“Non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione, ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo Gesù.”
(Filippesi 3:12)
Nel dizionario Treccani alla parola “perfezione” corrisponde questa descrizione: “stato, condizione di ciò che è condotto a termine, portato a compimento; qualità di ciò che è eccellente, esente da difetti, non suscettibile di miglioramenti”. La perfezione per il mondo è, quindi, assenza di difetti di qualsiasi tipo essi possano essere. Questa inflazionatissima parola nell’ultimo periodo è diventata oggetto di problematiche sociali che non possono più essere ignorate. Soprattutto fra i giovanissimi, si avverte un senso di inadeguatezza e si spinge la leva al massimo per raggiungere una perfezione ideale, che si parli di estetica, di produttività a scuola o di relazioni sociali.
Lo psicologo Hamacheck definisce questo fenomeno “perfezionismo”, riferendosi più in generale alla consuetudine di esigere da sé stessi o dagli altri una performance di qualità maggiore, rispetto a quella richiesta dalla situazione. Questo porta il soggetto a iper criticare il proprio comportamento e a vivere in un costante stato di ansia causato dal bisogno di fare sempre meglio.
Interessante è, inoltre, la distinzione fatta da Hamacheck tra il perfezionismo normale e il perfezionismo nevrotico: mentre nel perfezionismo normale l’errore è visto come una possibilità di crescita e non si teme il giudizio negativo degli altri, nel perfezionismo nevrotico sono costanti la paura di fallire e la svalutazione dei risultati ottenuti, assecondando la tendenza sbagliata a sottolineare i propri errori. Questo determina un abbassamento dell’autostima perché si crede che per ottenere l’approvazione degli altri sia necessario dimostrare costantemente il raggiungimento di obiettivi sempre più elevati.
Le cause dietro questa psicopatologia sono diverse:
- Devo essere perfetto perché queste erano le regole dei miei genitori. In qualche caso, potrebbe essere dovuto ad una riproposizione di norme apprese in ambito familiare che sono molto severe e rigide, una serie di codici di comportamento che guidano la nostra vita da adulti ma che apprendiamo osservando le figure di riferimento che ci hanno accompagnato da bambini;
- Se sarò perfetto non mi sentirò più inadeguato. A volte è una reazione alla percezione d’inadeguatezza ed è un modo, quindi, per porvi rimedio. I motivi per cui si apprende il senso di inadeguatezza sono numerosi, potrebbero essere legati ad un’educazione improntata alla critica, oppure all’eccessivo accudimento esercitato da una o più delle figure di riferimento che hanno così impedito lo sviluppo di abilità e autonomia;
- Se sarò perfetto, sarò amato e non avrò più bisogno di nessuno. La terza causa del perfezionismo ha a che fare con la deprivazione emotiva attuata da una o più figure di riferimento, con la quale si intende carenza di cure e di affetto, mancanza di empatia, ascolto e comprensione o assenza di protezione e di una figura guida. In questo senso, essere perfezionisti potrebbe essere un tentativo di recuperare l’amore di chi non ce lo ha dato o di ovviare a tale bisogno.
Perfetto, sono pazzo
Se ti sei rispecchiato in ciò che hai letto, non ti allarmare, non sei matto. Prima di arrivare alla soluzione è necessario inquadrare bene il problema e guardare in faccia ciò che più di noi ci spaventa per poterlo affrontare al meglio. Con questo proposito, leggiamo insieme qualche verso biblico.
In Matteo 5:48 troviamo scritto “Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste”. Il termine greco usato da Matteo è “teleios” che indica totalità, interezza, completezza. A primo impatto può disorientare: questo tipo di completezza non può esistere nell’uomo, è impensabile credere di poterci arrivare con le sole proprie forze.
Mi stai dicendo che nemmeno la Bibbia ha una soluzione?!
Non esattamente, lascia che ti spieghi meglio. In Ebrei 7:11 è scritto “Se dunque la perfezione fosse stata possibile per mezzo del sacerdozio levitico (perché su quello è basata la legge data al popolo), che bisogno c’era ancora che sorgesse un altro sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec e non scelto secondo l’ordine di Aaronne?”.
Dopo aver liberato il popolo d’Israele dalla schiavitù in Egitto, Dio aveva dato loro una legge ben precisa su come avrebbero dovuto eseguire i sacrifici animali per espiare i peccati che commettevano ogni giorno. Questa legge era molto importante per gli israeliti perché era l’unico modo che avevano di mantenere il loro rapporto con Dio, altrimenti inficiato dalla presenza del peccato.
Tuttavia, nonostante la minuziosità con cui il popolo nel corso dei secoli aveva rispettato la legge per le offerte a Dio, il verso in Ebrei esprime chiaramente l’insufficienza di quelle pratiche nel raggiungimento della perfezione per come la intende Dio.
La condizione dell’uomo è così lontana e distante da quella di Dio che nemmeno la legge sui sacrifici riusciva a colmarla. Quindi, come fare?
La soluzione l’ha provveduta Dio: l’uomo, con le sue sole forze, non sarebbe mai riuscito ad avvicinarsi a Dio e così è stato Dio stesso a fare il primo passo verso l’uomo.
In Ebrei 10:11-14 è scritto “Mentre ogni sacerdote sta in piedi ogni giorno a svolgere il suo servizio e offrire ripetutamente gli stessi sacrifici, che non possono mai togliere i peccati, egli, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio, e aspetta soltanto che i suoi nemici siano posti come sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati”.
La soluzione resta Gesù: per mezzo del Suo sacrificio, Egli ha reso possibile la riconciliazione tra Dio e l’uomo, accessibile a chiunque decide di accettarlo e credere. Dopo di Lui, non servivano più sacrifici di animali per coprire i peccati: con la Sua morte Gesù ha annientato per sempre ciò che ci separa da Dio.
Ma cosa c’entra tutto questo con la ricerca ossessiva della perfezione?
L’uomo, da solo, non può raggiungere la perfezione, non importa quanto impegno ci metta o quanto si sforzi. Riprendendo le parole di Paolo in Filippesi 3:12, “Non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo Gesù”, ci rendiamo conto che nemmeno gli uomini di cui si parla nella Bibbia si sono avvicinati alla perfezione di Dio, malgrado le opere meravigliose che hanno compiuto sulla terra e la Parola di vita che andavano proclamando. Essi erano perfetti davanti a Dio unicamente in virtù dell’amore che Gesù ha dimostrato morendo in croce mentre loro, proprio come noi, nemmeno lo consideravano.
Non serve tentare con le tue forze di giungere alla perfezione: non ci riuscirai mai, non ti ci avvicinerai nemmeno. L’unica via per giungervi è percorrere la strada che porta alla croce e confessare ogni peccato davanti a Gesù che è morto per amore. Solo in quel momento conoscerai la perfezione nell’amore di Dio, che si è abbassato fino all’uomo per risolvere un problema di cui non era responsabile.
“Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel luogo santissimo per mezzo del sangue di Gesù, […] avviciniamoci con cuore sincero e con piena certezza di fede, avendo i cuori aspersi di quell’aspersione che li purifica da una cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.” (Ebrei 10:19,22)
Lucrezia Patruno