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Giornata della memoria – Trovare Dio nelle circostanze più estreme

 

Non mi era mai venuto in mente di domandarmi cosa facesse o non facesse Dio mentre ero internato ad Auschwitz, sebbene sappia che ovviamente molti se lo chiedessero… Non ero né più né meno religioso a causa di quello che i nazisti ci avevano fatto; e credo che la mia fede in Dio non sia stata scossa per nulla. Non mi è mai sovvenuto di associare Dio alla sciagura che stavamo subendo, di darGli la colpa, o di credere meno o persino smettere di credere in Lui perché non era corso ad aiutarci. Dio non ce lo deve, né ci deve alcunché. Noi invece Gli dobbiamo la vita. Se qualcuno crede che Dio sia responsabile della morte di sei milioni perché non ha fatto in qualche modo qualcosa per salvarli, allora ragiona all’incontrario. Noi dobbiamo a Dio le nostre vite, per quei pochi o molti anni che viviamo, e abbiamo il dovere di adorarLo e far ciò che ci comanda. Ecco cosa siamo venuti al mondo a fare, per essere al servizio di Dio, per eseguire i suoi comandamenti.”

(The faith and doubt of Holocaust Survivors, Reeve Robert Brenner, 1980)

 

È il 27 gennaio del 1945 quando le truppe sovietiche fecero irruzione ad Auschwitz, città Polacca all’interno della quale si stava consumando uno dei crimini più atroci della storia dell’umanità. Milioni di uomini, donne, bambini e anziani, vennero rinchiusi all’interno dei campi di sterminio e vennero privati della loro dignità, della loro libertà ed infine, molti vennero privati della loro stessa vita.

 

Il 1° novembre del 2005 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite decise di istituire proprio il 27 gennaio il giorno della ricorrenza internazionale per commemorare tutte le 11 milioni di vittime della Shoah.

 

Davanti ad un atto del genere, ci si chiede come sia possibile che l’uomo possa anche solo pensare di compiere una strage simile. Perché esiste così tanto male e odio nel mondo? E in tutto ciò: Dio dov’è? Perché permette queste atrocità? Perché Dio non può fermare la malvagità?

 

La Shoah, come ogni altro genocidio di cui sappiamo poco (si pensi a quello armeno o quello degli Herero e dei Nama) non è il prodotto della volontà di Dio, ma riflette la malvagità che risiede all’interno del cuore dell’uomo. Noi siamo gli unici responsabili delle azioni che commettiamo o di quelle che omettiamo.

 

La vera domanda, quindi, non è “Dov’è Dio?”, ma “Dov’è l’uomo davanti alla crudeltà che egli stesso causa?”

Dov’è Dio? (il concetto di male come assenza di bene)

 

«Dio – dice Epicuro – o vuole togliere i mali, ma non può; oppure può, ma non vuole; oppure non vuole e non può; oppure vuole e può. Se vuole, ma non può, è impotente; il che è inammissibile in Dio. Se può, ma non vuole, è invidioso; il che pure è alieno da Dio. Se non vuole e non può, allora è invidioso e impotente, e anche questo non può attribuirsi a Dio. Se vuole e può, il che soltanto conviene a Dio, allora da dove vengono i mali? o perché non li toglie?» (Lattanzio, De Ira Dei)

 

Rispondere ai quesiti posti da Epicuro, antico filosofo greco, potrebbe aiutarci a trarre una risposta per identificare l’origine del male e capire come mai questo non possa essere “semplicemente” eliminato.

 

Biblicamente parlando, la nascita del male nell’uomo avviene con il primo peccato commesso da Eva, il quale ha causato un’immediata separazione tra Dio e l’uomo. La separazione è stata una conseguenza necessaria poiché Dio, essere infinitamente perfetto, non può accostarsi laddove sia presente il male ed il peccato. Questo è stato un momento decisivo che ha avuto ripercussioni per l’intera umanità: non ha prodotto solo un allontanamento dal Padre, ma ha introdotto tutto ciò che non proviene da Dio, che è il risultato della sua assenza (la morte, la paura, il dolore, la sofferenza …) Da questo momento in poi, la condizione umana sarà per sempre esposta al bene e al male, all’abbondanza e alla povertà, alla salute e alla malattia.

