Secondo il 55° Rapporto sulla situazione sociale del Paese CENSIS del 2021, una percentuale consistente di italiani si è rivolta a credere nell’irrazionale, manifestando una propensione irragionevole a credere in superstizioni premoderne, pregiudizi antiscientifici, teorie infondate e speculazioni complottiste.
Quali possono essere le ragioni di tale fenomeno? Noi credenti rischiamo che un processo simile possa colpire la nostra vita spirituale intaccando la nostra fede?
In fuga verso l’irrazionale
Il CENSIS è un istituto di ricerca socio-economica fondato nel 1964, con sede a Roma. Si occupa di realizzare degli studi sul sociale, l’economia, la formazione, il lavoro, la sanità, i media, la comunicazione. Dal 1967 questi studi confluiscono annualmente nel cosiddetto “Rapporto sulla situazione sociale del Paese”, che costituisce un documento autorevole che offre nel suo insieme una descrizione dettagliata di come cambia il nostro paese nel tempo.
Dal rapporto annuale del 2021, giunto alla sua cinquantacinquesima edizione, è emersa una caratteristica curiosa nell’atteggiamento degli italiani: insieme ad un’ampia maggioranza che ripone la propria fiducia nelle realtà suffragate dal pensiero scientifico, convive una nutrita percentuale di italiani che ha volto la propria attenzione verso l’irrazionale. Vediamo insieme qualche esempio.
Tra gli ambiti in cui si manifesta questo fenomeno troviamo le cosiddette tecno-fobie, infatti il 19,9% degli italiani considera il 5G (insieme di tecnologie più recenti per le comunicazioni mobili) un sofisticato strumento predisposto appositamente per controllare la mente delle persone.
Se rivolgiamo invece la nostra attenzione al negazionismo storico-scientifico rileviamo che il 10% degli italiani ritiene che l’uomo non sia mai sbarcato realmente sulla Luna e il 5,8% degli italiani si ritiene sicuro che la Terra sia piatta (nel maggio del 2019 si è tenuto nella mia città il primo convegno nazionale dei “terrapiattisti”, che ha attirato i sostenitori di questa teoria provenienti da tutto il mondo).
Altro ambito dibattuto è la cosiddetta teoria cospirazionistica del “gran rimpiazzamento”, i cui fili sarebbero manovrati da presunte élite globaliste, secondo la quale sarebbe in corso una sostituzione massiccia di identità e cultura nazionale causata dell’arrivo degli immigrati e che si concretizza praticamente tramite l’incremento demografico delle loro nascite nettamente superiore rispetto a quelle degli italiani nativi; possiamo solo immaginare le possibili conseguenze discriminatorie verso gli stranieri che queste considerazioni rischiano di innescare.
Per non parlare di tutta la questione legata alla pandemia da Covid-19 che possiamo riassumere in un dato spaventoso che vede il 5,9% di italiani (circa tre milioni di persone) ritenere che il Covid non esista.
Sembra paradossale che questo atteggiamento emerga proprio nell’anno in cui un nostro connazionale, il Prof. Giorgio Parisi, ha ricevuto l’onorificenza più prestigiosa per un uomo di scienza: il premio Nobel.
Crisi delle certezze e scelta dell’irrazionale come rifugio
Oltre ad avere osservato il problema, il rapporto ha provato a individuare e ad analizzare le cause che hanno condotto tanti connazionali a questa fuga verso l’irrazionale. Dagli studi effettuati, si evince che la causa principale del fenomeno sembra essere dovuta ad aspettative soggettive insoddisfatte, nonostante le stesse siano legittime in quanto motivate da promesse razionali.
Il 35,5% degli italiani ritiene non sia utile impegnarsi nel conseguimento di lauree, master, corsi di specializzazioni, etc… in quanto i meriti difficilmente vengono riconosciuti e spesso ci si trova a percepire guadagni minimi nonostante i tanti anni di fatica spesi sui libri; più in generale l’81% degli italiani ritiene che oggi sia molto difficile che un giovane veda riconosciuto nel corso della propria carriera le risorse, le energie e il tempi impiegati nel conseguire titoli di studio di livello superiore.
Il 66,2% degli italiani ritiene che nel passato si viveva meglio di oggi nel nostro Paese e ancora se si guarda al futuro il 69,9% dichiara di sentirsi inquieto e ansioso, con un dato che si attesta al 70,8% tra i giovani.
Questo quadro di incertezza e insoddisfazione ha fatto in modo che l’irrazionale si sia infiltrato nel tessuto sociale del nostro Paese, guadagnando uno spazio consistente tra l’opinione pubblica, permeando gli studi dei talk televisivi, spingendo le vendite dei libri dedicati, alimentando i relativi trending topic sui social network.
