Mente&Anima

Tutta l’esperienza e il buon senso di fuori sono da buttare? Sempre?

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Una delle ragioni per le quali la Bibbia mi ha persuaso così profondamente è la sua concretezza, la concretezza delle risposte che fornisce. “Poiché Egli conosce la nostra natura e si ricorda che siamo polvere” (Salmo 103:14), la Parola di Dio è lontana da una forma di spiritualità religiosa e “angelicata” che si dimentica dei nostri veri problemi quotidiani, a volte spiccioli e imbarazzanti. Il testo di Esodo 18:13-27 è uno di quelli che lo dimostra.

 

In questo contesto, Mosè è già l’uomo scelto da Dio. Ha parlato con Dio che si è rivelato in mezzo al pruno ardente. Ha steso la mano sul Mar Rosso e questo è stato diviso da Dio. Ha colpito la parete di una roccia e da questa Dio ha fatto sgorgare una fonte d’acqua dolce. Ha guidato un popolo per un deserto seguendo una colonna di fuoco.

 

Mosè conosce bene l’opera sovrannaturale di Dio. Mosè è stato chiamato da Dio per parlare e operare in modo sovrannaturale.

 

Ma ecco che un parente di nome Ietro, il suocero, appena introdotto al popolo eletto (era un madianita, vd. versi precedenti) senza essere interpellato gli fornisce un consiglio. Un consiglio pratico, per evitare che Mosè “si esaurisca e si stanchi” dice chiaramente il testo (cfr. v. 18). Mosè decide di seguire questo consiglio, e lo scrittore del libro dell’Esodo decide di registrarlo. Si trattava di un consiglio organizzativo: Ietro insegnò a Mosè il principio di delega e come strutturare di conseguenza il gran numero dei figli di Israele.

 

Ietro non parlava da profeta o in modo sovrannaturale. Eppure l’intera gestione della giustizia del popolo d’Israele, la prassi quotidiana di ogni giorno, fu determinata direttamente da quel consiglio.

 

Penso che questa sia una lezione molto importante per noi giovani pentecostali: anche noi conosciamo l’opera sovrannaturale di Dio; rappresentiamo, nel contesto evangelico, quelli che sono avvezzi alle manifestazioni spirituali e opere miracolose. Siamo considerati un popolo “di profeti” da coloro che commentano la nostra esperienza dall’esterno. E davvero abbiamo udito la voce di Dio e forse siamo stati utilizzati per essere noi stessi una voce profetica per gli altri.

 

Ma a differenza di Mosè, forse non abbiamo la sua umiltà (Mosè era un uomo molto umile, più di ogni altro uomo sulla faccia della terra; vd. Numeri 12:3):

 

1) Pensiamo di essere indispensabili in una certa funzione, e che altri non possano (o non debbano!) svolgerla al posto nostro
2) Pensiamo che con la forza di Dio possiamo fare tutto e non esaurire mai le energie, pertanto ci guardiamo dal chiedere aiuto pratico agli altri… quando invece, come Mosè, ne abbiamo bisogno
3) Pensiamo a volte che l’organizzazione sia un’optional, qualcosa che comunque non è fondamentale per l’opera di Dio, come se “tutti potessero fare tutto”… ma solo Dio può fare tutto! Noi dobbiamo invece ritagliarci ciascuno il proprio piccolo spazio di responsabilità, nel quale siamo in grado di essere affidabili e collaborare efficacemente con gli altri
4) Molto spesso siamo pronti a parlare, non ad ascoltare un consiglio di buon senso (cfr. Giac.1:19; 3:1; Proverbi 12:15), soprattutto se arriva da qualcuno che riteniamo essere meno spirituale di noi.

 

Ietro non era neppure un membro del popolo di Dio, ma nella Sua perfetta provvidenza, Dio lo condusse nell’accampamento di Israele al momento giusto per dare il consiglio giusto. Un consiglio che in fin dei conti non era particolarmente profondo e non necessitava di tante parole, ma era piuttosto semplice e concreto: quante volte come giovani cristiani, sappiamo pronunciare consigli estremamente profondi e spirituali ma manchiamo di concretezza – dovremmo forse impararla dal mondo? (cfr. Luca 16:8)

 

Quanti buoni consigli nella mia vita sono arrivati da fuori del popolo di Dio, come in questo caso. E quanti piccoli principi di buon senso, di organizzazione, di psicologia, di economia farebbero BENE al nostro servizio cristiano, ai nostri gruppi giovanili, alla nostra vita quotidiana, se solo avessimo la stessa attitudine di umiltà di Mosè di imparare da coloro che ci circondano.

