Mente&Anima

Consolare chi ha perso un familiare o un amico non credente

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Uno dei momenti più delicati in cui un credente si possa trovare è quando visita qualcuno che ha perso una persona cara, e questa non era credente. Ci siamo, allora, chiesti: come possiamo incoraggiare i familiari, gli amici, in un caso come questo?

 

Troviamo insieme alcune risposte nella Parola di Dio, prendendo in esame due possibili casi: quando ad essere in lutto è un credente e quando, invece, desideriamo dare una parola di conforto ad una persona non convertita.

 

Consolare un credente

 

Quando è venuta a mancare una persona non credente e chi abbiamo davanti è un credente nato di nuovo, possiamo ricordare che il nostro Padre celeste “ci consola in ogni nostra afflizione”, dunque, potrà consolare il fratello o la sorella nella fede che incontriamo o che andiamo a trovare.

 

Ricordiamo, inoltre, che “possiamo consolare quelli che si trovano in qualunque afflizione” (2 Corinzi 1:4), compreso questo genere di afflizione, quando, al dolore del distacco, si aggiunge la sofferenza del dubbio accompagnata dalla domanda: “Che ne sarà di lui o di lei?”.

 

Lo Spirito Santo, Colui che ci consola, potrà concederci quella consolazione che nessuno può mai donarci (Giovanni 14:16) e guidarci per parlare al cuore di un figlio di Dio afflitto.

 

Un cristiano, certo, non può ignorare la differenza che passa tra chi lascia questa terra dopo aver vissuto senza Dio ed essere morto e chi, come Enoc, cammina con il Signore fino al giorno in cui Egli lo accoglie a casa (Genesi 5:24).

 

Riflettiamo sul modo in cui il discepolo Giuda lascia questa vita senza Gesù, “per andarsene al suo luogo” (Atti 1:25) e, al contrario, sulla conclusione dell’esistenza terrena di Stefano, che muore per Gesù e Lo vede prima di raggiungerlo addormentandosi (Atti 7:60).

 

Tuttavia, non dimentichiamo che il Signore è misericordioso, che ci sono state e che ci saranno delle persone, come quell’uomo condannato per reati gravi, che chiederanno perdono a Dio in punto di morte, morendo con la certezza della vita eterna (Luca 23:40-42). “Il Signore conosce quelli che sono suoi” (2 Timoteo 2:19), noi no.

 

Consolare un non credente

 

Nel caso in cui ad aver perso il familiare o l’amico è, invece, un non credente, si dovrebbe sottolineare l’affetto e la stima per la persona venuta a mancare, senza pronunciare sentenze esprimendosi sul futuro eterno del defunto né garantendo salvezza in presenza di un fondato dubbio in merito.

 

Notiamo come Davide, dopo la morte di Saul e Gionatan (il primo un credente sviato, il secondo un giusto), componga un canto funebre. Esprime il suo cordoglio sia per la morte del re d’Israele sia per suo figlio, anche se per Gionatan emergono una considerazione particolare e un legame fraterno (2 Samuele 1:26).

 

Nel tipo di circostanze di cui stiamo parlando, c’è il rischio di mentire, illudendo quanti piangono la morte di una persona cara, utilizzando espressioni che tutti vorrebbero sentire: “un giorno lo rivedremo”, “adesso è in un posto migliore”, “finalmente ha finito di soffrire”. È proprio così?

 

Non offriamo conforto disonestamente, distorcendo la verità. Non offriamo, dunque, false speranze, ma non facciamo neanche i giudici, perché Uno soltanto è il legislatore e il giudice, Colui che può salvare o perdere” (Giacomo 4:12), il Signore. Che cosa ne sappiamo noi? Come avrebbero detto Giacobbe o Giuseppe, il figlio: “Sono forse al posto di Dio?” (Genesi 30:2 ; 50:19).

 

La destinazione eterna di molte persone sarà nota soltanto “nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini” (Romani 2:16). Ci sono persone che, nel corso della loro vita, non hanno amato e seguito Cristo. Viene loro diagnosticato un tumore e, nella fase terminale, sono in uno stato vegetativo. Sono coscienti? Non lo sappiamo.

 

Altri perdono la vita in un incidente stradale o a seguito di un infortunio sul lavoro: hanno invocato il nome del Signore per essere salvati? Solo Dio lo sa. Se è così, non cerchiamo in tutti i modi di raccogliere gli indizi di una presunta conversione del defunto.

 

Non seguiamo (né assecondiamo) pratiche contrarie all’insegnamento biblico quali la ricerca di un contatto tramite un medium (Levitico 19:26,31 ; Isaia 8:19) o credenze popolari, che riescono a far presa nella mente di chi è sconvolto dal dolore e non conosce il Vangelo (come “Mamma, ora mi guarda da lassù, e mi aiuta”). Ricordiamo che Dio ha posto una barriera insormontabile tra i vivi e i defunti.

 

Volendo dare una parola di conforto ad un simpatizzante, possiamo sottolineare il fatto che soltanto Dio può colmare il vuoto prodotto dalla dipartita di una persona amata e che, per mezzo della fede in Cristo, possiamo avere una “consolazione eterna” (2 Tessalonicesi 2:16).

 

Possiamo condividere, con chi ancora non ha creduto, la bellezza della fede in Colui che asciugherà ogni lacrima dagli occhi dei Suoi figli, e che Dio promette alla Sua Chiesa che “non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore” (Apocalisse 21:4).

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