Sono numerosi i motivi che spingono noi giovani a chiuderci in noi stessi: la difficoltà dovuta al continuo confronto con gli altri sta condizionando la nostra salute psicofisica decidendo di esentarci da questo mettersi in continua discussione, prendendo decisioni drastiche che comprendono l’isolamento sociale, la dipendenza da social e l’abbandono scolastico.
Il male presente nella società moderna, i cambiamenti tecnologici e socio-culturali hanno fatto emergere nuove forme di vie di fuga dal confronto sociale, vengono classificate come new addiction perché hanno come evidenza comportamenti considerati socialmente leciti ma non controllati dal soggetto che viene da esso protetto dal difficile confronto sociale.
Nella Scrittura il re Salomone, riflettendo sulle oppressioni presenti nella società del tempo, scriverà queste parole in Ecclesiaste 4:1-3 “Mi sono messo poi a considerare tutte le oppressioni che si commettono sotto il sole; ed ecco, le lacrime degli oppressi, i quali non hanno chi li consoli; da parte dei loro oppressori c’è la violenza, mentre quelli non hanno chi li consoli. Perciò ho stimato i morti, che sono già morti, più felici dei vivi, che sono vivi tuttora; più felice degli uni e degli altri è colui che non è ancora venuto all’esistenza, e non ha ancora visto le azioni malvagie che si commettono sotto il sole.”
“Mi sono messo poi a considerare tutte le oppressioni che si commettono sotto il sole”
Le pressioni sociali del nostro tempo sono da considerarsi pericolose per noi giovani che viviamo le stesse come violenze esercitate nei nostri confronti; la consolazione viene a mancare e non trovandola in quello che viene offerto dal nostro tempo ci rifugiamo in un isolamento sociale in cui la vita viene circoscritta e controllata a causa del mal di vivere percepito. Le conoscenze scientifiche confermano che quando un ragazzo sperimenta il rifiuto sociale, questa esperienza aumenta l’attivazione del sistema di risposta allo stress, così come le regioni celebrali sono attivate dal dolore fisico.
“ed ecco, le lacrime degli oppressi”
Il ritiro sociale volontario che molti di noi stanno attuando ha come tendenza lo smettere di uscire di casa, di frequentare scuola e amici, per chiudersi nelle proprie stanze e limitare al minimo i rapporti con l’esterno, mantenendo i contatti prevalentemente attraverso Internet. Questo comportamento, presente nelle società urbanizzate e tecnologicamente avanzate, è molto diffuso tra noi giovani, rappresenta una grave forma di ritiro sociale e attualmente oggetto di allarme tra i professionisti del settore, il fenomeno viene definito con il termine Hikikomori, parola che deriva dai verbi giapponesi hiku (tirare indietro) e komoru (ritirarsi) e porta l’attenzione sull’aspetto principale del fenomeno, ovvero il ritiro e l’isolamento dell’individuo dalle relazioni sociali. Il termine può riferirsi sia a colui che ne è afflitto sia alla condizione stessa, vale a dire un comportamento sociale singolare che consiste in un’autoreclusione volontaria.
“i quali non hanno chi li consoli”
Alcuni di noi si riconoscono in una ricerca recentemente svolta dall’ ESPAD®Italia (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs) il 2,1% del campione attribuisce a sé stesso la definizione di Hikikomori: proiettando il dato sulla popolazione studentesca dei 15-19enni a livello nazionale, si può quindi stimare che circa 54.000 studenti italiani di scuola superiore si identifichino in una situazione di ritiro sociale. In questa condizione è possibile ricevere una liberazione e una consolazione che nemmeno il re Salomone riteneva possibile “ecco, le lacrime degli oppressi, i quali non hanno chi li consoli;”, gli oppressi hanno chi li consola e asciuga le loro lacrime, nonostante la loro autoreclusione nelle proprie stanze.
Una stanza chiusa alla cui porta qualcuno bussa per consolare
“da parte dei loro oppressori c’è la violenza”
Il chiudersi nella propria stanza, avendo come unica finestra sul mondo il proprio cellulare/computer, è molto pericoloso per il nostro futuro, fra le cause dell’isolamento è molto determinante il senso di inadeguatezza rispetto ai compagni: l’aver subito episodi di bullismo, contrariamente a quanto si possa ritenere, non è fra le ragioni più frequenti della scelta. Mentre si evince una fatica diffusa nei rapporti coi coetanei, caratterizzati da frustrazione e auto-svalutazione.