 

Non fraintendiamoci: se Ietro avesse contraddetto la Parola di Dio, non avrebbe dovuto essere ascoltato (cfr. la storia di 1 Re 13:15-26), altrimenti Mosè sarebbe stato ribelle davanti al Suo Signore. Se Ietro avesse cercato di pervertire le tradizioni del popolo di Israele inculcate da Dio stesso, Mosè avrebbe avuto il dovere morale di opporsi.

 

E sicuramente se Dio non avesse gradito questa scelta da parte di Mosè, Egli stesso sarebbe intervenuto con il Suo giudizio, non lo avrebbe lasciato nell’incertezza, così come Egli ha sempre fatto nella sua vita (di Mosè infatti dice “Con lui io parlo a tu per tu, con chiarezza” – vd. Num.12:8).

 

Ma in questo caso invece il suo consiglio pratico evitò un esaurimento nervoso a Mosè e garantì che tutto il popolo di Dio, in modo capillare, ricevesse le attenzioni opportune. L’organizzazione viaggia spesso a braccetto con la giustizia perché garantisce per esempio che tutti ricevano lo stesso trattamento (vd. anche Atti 6:1-6 o anche Marco 6:39-40);

 

il ruolo di Mosè non fu sminuito, perché a lui erano sottoposte tutte le questioni più importanti (vv. 22 e 26), ma nel contempo l’organizzazione del popolo di Israele divenne così capillare che persino piccoli gruppi di dieci israeliti avevano un proprio responsabile dedicato all’ascolto dei loro problemi e all’applicazione delle leggi divine di cui avevano bisogno (Esodo 18:25).

 

Quanta saggezza e quanta benedizione che arrivarono dall’esperienza di un uomo anziano, che aveva semplicemente qualche annetto di esperienza in più di Mosè e la condivise, perché seppe anticipare un problema e la sua relativa soluzione.

 

Sapremo ascoltare gli stessi consigli pratici quando arriveranno nella nostra vita? Non da un pruno ardente o da una colonna di fuoco o da una profezia o da una visione, ma magari da un parente o un collega?

 

Fra le cose che il mondo intorno a noi vuole insegnarci, sapremo applicare discernimento (Filippesi 1:9; Ebrei 5:14) e accogliere i buoni consigli e rifiutare invece quelli che sono in contrasto con la volontà di Dio, così come ci è rivelata per mezzo del Suo Spirito nella Sua Parola?

 

Un altro esempio utile nelle Scritture a cui guardare a tal proposito è quello di Neemia: chiamato da Dio a ricostruire Gerusalemme (e a intervenire anche su cose “sacre” come l’organizzazione relativa al servizio dei Leviti per il tempio), quest’uomo che non era né re, né profeta, né sacerdote e non ha mai ricevuto una chiara rivelazione sovrannaturale ad indicargli cosa fare e come muoversi.

 

Piuttosto, forte della propria vita di preghiera e della propria profonda comunione con Dio che traspare da ogni pagina del suo libro, attinge alla propria esperienza e straordinaria capacità organizzativa, che probabilmente aveva sviluppato osservando gli affari della corte persiana in cui era coppiere (Neemia 1:11). Neemia sapeva riconoscere che era soltanto grazie a Dio che erano state suscitate nel proprio cuore certe decisioni (Neemia 2:12; Neemia 7:5).

 

Preghiamo prima di tutto che questa possa essere una generazione di veri uomini di Dio. Ma subito dopo preghiamo che gli uomini di Dio sappiano ascoltare ed apprendere dalle esperienze e dai consigli dell’uomo comune o anche dell’esperto del settore… Se Dio ha parlato attraverso un’asina (Num.22:28), talvolta può farlo anche attraverso dei professionisti, degli psicologi, degli amministratori di condominio, degli avvocati, dei ragionieri, degli infermieri. Di tutti. ☺.

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