“Dio gli disse: «Va’ fuori e fermati sul monte, davanti al SIGNORE». E il Signore passò. Un vento forte, impetuoso, schiantava i monti e spezzava le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. E, dopo il vento, un terremoto; ma il Signore non era nel terremoto. E, dopo il terremoto, un fuoco; ma il Signore non era nel fuoco. E, dopo il fuoco, un mormorio di vento leggero. Quando Elia lo udì, si coprì la faccia con il mantello, andò fuori, e si fermò all’ingresso della spelonca; e una voce giunse fino a lui, e disse: «Che fai qui, Elia?»” (1 Re 19:11-13)
Una Vita Ricca di Colpi di Scena
La narrazione della storia ha un ritmo incalzante. Una profezia declamata con sfrontatezza ad un re in Israele. Segue l’esilio presso un torrente dove sono dei corvi a provvedere per il pasto. Poi la secca. Quindi un cambio di residenza. A casa di una vedova. Casa nella quale olio e farina incredibilmente non si esauriscono, vedova la quale miracolosamente vede un figlio morto tornare in vita.
Poi la sfida. A cielo aperto. Su un monte. Sfida improba: in quattrocentocinquanta si dilettano in danze, grida, riti esoterici ed un incessante profetare bugiardo, dall’altro lato un uomo solo. E dopo una preghiera potente, irruenta, arriva – sfolgorante – la risposta del cielo. Il decreto di morte. La fuga. Due pasti in un deserto. Il monte di Dio. Un’esplosione di malessere.
Di colpi di scena la vita del profeta Elia ne era stata costellata. Il Soprannaturale si commistionava con il naturale. Aveva conosciuto quella potenza che spezza, schianta, brucia, moltiplica e risuscita: un’inequivocabile chiarezza dell’Immateriale che si palesava nel materiale.
Lo Stop di Dio
Arriva a questo punto della convulsa narrazione un contrordine da parte di Dio: “Va’ fuori e fermati sul monte” (1 Re 19:11). Il profeta che tanto aveva peregrinato doveva fermarsi. Nel nostro rapporto con Dio, potremmo certamente narrare di roboanti intromissioni divine. Nella quotidianità. Nella quotidiana emotività. Nella quotidiana spiritualità. La vita del vero credente non infrequentemente è costellata di provvidi miracoli, di proverbiali incontri con un Dio potente.
Un Dio che dà prova di Sè palesandosi in fragorosi luoghi gremiti di adoratori, stentoreamente affollati di lodi. Un Dio che non cambia: rivoluziona. Non aggiusta: stravolge. Non soffia: fa tremare. Schianta. Brucia. Spezza.
Presenza e Potenza: la Differenza
“E il Signore passò.” Passò con vento forte, impetuoso che schiantava i monti e spezzava le rocce. Un’inaudita potenza. Elia dovette imparare che c’è differenza tra potenza e presenza. Che l’una non è necessariamente indice dell’altra.
Dio era solo di passaggio in quel frastuono. Non era di certo il posto in cui dimorava. Non c’era più tempo per confondere l’esperienza con la conoscenza. E, dopo il vento, un terremoto; ma il Signore non era nel terremoto. E, dopo il terremoto, un fuoco; ma il Signore non era nel fuoco. Il Signore era passato, si rinveniva la sua scia, ma non la Sua presenza.
“E, dopo il fuoco, un mormorio di vento leggero. Quando Elia lo udí, si coprí la faccia con il mantello, andò fuori, e si fermò all’ingresso della spelonca…” (1 Re 19:12,13)
Richiede onestà l’ammettere che la ricerca del vento, del terremoto, del fuoco che si impongono con la loro chiassosa presenza sono l’indice di una ricerca superficiale di Dio che si accontenta di apparenza più che di essenza. Il terremoto è impattante. Al mormorio di vento leggero bisogna far caso. A quel suono dolce e sommesso bisogna porre mente. Esso chiede attenzione.
Chiede attenzione il suono del vento quotidiano dove nulla di altisonante accade eppure si rinviene una costante presenza dell’Iddio d’Israele. Chiede attenzione il silenzio di una chiesa spoglia dove preghiere liquide sono iscritte su volti che non hanno forza di proferire altro se non sospiri. Chiede attenzione il silenzio di una stanza brulicante ordinaria quotidianità nella quale ci si ritrova nel silenzio con un Dio che ascolta. E parla. Piano. Lentamente. Dolcemente. Bisogna che i rumori sbiadiscano per udire quel mormorio. Lontano dagli strepitii: è lì che spesso si cela il tuo Dio.
Giovanni Vitale