 

Perché Dio non toglie il male o non limita l’uomo che vuole compierlo?

 

Togliere il male significherebbe sostituirlo con il bene, quindi con Dio. Ciò significa che tutti dovrebbero accettare Dio nella loro vita e si, in questo caso il male sarebbe limitato, ma certamente non eliminato. Questo perché, per natura l’uomo tende a sbagliare e a compiere scelte sbagliate, anche senza volerlo: per poter fare le scelte giuste senza prima “provare” tra le varie opzioni, bisognerebbe conoscere già l’esito di ogni scelta futura che faremo, ma sappiamo che l’onniscienza è una caratteristica che appartiene solo ed esclusivamente a Dio.

 

Allo stesso modo, se Dio limitasse le nostre scelte e decidesse Lui al posto nostro, sarebbe un controsenso. Limitare l’uomo corrisponderebbe a togliergli quello che, se usato in modo intelligente e sensato, è un dono che Dio ci ha dato: il libero arbitrio, ossia la capacità di compiere scelte in modo autentico e autonomo, senza la correzione da parte di terzi.

 

Dov’è l’uomo davanti al male?

 

C’è una differenza abissale tra chi soffre e chi osserva in terza persona la sofferenza di qualcun altro; nel primo caso avremo certamente una reazione più emotiva, nel secondo caso invece, la reazione sarà più logica. Motivo per cui non potremo mai, nemmeno lontanamente, provare a capire e comprendere cosa sia stato vivere anche solo un minuto dell’orrore vissuto all’interno dei campi di sterminio. Il dolore, la paura, la consapevolezza di una morte imminente, probabilmente per molti anche desiderata viste le condizioni di tortura fisica e mentale alle quali erano sottoposti, notte e giorno. Dire che tutto questo sia stato ingiusto è riduttivo e banale: non esistono parole o concetti che possano dare l’idea del terrore patito da milioni di persone.

 

Ma dov’era l’uomo in tutto questo? Dov’era l’empatia, la solidarietà di tutti quei soldati nazisti che non solo avevano aderito all’ideologia di Hitler, ma avevano creduto e portato a compimento quella che era la sua missione (“ripulire” la Germania e l’Europa). Dov’era l’amore per il prossimo di tutte quelle persone che, consapevoli di ciò che stava accadendo, hanno deciso di rimanere indifferenti?

 

Per rispondere a questa domanda, me ne sono posta un’altra: “e se uno di noi, fosse stato chiamato ad arruolarsi come soldato? o se avessimo avuto la possibilità di denunciare tutto ciò? Che cosa avremmo fatto?”

 

Anche perché le opzioni erano due:

  1. Andare contro la propria morale, ed eseguire gli ordini
  2. Rimanere saldi nella propria morale, ma essere messi a morte

 

È molto probabile che buona parte di noi potrebbe rispondere con “avrei preferito la morte immediata, piuttosto che compiere o rimanere indifferente di fronte ad un’atrocità del genere!”. Ma è facile rispondere, 80 anni dopo, quando viviamo in uno stato di benessere, sotto ogni punto di vista. La risposta in realtà è che non lo sapremo mai: è molto semplice prendere una posizione così giusta e netta quando quella situazione non la si vive. Quando la si sperimenta, molte delle nostre convinzioni vacillano e certamente la nostra fede viene messa a dura, durissima prova. E non mi sono posta la domanda su “cosa avrei fatto io se fossi stata rinchiusa in uno dei campi di concentramento?” o se “la mia fede sarebbe rimasta salda?” perché vorrei dire di sì, che la mia fede non avrebbe vacillato nemmeno un secondo, anche di fronte ad una situazione del genere, ma di fatto, non potrò, non potremo mai saperlo.

