Dal buio del dubbio alla luce della fede

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Ciao a tutti, mi chiamo Ruben Giuliani e ho 21 anni. Sono nato in una famiglia che, oltre a credere in Dio, ha sempre dato molta importanza ai valori e agli insegnamenti cristiani, cercando di conseguenza di trasmetterli anche a me. Fin da piccolo ho avuto modo di frequentare con una certa assiduità tutte le varie attività che mi venivano offerte all’interno della chiesa, dagli incontri di studio e di approfondimento della Bibbia fino alle escursioni in montagna con gli scout, dove ci veniva data l’opportunità di crescere nell’ambito delle relazioni con gli altri e con la natura.

Durante la mia infanzia ho sempre avuto nei miei genitori e in mio nonno, il pastore Germano Giuliani, dei punti di riferimento importanti, avendo loro sempre dimostrato coerenza nella vita cristiana e amore nella vita familiare. A 15 anni ho deciso di fare il battesimo in acqua e l’anno dopo, durante un campeggio estivo, sono stato battezzato nello Spirito Santo. Pur essendo ancora un adolescente, la scelta di battezzarmi l’avevo presa in modo consapevole, avendo sperimentato dentro di me la comunione con Dio e il suo amore per me. Forse la cosa di cui non mi rendevo conto pienamente erano le sfide che da quel momento in avanti la mia fede avrebbe dovuto incontrare.

 

Arrivato al terzo anno di liceo (frequentavo il liceo musicale all’interno del conservatorio di Milano), cominciai a studiare filosofia e a quel punto la mia mente, già parecchio abituata a ragionare, trovò un terreno fertile per ampliare tutte quelle questioni che già circolavano al suo interno e ne trovò mille altre nuove su cui arrovellarsi. Iniziai un periodo in cui la mia naturale attitudine al ragionamento, che in sé non ha nulla di male, uscì dai suoi argini, e divenne quasi l’unico modo che avevo per interpretare la realtà. Chiaramente anche la mia fede fu messa fortemente in discussione. Dovevo assolutamente capire ogni cosa con la mente, e se non riuscivo a capirla, cominciavo a non reputarla più così degna di essere creduta. Con il passare del tempo mi successe una cosa piuttosto comune alle persone che pensano troppo e tendono a farlo senza un metodo preciso: cominciai a non ricordarmi più quali fossero i miei dubbi “filosofici”, quali fossero le questioni, legate alla fede, che dovevo comprendere, quali fossero le reali ragioni che mi impedivano di credere in Dio liberamente. Cominciai a sentirmi depresso, sempre più depresso, fino a quando venni ricoperto da una quasi totale apatia, che poi è esattamente quello che Satana vuole per noi: farci morire mentre siamo ancora vivi. Non avevo più alcuna certezza, né a livello etico, né a livello spirituale. Nel mio cuore avevo rinnegato quasi totalmente la fede. Andai avanti così per alcuni anni fino a quando una domenica, mentre ero al culto (senza alcuna voglia di esserci), la mia desolante apatia venne scalfita da qualcosa che non era dolore, quello lo conoscevo bene, ma odio. Odio per chi intorno a me aveva delle certezze e viveva nella libertà e nella gioia, a differenza di me. Solo allora mi accorsi di tutto lo squallore del mio stato. Già, perché un altro inganno dell’avversario è farti credere che tu, nella tua nullità, sia superiore a tutti; che tu, nella tua solitudine, basti a te stesso; che tu, nel momento del bisogno, non hai bisogno di aiuto.

 

Quella domenica qualcosa cominciò a cambiare.

 

Mi resi conto che dovevo seriamente riconsiderare tutta la mia esistenza e tornare alla radice dei miei problemi, ovvero ai miei iniziali dubbi nei confronti della fede e, parallelamente, ritornare a leggere la Bibbia. Grazie a mio fratello ebbi modo di leggere un libro, “Il Cristianesimo Così Com’è”, di C. S. Lewis, che mi aiutò a fare chiarezza nella mia mente in preda al caos, mentre la parola di Dio cominciava a riaccendere nella mia anima piccole luci che lentamente iniziarono a scalfire l’oscurità. Un mio caro amico mi chiese se avevo voglia di andare qualche giorno ad un campeggio cristiano a Rota Imagna e io, dopo un iniziale tentennamento, decisi di andarci. Lì, Dio operò in me. Ci fu una predicazione su Giovanni 21:15, ovvero l’episodio della riabilitazione di Pietro, e in quel frangente sentii davvero la parola di Dio rivolta a me, a me personalmente, e percepii di nuovo l’amore divino nella sua insondabile profondità. In quel momento si compì il mio ritorno al Signore la mia riabilitazione, e anche se dopo quel momento ho attraversato ancora momenti difficili adesso so che in Gesù c’è la verità, so dov’è la vera libertà e nulla potrà farmi cambiare idea, nemmeno me stesso. Inoltre sto imparando ad accettare che in Dio rimangono delle cose a noi non comprensibili, misteriose ma che ci ricordano quanto siamo piccoli, quanto siamo bisognosi di aiuto. Aveva ragione un grande poeta inglese quando disse che “l’umiltà è la sola sapienza che noi possiamo sperare di acquisire”.

 

“Mi ami tu?”… Questa fu la domanda che Gesù pose a Pietro. Quella domanda non mi abbandonerà mai e prego che ogni giorno io abbia la forza di rispondere sì.

 

Ruben

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