Oggi proliferano in tutto il mondo libri, film, documentari e serie di un genere che sta avendo sempre più successo anche in Italia: stiamo parlando del crime, o meglio del true crime. Il genere si è reinventato ed evoluto nel tempo, grazie ad Internet e attraverso forme nuove come i podcast o dibattiti su TikTok. Il true crime non è altro che la ricostruzione di crimini realmente accaduti, per cui vengono descritte nel dettaglio le azioni di persone associate a tali crimini o colpite da essi. I crimini maggiormente presi in considerazione sono gli omicidi, circa il 40 % dei prodotti si concentra su storie di serial killer.
Lo scrittore Truman Capote è considerato da molti il padre del true crime moderno: “ A sangue freddo” è un romanzo del 1966 che riporta fatti reali inerenti un quadruplice omicidio. Nel tempo, il genere ha perso sempre più il suo carattere sensazionalistico e ha posto l’accento sull’analisi meticolosa dei dettagli.
La violenza fa audience
Oggi basta digitare true crime sulle principali piattaforme di streaming per trovarsi di fronte ad un’ampia scelta. Una delle serie tra le più viste nell’ultimo periodo su Netflix è proprio appartenente a tale genere e racconta la storia di un serial killer. Sicuramente avrai sentito parlare di “Dahmer – Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer”. Lo stesso giorno dell’uscita, la miniserie ha avuto un numero di ascolti pari a 196,2 milioni. È stata messa sotto i riflettori la carriera di omicida efferato di Jeffrey Lionel Dahmer, uno dei più spaventosi e macabri della storia statunitense e non solo.
La violenza e i crimini caratterizzano da sempre l’umanità. Sin dai tempi antichi il male ha contraddistinto il genere umano; anche la Bibbia nel libro della Genesi riporta che “…la terra era ripiena di violenza” (Genesi 6:11). Oggi sono cambiati i contesti, gli strumenti ma il male continua a proliferare. Non solo si continua a compiere ma è ancora presente l’interesse per le vicende centrate sulla violenza.
I prodotti del true crime si basano su storie vere ma le notizie vengono selezionate, montate, a volte ingigantite per catturare l’attenzione dello spettatore. Ci aspettiamo verità e, in realtà, veniamo ammaliati dalla costruzione sapiente e sensazionale di un personaggio. Gli autori sono bravi a regalare un mix di adrenalina, mistero e fascino che distorce la realtà. Ormai è dilagante la tendenza alla spettacolarizzazione della violenza. Il crimine ingigantito fa grandi numeri e l’obiettivo sembra sia renderlo più attraente possibile. Vengono messi in luce alcuni aspetti delle storie e non altri, sono scelti attori intriganti e il personaggio del criminale viene reso interessante. La mostruosità degli atti compiuti viene messa in scena senza censure e le storie ruotano attorno ad essa.
La rappresentazione di tutta questa violenza è necessaria o è solo un modo per affascinare gli spettatori? I dettagli macabri, la cruenza degli atti compiuti sembrano ormai ingredienti necessari perché un prodotto abbia successo. Il male attira, affascina.
Ma è nutriente per la tua vita? Il Signore ci invita a stare lontano dal male e a ricercare il bene.
In questa ricerca spasmodica di atti criminosi e violenti si inserisce una voce innovativa, quella della Parola di Dio, che ci dice “odiate il male, amate il bene…” (Amos 5:15).
La violenza ci influenza?
Non sono mancate le critiche alla serie su Dahmer proprio da parte delle famiglie delle vittime. Hanno fatto notare come sia triste che stiano facendo soldi con questa tragedia. Queste persone vengono traumatizzate nuovamente nel vedere riproposta sotto tale forma la loro storia di dolore. Per chi è sopravvissuto alla violenza, la grande presenza di questo tipo di contenuti può diventare insopportabile. Ma perché il true crime fa questi numeri?
In generale, lo spettatore viene influenzato da questi contenuti. Vari studi concordano sul fatto che l’esposizione alle immagini violente, ai film gialli, soddisfa, da un lato, un profondo bisogno di “sentirsi vivi”, e dall’altra sollecita la curiosità investigativa e l’istinto esplorativo insito in ognuno di noi.
Alcune ricerche hanno dimostrato che il consumo notevole di notizie di cronaca nera può portare ad avere paura di diventare a nostra volta vittime. La paura e la preoccupazione potrebbero diventare predominanti.
Sei consapevole di ciò che può comportare una fruizione assidua? Quanto riusciamo a riconoscere che immergerci in determinate storie ci può influenzare profondamente?
Insensibili alla violenza
La ricerca del realismo ci coinvolge, ci affascina, così come l’orrore, il lato oscuro dell’animo umano. La tendenza dei prodotti è mostrare dettagli raccapriccianti e trasmettere informazioni spesso fuorvianti. È raro vedere storie che enfatizzino il dolore di essere vittima di violenza o puntino l’attenzione sulla necessità di porre rimedi validi ad essa.
Sarebbe cosa buona vedere personaggi che parlano delle conseguenze negative della violenza e non assistere solo ad essa. Questo sarebbe diverso dal creare prodotti meramente per il piacere del pubblico e per il guadagno. Significherebbe dare un contributo per sviluppare la capacità critica e riflettere sul significato delle cose, per contestualizzare la violenza ed essere in grado di analizzare le varie situazioni.
Sembra che ormai a molti non faccia neanche più effetto la violenza. Passano immagini cruente in tv tutto il giorno, i programmi alzano sempre più l’asticella offrendo scene di estrema brutalità. Ci stiamo abituando sempre di più a vedere violenza: mentre pranziamo, prima di andare a letto… stiamo giungendo alla normalizzazione della violenza.
Stiamo diventando un popolo di insensibili? Più siamo abituati, più diventiamo distaccati e indifferenti verso il mondo che ci circonda.
L’apostolo Pietro ha rivolto un invito che è valido ancora oggi, dicendo “…siate tutti concordi, compassionevoli, pieni di amore fraterno, misericordiosi e umili” (I Pietro 3:8).
Riflettiamo su chi vogliamo essere: soggetti insensibili a cui non fa effetto più alcun tipo di violenza o persone capaci di amare che si adoperano per il bene?
Saper distinguere bene e male
Il primo passo importante è cercare di non adeguarsi a tutto ciò che ci viene propinato senza porci delle domande, senza rifletterci su. È importante, poi, chiedere a Dio la sapienza che viene da Lui. Il nostro pensiero non sempre è giusto, può essere fuorviante.
Il re Salomone non chiese al Signore lunga vita o ricchezze ma un cuore saggio: “dà dunque al tuo servo un cuore intelligente perché io possa… discernere il bene dal male…” (I Re 3:9). Ciò piacque a Dio, che glielo concesse. Discernere vuol dire comprendere, distinguere bene le cose.
Discernere il bene dal male è frutto di una mente rinnovata. Tutti possiamo chiedere di ricevere questo prezioso dono. Consente di non ingurgitare informazioni in modo indiscriminato e masticare solo cibo buono, nutriente per la nostra anima e il nostro spirito.
Lasciamoci condurre dallo Spirito di Dio, che ci guida, ci consiglia e dirige i nostri passi verso ciò che è giusto, retto e buono per noi.
“E prego che il vostro amore abbondi sempre più in conoscenza e in ogni discernimento, perché possiate apprezzare le cose migliori, affinché siate limpidi e irreprensibili per il giorno di Cristo”. (Filippesi 1:9-10)
Ester Bilello