In questa autoreclusione risuona il meraviglioso messaggio biblico presente nella Parola di Dio “Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui” (Apocalisse 3:20). Il desiderio di Dio si rivolge verso di noi comunicandoci il suo progetto di consolazione che Lui desidera infondere nella nostra vita se apriremo il nostro cuore “Come un uomo consolato da sua madre così io consolerò voi, e sarete consolati in Gerusalemme. Voi lo vedrete; il vostro cuore gioirà, le vostre ossa, come l’erba, riprenderanno vigore…” (Isaia 66:13-14).
Una stanza chiusa alla cui porta qualcuno è attento al tuo bisogno “mentre quelli non hanno chi li consoli”
I professionisti che hanno analizzato l’indagine hanno riscontrato un altro dato parzialmente sorprendente che riguarda la reazione delle famiglie: più di un intervistato su 4, fra coloro che si definiscono ritirati, dichiara infatti che i genitori avrebbero accettato la cosa apparentemente senza porsi domande. Il dato è simile quando si parla degli insegnanti. L’indifferenza, la paralisi davanti a questo fenomeno ci comunica che c’è un’impossibilità ad essere aiutato per uscire dal profondo malessere in cui siamo stati imprigionati, questo dolore viene soffocato richiudendoci in un mondo virtuale che ci impedisce di affrontare il confronto.
La Parola di Dio si rivela alla nostra vita quando viviamo momenti di autoreclusione che Dio è attento al nostro dolore e vuole che tu noi possiamo gioire insieme alle persone che Lui ha messo al tuo fianco, la nostra famiglia e la chiesa composta da persone che vogliono essere per noi una famiglia che ci sostiene e ci ama “… perché la premura che avete per noi si manifestasse in mezzo a voi davanti a Dio. Perciò siamo stati consolati; e oltre a questa nostra consolazione ci siamo più che mai rallegrati per la gioia di Tito, perché il suo spirito è stato rinfrancato da voi tutti.” (II Corinzi 7:12-13)
Una stanza chiusa la cui porta potrà aprirsi davanti al tuo futuro
“più felice degli uni e degli altri è colui che non è ancora venuto all’esistenza”
Il nostro desiderio viene spesso annebbiato e mutato dalle situazioni traumatiche che viviamo durante l’adolescenza, il futuro viene condizionato dall’opinione degli altri e dallo stress emotivo che viviamo nel cercare di raggiungere i progetti sognati e desiderati. Il ritiro sociale spesso viene accompagnato dall’abbandono scolastico che oggi sembra essere un problema in rapido aumento, molti di noi abbandonano la scuola causa lo stress emotivo, molti dichiarano che sono “travolti” da troppe cose: lo studio, ma anche le relazioni familiari e interpersonali, e alcuni nominano specificamente stati d’ansia e/o depressione. Insomma, sembra che non riusciamo a reggere la gestione dei contraccolpi emotivi legati alle “normali” esperienze di vita. Alcuni di noi arrivano a desiderare di non essere mai venuti all’esistenza ma la Parola di Dio vuole che ad ognuno arrivi un messaggio di speranza riguardo al futuro che Dio vuole scrivere utilizzando la nostra vita “poiché c’è un avvenire, e la tua speranza non sarà delusa” (Proverbi 23:18)
La stanza che abbiamo scelta rischia di diventare un luogo in cui l’esistenza viene minata da pensieri che possono distruggere la mente e il cuore, Salomone descrive questi pensieri utilizzando la morte come soggetto da invidiare “Perciò ho stimato i morti, che sono già morti, più felici dei vivi, che sono vivi tuttora;” (Ecclesiaste 4:2) ma questo desiderio vuole essere debellato mediante il messaggio che la Bibbia riserva a chi vive con difficoltà la vita di tutti giorni, la vergogna vissuta impedisce di guardare agli eventi vissuti e al futuro con la giusta attitudine.
Un noto professionista, Umberto Galimberti, ha detto che negli ultimi anni siamo passati dalle depressioni legate al senso di colpa a quelle legate alla vergogna. Questo perché ci troviamo in una società che spinge le persone a essere continuamente “performanti”. Il pressante confronto sociale potrebbe creare criticità nella nostra vita e con l’aiuto della Parola di Dio dovremo riscoprire e realizzare il valore che Dio attribuisce alla nostra vita e il valore che la nostra vita possiede alla luce del piano che Dio ha per noi “Allora il Signore si rivolse a lui e gli disse: «Va’ con questa tua forza e salva Israele…” (Giudici 6:14).
Dio ci chiama a confidare nel Suo aiuto per affrontare ogni difficoltà, usciamo dalla stanza in cui ci siamo rinchiuso e affrontiamo ogni situazione confidando nella presenza e nell’aiuto di Dio.
Gioele Puopolo