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I Cristiani e l’Ambiente: Un Approccio Equilibrato

mondo visto dall'alto

 

Tutti abbiamo sentito parlare di Greta Thunberg. L’adolescente svedese che, partita dai suoi scioperi per il clima, ha catturato l’attenzione del mondo. Un vero e proprio fenomeno mediatico che ha raggiunto i suoi coetanei di tutto il mondo grazie ai social, fino ad arrivare a parlare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 

Questo articolo, il primo di una serie sul tema “Cristiani e Ambiente”[1], però, non vuole parlare di Greta. La ragazzina con l’impermeabile giallo è semplicemente uno dei simboli più noti delle preoccupazioni ambientaliste che stanno plasmando le agende politiche e le nostre scelte di consumo.

 

Ma come siamo arrivati a questo punto? Da dove viene l’ambientalismo? Perché c’è tutta questa preoccupazione sulle sorti del pianeta? E cosa dovrebbero fare i cristiani davanti tutto questo?

 

Micro storia dell’ambientalismo

 

Come fenomeno culturale, le preoccupazioni ambientaliste sono una realtà relativamente recente.

 

I primi germi si trovano negli scritti dei poeti romantici del XIX secolo, che richiamano l’attenzione sulla bellezza e l’importanza della natura, in risposta agli stravolgimenti culturali ed ambientali causati dalla Rivoluzione Industriale.

 

Verso la metà del XX secolo, l’inquinamento è sempre più stato al centro dell’attenzione. I grandi disastri ambientali, il buco nell’ozono, l’effetto serra, l’estinzione di varie specie animali, le enormi masse di plastica negli oceani, la desertificazione e il riscaldamento globale hanno aumentato le preoccupazioni ecologiche. Libri, documentari e film hanno reso la questione ambientale sempre più nota al grande pubblico.

 

Tutto ciò ha portato fino ad oggi alla formazione di associazioni, organizzazioni, gruppi di pressione e partiti politici che hanno al centro della loro agenda la questione ambientale: Greenpeace, il WWF, Fridays for Future e i Partiti Verdi sono realtà presenti in molti paesi.

 

Con il Protocollo di Kyoto del 1997, l’Accordo di Parigi del 2015 e il Patto per il clima di Glasgow del 2019 le nazioni si sono impegnate a ridurre l’uso del carbone, a sostenere i Paesi in via di sviluppo e a elaborare piani per ridurre le emissioni di carbonio entro il 2030, con l’obiettivo dichiarato di raggiungere il net zero entro il 2050.

 

Anche nel mondo evangelico sono emerse preoccupazioni sullambiente. Nel 1970 il famoso teologo Francis Schaeffer scrisse Inquinamento e morte dell’uomo, in cui esortava i credenti a prendere sul serio la gestione del creato.

 

Una situazione gravissima

 

Ma questa preoccupazione ha senso? Alcuni fatti e cifre ci possono aiutare a capire meglio lo stato critico in cui versa il nostro pianeta.

 

Il pianeta si sta riscaldando per colpa dell’uomo. Ci sono voluti migliaia di anni perché la temperatura terrestre aumentasse di 0,5°C. Solo negli ultimi 100 anni è aumentata di 1°C.

 

Questo ha portato allo scioglimento delle calotte glaciali e all’innalzamento del livello dei mari. Entro il 2100, si stima che gli oceani del mondo si saranno innalzati di un metro. Questo minaccia di devastare interi paesi come il Bangladesh, dove attualmente 10 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di 1 metro sul livello del mare. Le attuali politiche non sembrano poter risolvere molto il problema[2].

 

La biodiversità sta crollando. L’enorme diversità di esseri viventi sul nostro pianeta crea un ricco ecosistema che consente una vita sostenibile. Secondo il “Global assessment report on biodiversity and ecosystem services” del 2019 circa un milione di specie animali e vegetali sono a rischio estinzione e che dal 1900 a oggi nella maggior parte degli habitat terrestri è diminuita di almeno il 20% l’abbondanza di specie autoctone (ovvero originata ed evoluta nel territorio in cui si trova).

 

La plastica invade i nostri oceani. Ogni minuto di ogni giorno, l’equivalente di un camion di plastica viene scaricato in mare[3]. E se il ritmo attuale continuerà, entro il 2050 ci sarà più plastica nei mari della Terra, in termini di peso, che pesci[4].

 

La deforestazione è sempre più diffusa. Le foreste agiscono come un’enorme polmone per il pianeta, assorbendo grandi quantità di anidride carbonica e convertendola in ossigeno. Tuttavia, ogni anno nel mondo spariscono in media 10 milioni di ettari di foreste, un’area grande quattro volte la Sicilia[5].

 

La qualità del suolo si sta deteriorando. Questo è il risultato di pratiche agricole aggressive, della cementificazione, dell’uso di fertilizzanti tossici e dall’allevamento intensivo. I processi che generano il tipo di suolo di alta qualità necessario per la crescita della vegetazione richiedono secoli, ma il mondo sta consumando quel suolo a una velocità straordinaria[6]. Soltanto in Italia tra il 2013 e il 2015 sono stati consumati 250 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, circa 35 ettari al giorno[7].

 

Un approccio biblico equilibrato

 

Quando si tratta di pensare all’ambiente ci sono due reazioni, uguali e contrarie, da tenere presenti.