L’abbandono della verità spirituale e l’attrazione per le favole
Riflettendo su tutto questo, ho iniziato a interrogarmi se noi credenti potessimo rischiare di cadere in un processo simile, capace di distogliere la fede dalla verità spirituale per indirizzarla verso altro; subito la mente si è rivolta a dei versi molto noti indirizzati dall’apostolo Paolo al giovane collaboratore Timoteo:
“Ti scongiuro, davanti a Dio e a Cristo Gesù che deve giudicare i vivi e i morti, per la sua apparizione e il suo regno: predica la parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza. Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie, e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole. Ma tu sii vigilante in ogni cosa, sopporta le sofferenze, svolgi il compito di evangelista, adempi fedelmente il tuo ministero.” (2 Timoteo 4:1-5)
Paolo in questo brano descrive quello che sarebbe accaduto nella “chiesa degli ultimi tempi” (quella cioè dei tempi più vicini al ritorno di Gesù Cristo) in cui tanti credenti si sarebbero allontanati dalla “sana dottrina”, cioè la dottrina derivante dalle verità espresse nella Parola di Dio nella sua interezza, per dirigere la propria attenzione verso quelle che definisce “favole”, cioè una dottrina adulterata, impoverita e non più conforme e aderente all’insegnamento biblico.
Ma come mai si può tendere ad abbandonare la verità a favore delle favole? Da sempre i modi di pensare e di agire della società hanno influenzato la chiesa, basti pensare a quanti dispiaceri lo stesso apostolo Paolo dovette sopportare rilevando e denunciando i comportamenti sbagliati dei credenti immaturi della chiesa di Corinto, ma la Parola di Dio ci fa sapere che questa tendenza della chiesa, a conformarsi al modo di pensare della società, si sarebbe evidenziata ancora di più nei tempi futuri, all’approssimarsi del ritorno di Gesù Cristo.
Permettendo alla società di infiltrarsi nel proprio modo di pensare e di agire, tanti credenti si ritrovano a scendere a compromessi con i valori etici e morali insegnati nella “sana dottrina”, che per tale motivo non risulta più gradita e diventa semmai fonte di sofferenza e condanna per la condizione in cui si vive (Paolo nei versi precedenti dice che essa diventa addirittura insopportabile a costoro).
Nasce allora l’esigenza di trovare qualcuno che insegni una dottrina più accondiscendente e morbida nei confronti dei nuovi standard comportamentali a cui si è aderito, e che annunci un messaggio “secondo le proprie voglie”. Si corre allora alla ricerca di “maestri” che dicano solo quello che si desidera sentirsi dire, possibilmente che insegnino un messaggio di incoraggiamento e di perdono privo di espressioni di esortazione e riprensione, che causano sicuramente sofferenza a un cuore in difetto rispetto all’integrità degli insegnamenti biblici, accompagnato magari da un lungo tempo di musica e canto in cui ci si sente appagati e che sembra diventare l’unico scopo del culto.
Oggi, grazie anche alla diffusione e alla pubblicizzazione tramite i social media delle attività promosse da svariati gruppi evangelici o presunti tali, non risulta particolarmente complesso trovare qualcosa che possa attrarre più del solito sermone fonte di tanta sofferenza interiore e appagare il “prurito di udire” di chi cerca altro.
Camminando in questa direzione, ci si andrà a cibare spiritualmente di un messaggio che progressivamente andrà discostandosi sempre più dalla sana dottrina e che si ridurrà semplicemente a quel “placebo spirituale” che l’apostolo Paolo definisce con il termine “favole”.
Insistere in ogni occasione nell’annuncio della verità
A questo punto possiamo affermare che così come si rischia di volgere la propria attenzione dal razionale all’irrazionale nella vita materiale, esiste un rischio concreto di volgere la propria attenzione spirituale dalla sana dottrina verso una dottrina svuotata dalla potenza della Parola di Dio e simile a favole.
Credo che l’esortazione di Paolo a Timoteo valga oggi più che mai per noi credenti di questo tempo così difficile per la chiesa del Signore. Siamo chiamati tutti quanti a vigilare con la preghiera personale e con la meditazione della Parola di Dio, affinché nessuno di noi e delle anime che il Signore ci affida possa lasciarsi incantare dalle favole spirituali. Paolo raccomanda a Timoteo di insistere in ogni occasione e con tutte le capacità a sua disposizione nell’annuncio di tutto l’Evangelo esercitando la pazienza e sopportando le sofferenze a cui sicuramente tutto questo lo avrebbe esposto.
Vigiliamo in ogni cosa; sebbene non ci sia stato dato di conoscerne il giorno e l’ora, possiamo affermare che il ritorno del Signore Gesù Cristo è certamente oggi più vicino di ieri, e l’unica cosa che deve interessarci sarà sentirci dire in quel giorno:
“[…] Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore.” (Matteo 25:21).
Marco Arata