 

L’unica cosa di cui possiamo essere certi è che, senza Dio, l’uomo può arrivare a compiere cose che vanno ben oltre i limiti della ragione umana, con una cattiveria spaventosa, che non può essere concepita. Il nazismo, come il fascismo, il leninismo e le varie ideologie estremiste, non sono il prodotto di un’unica persona. Non si tratta della malvagità di un unico leader, ma di tantissime altre persone che in cuor loro, quelle cose le pensavano davvero. Questo ci fa comprendere quanto in realtà l’uomo, se messo nella condizione di poter scegliere, tende più spesso al male che al bene, tende ad omologarsi per paura di passare nella parte dei deboli e degli emarginati, perché nel suo cuore e nella sua mente risiede la malvagità.

 

“Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo.” Genesi 6:5

 

È molto più facile attribuire la colpa a Dio, come se ogni azione crudele e disumana che l’uomo commette sia stabilita e desiderata da Dio, piuttosto che prendere posizione nell’affermare che l’uomo è cattivo per natura.

 

Ma non era Dio a costruire i campi di sterminio né a smistare le persone che arrivavano con i treni, ma l’uomo. Non era Dio a uccidere persone innocenti e a considerarle come oggetti privi di valore, ma l’uomo. E ancora oggi, non è Dio a creare piani di attacco per muovere guerra nei confronti di altri stati, non è Dio a prendere in ostaggio donne, uomini e bambini, e ad infliggere loro torture disumane e diaboliche. Dietro tutto questo non c’è Dio: ma l’uomo.

 

Nel Vangelo di Giovanni 3:19 è scritto: “Questo è il giudizio: che la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato le tenebre più della luce, perché le loro opere erano malvagie.

 

Prendere posizione

 

Noi, oggi, non possiamo cambiare gli eventi del passato. Per quanto vorremo riavvolgere il nastro e tornare indietro, è impossibile: questa tragedia rimarrà per sempre nella storia dell’umanità. Niente di quello che faremo potrà cambiarla. Dio però, ci ha chiamati a fare una cosa: a prendere posizione. Prendere posizione anche quando questo significa schierarsi contro l’opinione di tutti per portare avanti quelle che sono le nostre ideologie e opinioni. Prendere posizione quando questo ci porta a rimanere soli, emarginati, esclusi, perché mossi da un sentimento di giustizia morale e spirituale.

 

E anche nella lettera agli Efesini, il Signore ci ricorda quale sia la posizione che dobbiamo prendere: “State dunque saldi: prendete la verità per cintura dei vostri fianchi; rivestitevi della corazza della giustizia.” Efesini 6:14.

 

Siamo chiamati a prendere una posizione: ma siamo davvero in grado di farlo quando questa potrebbe mettere a repentaglio la nostra vita? Dichiariamo di poter morire per Gesù: ma se questo accadesse oggi? in questo momento? saresti disposto ad essere torturato, per poi essere messo a morte, “solo” per qualcosa in cui credi?

 

Molte sono le testimonianze giunte fino a noi, di persone che nel momento giusto hanno saputo afferrare il coraggio e la fede per affermare ciò in cui credevano; tra queste, emblematica è la storia di Corrie Ten Boom riportata nel romanzo autobiografico intitolato “The hiding place”, nel quale l’autrice racconta la sua storia di sopravvivenza e di fede in Dio durante il periodo di occupazione nazista e di permanenza in un campo di concentramento.

