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Blackout challenge: morire per Tik Tok

Redazione Svolta
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La cronaca nazionale di questi giorni ci ha raccontato un fatto terribile che ha visto protagonista una bambina palermitana di dieci anni, morta per partecipare a una sfida diffusa tramite il social Tik Tok, molto utilizzato in questi ultimi anni dagli adolescenti.

Un gioco mortale

La bambina è stata trovata in bagno dalla sorellina più piccola, priva di sensi dopo aver preso parte alla pericolosissima blackout challenge, una “sfida” che viene videoregistrata con lo smartphone e condivisa in rete. La sfida, alla quale si può partecipare da soli o con la collaborazione di qualcun altro, consiste nel provocarsi lo svenimento utilizzando sciarpe, corde o cinte legate intorno al collo.

Sembra che a contribuire alla diffusione di questo terribile gioco ci sia la fake news secondo cui l’attuare tale pratica permetta di provare una sensazione di grande euforia. Inutile dire che gli effetti del soffocamento sono ben altri, ed esso può provocare danni gravissimi a livello neurologico e, nei casi peggiori, portare alla morte.

Purtroppo quello di Antonella non è il primo caso. Nel 2018 un ragazzo milanese di quattordici anni di nome Igor è stato trovato morto dai genitori, soffocato con una corda legata attorno al collo. Dopo le prime ipotesi, che lasciavano pensare al suicidio, le indagini sulla cronologia di navigazione del computer del giovane hanno messo in evidenza diverse ricerche che avevano per oggetto la blackout challenge.

Le ragioni di simili gesti

Quali possono essere le ragioni che portano un adolescente a un passo del genere?
Sicuramente uno dei motivi principali consiste nel desiderio di emulare qualcun altro e in particolare nella voglia di mettersi in gioco per non essergli da meno. La viralità dei social consente di diffondere queste sfide in pochissimo tempo, ed esse riescono a raggiungere tantissimi giovani disposti a provarle, ritenendole un semplice gioco. Credo che un altro motivo fondamentale consista nella sensazione di noia che oggi vivono tanti adolescenti. Da responsabile dei giovani della mia comunità mi rendo conto di quanto sia diventato difficile riuscire a suscitare interesse nei ragazzi, sempre più chiusi in sé stessi e spesso apparentemente privi di ambizioni e progetti per il futuro. In una condizione tale, ulteriormente aggravata dal contesto che stiamo vivendo ormai da mesi a motivo della pandemia da Covid-19, che ci costringe a isolarci anche dal punto di vista fisico, oltre che psicologico, si comprende facilmente quanto possano essere elevati i rischi che i nostri giovani corrono e quanto essi possano essere vulnerabili se esposti a fenomeni di questo tipo, che li illudono della possibilità di riuscire a realizzare un momento di “sballo” e di evasione dalla noiosa routine giornaliera.

Come possiamo difendere i nostri giovani?

Credo che la prima difesa debba avvenire nelle famiglie, che devono esercitare una saggia azione di controllo dell’uso delle nuove tecnologie, e in particolare dei social, da parte degli adolescenti e dei più piccoli. Occorre documentarsi e conoscere a fondo le insidie che si celano nella rete e nei social. Questi strumenti, l’abbiamo ripetuto tante volte, offrono delle potenzialità eccezionali in ogni ambito, ma se utilizzati in maniera poco consapevole possono provocare danni irreversibili, soprattutto tra i più giovani.

È fondamentale inoltre l’azione della comunità, che si deve attuare in particolare tramite gli importanti strumenti a sua disposizione: la scuola domenicale e le riunioni giovanili. È importante informare i ragazzi, sin da giovanissimi, sui rischi a cui possono essere esposti tramite un utilizzo poco consapevole della rete e della tecnologia, ma allo stesso tempo occorre aiutarli a formare un carattere spirituale che li porti ad uscire dal loro autoisolamento e possa consentire loro di scoprire la gioia della consapevolezza delle promesse celesti che si realizzano giorno dopo giorno anche nella vita materiale del giovane credente, e sono in grado di spazzare via quella noia che spesso è causa di tristezza e insoddisfazione per i loro cuori.

Se questa fiamma di speranza si accende in un ragazzo di certo sarà visibile anche tra i suoi coetanei, e chissà che qualcuno dei nostri giovani, rigenerato dalla luce dello Spirito di Dio, non riesca a strappare all’azione del nemico un proprio compagno di scuola caduto nella trappola di una challenge?

Se ognuno farà la propria parte i nostri adolescenti cresceranno uniti tra loro e vicini a Dio e ai Suoi santi insegnamenti. Preghiamo che possano crescere consapevoli delle splendide potenzialità degli strumenti che la tecnologia sta loro offrendo sin da giovanissimi e che possano usarli per la gloria di Dio, ma che prima di ogni cosa possa svilupparsi in loro quel discernimento spirituale a cui Paolo aspira per la chiesa di Corinto, attuale oggi come e più di ieri. Dio ci benedica!

“Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è utile. Ogni cosa mi è lecita, ma io non mi lascerò dominare da nulla.” (I° Corinzi 6:12).

 

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