 

La prima reazione è il panico. Tutto ciò che è “verde” diventa l’unica cosa che conta. È la reazione che porta le persone a incollarsi agli edifici pubblici, a bloccare le autostrade, ad appendere minacciosi conti alla rovescia alla fine del mondo. Certo, se guardiamo i dati del paragrafo precedente una certa urgenza dovremmo averla, ma qui parliamo di un approccio aggressivo e ansiogeno che evoca un imminente (e quasi inevitabile) tsunami climatico. Ciò porta ad una costante postura di protesta, antagonismo e boicottaggio contro tutto ciò che potrebbe minimamente assomigliare a una minaccia ambientale, spesso accompagnata da una radicalizzazione profonda fatta di estremismi politici, ideologici, filosofici e religiosi.

 

L’altra reazione è la passività. Quando viene sollevata una questione ambientale, ci limitiamo a scuotere le spalle o a roteare gli occhi, e continuiamo a vivere come se niente fosse. Possiamo reagire in questo modo per una serie di motivi. Forse ci siamo stancati del continuo allarmismo e questo ci ha portato all’apatia, allo scetticismo o al disimpegno mentale (un po’ come successo con la pandemia). Forse non ci siamo mai sentiti davvero coinvolti da questi problemi semplicemente perché abbiamo problemi più grandi da affrontare.

 

Meglio cercare un approccio diverso, più equilibrato. Cercheremo di evitare gli estremi del panico e della passività, approfondendo l’argomento da una prospettiva biblica[8].

 

Va detto fin dall’inizio che i cristiani possono e potranno legittimamente essere in disaccordo su diversi aspetti della crisi climatica, su come interpretare le statistiche e sul ruolo che i governi dovrebbero svolgere. Al di là di questi dettagli, il principio di fondo di questi articoli sarà che i cristiani possono (e devono) prendere sul serio l’ambiente.

 

Perché non dobbiamo cedere al panico? A differenza degli atei, noi non crediamo che questo mondo fisico sia tutto ciò che esiste, ma crediamo che Dio ha creato il nostro pianeta, lo possiede e lo governa, e che ha promesso “non colpirò più ogni essere vivente” (Genesi 8:21). Alcuni di noi da piccoli hanno cantato: “Lui tiene il mondo nella Sua man”.

 

Perché non dobbiamo cedere alla passività? Perché Dio ci ha chiamato ad essere amministratori di questo pianeta (Genesi 1:28; 2:15), quindi abbiamo la responsabilità di preoccuparci della deforestazione, dell’inquinamento o del riscaldamento globale.

 

Quando Dio manda il diluvio non si preoccupa soltanto degli esseri umani. Dio comanda a Noè di costruire un’arca adatta ad ospitare non soltanto lui e la sua famiglia, ma anche gli animali che sarebbero dovuti sopravvivere (Genesi 6:11-22).

 

Dio ha a cuore il suo mondo, e noi?

 

Un’opportunità da cogliere

 

Se mostriamo agli altri di non essere minimamente interessati alle sorti del nostro pianeta, ai danni che l’uomo arreca al creato, alla gestione del mondo in cui Dio ci ha posto, la nostra testimonianza sarà danneggiata.

 

Ovviamente la nostra assoluta priorità è sempre evangelizzare e parlare di Gesù, ma così com’è utile interessarci e prepararci su temi etici che riguardano il corpo, le relazioni, la famiglia, la sessualità e l’aborto, allo stesso modo possiamo essere più consapevoli di quella che viene definita etica ambientale da un punto di vista biblico.

 

L’ambiente è un tema di cui si parla continuamente a scuola, all’università, al lavoro e ci offre una grande opportunità per condividere la Parola di Dio con gli altri. E sappiamo che quando iniziamo a parlare della Bibbia, possiamo arrivare a parlare di Gesù.

 

Nei prossimi articoli vedremo meglio come le questioni ambientali si colleghino alla creazione, al peccato, alla redenzione e alla vita eterna.

 

Andrea Botturi

[1] Parte dei contenuti di questi articoli sono tratti e adattati dal libro “The Environment” di Dave Gobbett, sotto gentile concessione dell’autore.

[2] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/fact-checking-i-cambiamenti-climatici-10-grafici-32170?gclid=Cj0KCQjwkOqZBhDNARIsAACsbfK7QWIueWpe-AqvgJkzZVpHVsEIN-3pxfSbLbSWap9EGAbXLGu8sw4aArajEALw_wcB

[3] https://quifinanza.it/green/in-mare-equivalente-camion-di-spazzatura-al-minuto-allarme/324726/

[4]https://www.corriere.it/ambiente/16_gennaio_20/plastica-oceano-peso-maggiore-pesci-2c73cafa-bf71-11e5-953f-faa14dcd94bb.shtml

[5] https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/clima/2021/11/02/ansa-schedaogni-anno-tagliati-10-milioni-ettari-di-foreste_f64756b1-5934-4ab3-9e97-c5e89a7d1969.html

[6] https://www.bbc.com/future/bespoke/follow-the-food/why-soil-is-disappearing-from-farms/

[7] https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici-edizione-2016

[8] L’approccio di questi articoli seguirà uno schema simile a quello proposto nello SvoltaLab “Dalle storie alla Storia”

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