popolo di Israele: secondo la logica, o sono entrambi letterali, o entrambi simbolici.

 

Senza soffermarsi a questo punto in discussioni escatologiche (che sarebbero quasi sicuramente inutili e dispersive), può essere opportuno spiegare quanto sia intensa, profonda e appagante la relazione che abbiamo con il Padre in quanto “figli di Dio”, affermando con chiarezza che, avendo invocato Gesù come Salvatore, noi siamo nati di nuovo, abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo e siamo certi di trascorrere l’eternità in Cielo con Lui.

 

In altre parole, dichiariamo che la stessa esperienza e le stesse promesse che nella mentalità dei TdG sono riservate solo a centoquarantaquattromila persone nella storia, appartengono già alla nostra testimonianza personale. Questa affermazione colpisce profondamente un TdG, ma deve essere spiegata con accortezza e solo dopo aver chiarito in precedenza quale sia la strada per poter fare questa esperienza, cioè l’invocazione del Nome di Gesù.

 

10. Da non dimenticare, per evitare disquisizioni a questo proposito, che per i TdG lo Spirito Santo non è una persona, ma solo una forza che viene da Dio. Inutile, quindi, parlare subito di un rapporto con lo Spirito Santo, che non potrebbero capire. L’importante è che, alla fine, sia chiaro al TdG a cui stiamo parlando che i veri cristiani fondano la propria fede sulla Parola di Dio, e sperimentano di conseguenza le realtà descritte nella Bibbia (compresa la presenza e l’azione dello Spirito Santo!).

 

11. Se lo Spirito Santo ci guida in questa direzione, potremmo anche far notare al TdG che molte profezie fatte dai loro responsabili non si sono mai adempiute. Deuteronomio 18:20-22 è molto drastico sulla natura e la condanna nei confronti di coloro che annunciano profezie che si rivelano essere false.

 

Lo scopo di una conversazione che vada in questa direzione sarebbe quello di evidenziare come sia inaffidabile un’organizzazione umana in confronto all’assoluta e perfetta affidabilità di Dio e della Sua Parola, e quindi sulla necessità di fondare la propria salvezza eterna su qualcosa di più solido e sicuro della parola di altri uomini (i TdG dipendono esclusivamente dai propri responsabili per la propria formazione dottrinale).

 

Anche in merito all’approfondimento delle dottrine tipiche dei TdG occorre sapere, e far notare, che alcune di esse nel tempo sono state abbandonate o modificate. Ovviamente, consigliamo di utilizzare quest’ultimo approccio con cautela, in casi in cui il dialogo sia molto disteso e pacifico, e comunque come eccezione, quando la conversazione vada naturalmente in questa direzione.

 

12. Applicare questi principi alle singole persone e circostanze non può, ovviamente, prescindere da una reale guida dello Spirito Santo (Atti 6:10), che ha sempre una componente di estemporaneità (Marco 13:11).

 

In conclusione, parlando con un TdG, o con qualsiasi altro interlocutore, non potremo mai fare l’errore di insistere “troppo” sull’invocazione del glorioso nome di Gesù, indicandolo come unico Signore e Salvatore, che si è dato a morire sulla Croce per noi. Mediante quest’esperienza, chiunque può nascere di nuovo, ricevere lo Spirito Santo ed essere destinato al Cielo, a prescindere dall’adesione ad un’organizzazione specifica o dalla comprensione di dottrineparticolari.

 

Ricordiamo sempre che il rispetto è, di per sé, una forma di amore, e la manifestazione dell’amore è la migliore introduzione possibile al messaggio di salvezza in Cristo.

 

Anche quando parliamo ad un TdG.

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