Dio

Dio, dove sei? Tre domande spinose sulla sofferenza

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L’evidente realtà della sofferenza è spesso causa di forti dubbi sull’esistenza di Dio, con questo post cerchiamo di dare una risposta a tre domande che spesso emergono.

 

1) Come può l’esistenza del Dio della Bibbia essere compatibile con l’esistenza della sofferenza?

 

La Bibbia può essere interpretata come la storia della sofferenza umana dal punto di vista di Dio. Se togliessimo la sofferenza, la Bibbia perderebbe quasi tutto il suo significato. Già nei primi capitoli della Genesi troviamo la spiegazione di come la sofferenza sia entrata a far parte della quotidianità degli esseri umani in conseguenza della disubbidienza dell’uomo stesso (a partire da Genesi 3:16-19).

 

In Apocalisse si racconta la fine della sofferenza fisica e spirituale per coloro che hanno scelto di riconciliarsi con Dio:

Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate» (Apocalisse 21:3-4).

 

Pertanto, l’affermazione che il Dio della Bibbia non sia compatibile con l’esistenza della sofferenza non regge; piuttosto, è vero il contrario: se la sofferenza non esistesse e non fosse chiaramente percepibile dall’uomo nel presente stato di cose, allora il messaggio biblico non avrebbe molto senso e non potrebbe essere preso in considerazione.

 

Il messaggio biblico è dunque connaturato alla realtà del dolore umano. Invece che ignorarne il peso, la rivelazione cristiana ne accoglie in pieno il valore; essa non propone facili scorciatoie per esorcizzare una atavica realtà.

 

Una riflessione sul significato della sofferenza umana si riduce alla ricerca di un senso, di una prospettiva superiore che possa aiutare a decifrare catastrofi naturali, incidenti, disattenzioni, malattie croniche. Se molti sostengono che la ricerca stessa di un senso alla sofferenza sia tempo perso – o piuttosto un segno di debolezza – la fede cristiana annuncia la potenza della fede in un Dio consolatore e redentore.

 

Di seguito, proponiamo domande e risposte tra le più frequenti. Tuttavia, per avere una risposta completa e convincente, ti invitiamo comunque a leggere l’intera Bibbia.

 

2) Perché Dio permette terremoti, inondazioni o carestie che generano la morte di tanti uomini, donne e persino bambini?

 

“Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio;” (Romani 8:19-22).

 

La creazione è stata sottoposta alla “vanità”, cioè al vuoto di governo dovuto all’abbandono del Dio Creatore da parte dell’essere umano, il quale ha scelto di essere autonomo e indipendente.

Dunque, non c’è da meravigliarsi se il “sistema pianeta” non funziona più e tutto risulta incomprensibile, catastrofi naturali comprese. Che piaccia o no, che sembri razionale o meno, questa realtà ha dunque cause precise che risalgono ad un libero atto di ribellione.

 

Stiamo in questo modo de-potenziando o de-responsabilizzando Dio rispetto a questo genere di eventi? No. Dio rimane sovrano, ma è necessario riconoscere che a determinate azioni umane corrispondono conseguenze inevitabili e, a volte, pervasive.

 

3) Se una persona muore in un evento naturale imprevedibile è perché se lo merita? Dio vuole punirlo perché è più peccatore degli altri?

 

Su questo punto lasciamo la parola a Gesù, così come sono riportate le Sue parole nei Vangeli, dato che esse sono già sufficientemente chiare:

Gesù rispose loro: «Pensate che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, perché hanno sofferto quelle cose? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, pensate che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti come loro» (Luca 13:2-5).

 

Siamo tutti peccatori. Chi muore in un terremoto non è affatto più ‘meritevole’ degli altri. Così come un male degenerativo non è il risultato di una particolare colpa. Dio infatti “fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Matteo 6:45).

 

Il nostro presente, così come la storia stessa dell’umanità, è costellato di tragedie capitate ad individui ritenuti comunemente ‘brave persone’. Il dolore non fa preferenze. Rimane responsabilità di ognuno di noi sapere come comportarci quando veniamo toccati personalmente.

 

La fede nell’opera di Cristo non è – o meglio, non dovrebbe essere – un palliativo; piuttosto è in grado di innescare un processo miracoloso di sopportazione, tolleranza, empatia e consolazione.

 

Passi biblici come i seguenti, in cui è l’apostolo Paolo che parla, ci consentono di comprendere che per chi lascia questa vita piena di sofferenze per una nuova vita priva di dolore, la morte fisica può essere in realtà una vera e propria liberazione:

“Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia con la vita, sia con la morte. Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno.” (Filippesi 1:20-21)

“Il Signore mi libererà da ogni azione malvagia e mi salverà nel suo regno celeste. A lui sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.” (2 Timoteo 4:18)

 

A volte Dio agisce di anticipo, per evitare che un giusto debba soffrire i mali che sopraggiungono:
“Il giusto muore, e nessuno vi bada; gli uomini buoni sono tolti di mezzo, e nessuno considera che il giusto è tolto di mezzo per sottrarlo ai mali che sopraggiungono.” (Isaia 57:1)

 

In ogni caso è indiscutibile la Sua sovranità e guida in ogni sofferenza, per coloro che Lo amano:
“Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio” (Romani 8:28a)

 

“fortificando gli animi dei discepoli ed esortandoli a perseverare nella fede, dicendo loro che dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni.” (Atti 14:22)

 

“Due passeri non si vendono per un soldo? Eppure non ne cade uno solo in terra senza il volere del Padre vostro. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi valete più di molti passeri” (Matteo 10:29-31).

 

E le sofferenze che possiamo attraversare in questa vita non sono paragonabili alle benedizioni che ci aspettano nella vita eterna:
“io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev’essere manifestata a nostro riguardo.” (Romani 8:28)

 

“Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria” (2 Corinzi 4:17)

 

Concludiamo tornando alla domanda iniziale sulla ricerca di un senso rispetto al dolore. Piuttosto che arrovellarsi in giustificazioni filosofiche sulla natura di Dio e sull’esistenza del male, la sofferenza in tutte le sue forme ha la conseguenza di avvicinare tra loro le persone, di abbattere barriere e di rivelare bisogni materiali e interiori a prescindere dalle reciproche convinzioni religiose.

 

Se abbiamo profondamente realizzato l’amore di Dio, allora avremo lo Spirito e la giusta sensibilità per simpatizzare con le altrui sofferenze.

 

“Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione affinché, mediante la consolazione con la quale siamo stessi da Dio consolati, possiamo consolare quelli che si trovano in qualunque afflizione” (2 Corinzi 1:3-4).

 

Ti vogliamo salutare con un ulteriore articolo che abbiamo pubblicato circa 3 anni fa e che racchiuderà sempre la nostra certezza e il dono più bello che possiamo condividere: la dichiarazione che tu sei prezioso agli occhi di Dio!

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