 

“Ma quella notte, mentre varcava la soglia, scoppiai a piangere. “Ho bisogno di te!” singhiozzai. “Non puoi morire! Non puoi!” Accanto a me, sul letto, Nollie si sedette. “Siamo andati a trovare la signora Hoog”, spiegò. “Corrie non ha mangiato la cena o altro”. Il padre si sedette sul bordo del letto stretto. “Corrie”, iniziò dolcemente, “quando tu e io andremo ad Amsterdam, quando ti do il biglietto?” Tirai su col naso un paio di volte, riflettendoci. “Beh, appena prima di salire sul treno”. “Esatto. E anche il nostro saggio Padre celeste sa quando avremo bisogno di qualcosa. Non correre prima di Lui, Corrie. Quando verrà il momento in cui alcuni di noi dovranno morire, guarderai nel tuo cuore e troverai la forza di cui hai bisogno, giusto in tempo”.

 

Conclusione

 

Questa testimonianza è un esempio di grande impatto a livello umano, ma soprattutto a livello spirituale: il padre dell’autrice mette in evidenza una delle tematiche fondamentali per ogni credente ovvero la conoscenza profonda che Dio ha di ogni nostro bisogno. Egli conosce il nostro cuore e conosce le nostre necessità. Conosce il dolore, lo scoraggiamento e la paura che si provano di fronte a delle situazioni estreme. Come il padre dell’autrice dà il biglietto del treno solo nel momento in cui questo è veramente necessario, così Dio darà la forza e la fede di testimoniare; questa è la certezza di un padre che insegnerà con la sua vita e la sua morte l’amore di Cristo (nascondendo insieme con la sua famiglia, in una stanza segreta, molti ebrei altrimenti destinati alla morte). Questa è però anche la nostra certezza, una certezza fondata sulla Parola:

 

“e non hanno amato la loro vita, anzi l’hanno esposta alla morte.”

Apocalisse 12:11

 

Egli è in grado di darci una forza e un coraggio che vanno oltre la ragione umana, per poter attraversare anche le prove più estenuanti. Dio non è estraneo alla debolezza, alla paura o al dolore. Egli per primo, diventato uomo e rimanendo perfetto, senza mai commettere un solo peccato, ha sperimentato in prima persona l’umiliazione, la tortura, il dolore fisico, che causò una morte ingiusta e immeritata. Tutto questo, Gesù vero Dio e vero uomo, lo ha attraversato senza mai maledire chi lo maltrattava o lo stava uccidendo, ma perdonando:

 

“Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” Luca 23:34

 

Come poter emulare un così grande amore?

 

Il tema della Shoah è estremamente delicato, e spesso, nel trattarlo si rischia di  banalizzarlo e, in parte, nel disonorare le vittime. Cercare di dare risposte a quesiti come “perché esiste il male nel mondo?” è una sfida ardua e trovare un’argomentazione sensata sfida la ragione umana.

 

A mio parere però, non ci si dovrebbe focalizzare nel cercare necessariamente una risposta all’esistenza del male, quanto piuttosto nel cercare un modo per fare sì che questo male non riaccada mai più. La fede in questo caso è la risposta finale: seppur molti l’abbiano persa, per altri è stata l’arma mediante la quale resistere, senza mai cedere alla violenza, combattendo rimanendo umani, in un luogo che si era dimenticato cosa l’umanità fosse. Così come ci mostra ancora un estratto della storia di Corrie Ten Boom, in cui la sorella Betsie impartisce a Corrie, sopraffatta dall’odio, una lezione:

“Non odiare, Corrie. Non odiare”.

Betsie morirà nel campo di concentramento e Corrie allora, solo allora, avrà la forza di pregare così: “Signore che la tua volontà sia il mio nascondiglio”.

 

Nell’oscurità profonda della Shoah, come in qualsiasi altra tenebra generata dal cuore umano, l’amore di Cristo è l’unica soluzione, l’unica speranza l’unica vittoria per un’umanità privata di ogni qualità capace di renderla ancora umana.

 

35“Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 36 Com’è scritto:

«Per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno; siamo stati considerati come pecore da macello».

37Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. 38Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, 39né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.”

Romani 8:35-37

 

In conclusione, davanti a tutto questo, desidero fare mio questo verso della Parola di Dio: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Rm.12:21)

Chantal Demasi

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