Fede&Scienza

Davvero serve sempre l’esperto?

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Nel concludere E mi sarete testimoni, pubblicato nel 1999, il caro pastore Francesco Toppi, ben noto a buona parte dei nostri lettori, metteva in guardia contro i rischi che si profilavano all’orizzonte del movimento pentecostale italiano all’inizio del nuovo millennio e fra questi citava: l’attivismo, il tecnicismo, l’erudizione e la specializzazione (pagg. 189-194).

 

E’ evidente che con il senno di poi queste raccomandazioni erano quanto mai pertinenti, pensando alle pressioni che riceviamo dalla società in cui siamo immersi così come si è evoluta negli ultimi vent’anni.

 

Persino negli ambiti della ristorazione, dello sport, dell’assistenza, della comunicazione o anche dell’organizzazione dei matrimoni (si pensi alla figura della “wedding planner”), ogni giorno nascono nuove figure professionali e pare che senza uno specifico titolo di studio o credenziali particolari non sia possibile parlare di un generico ambito dell’esperienza umana.

 

Forse il colmo di questa tendenza si è osservato quest’anno quando Ketanji Brown Jackson, membro della Suprema Corte Americana, intervistata pubblicamente da un parlamentare, alla domanda “può definire cosa intende per donna?” ha risposto “non posso, non sono una biologa”, scatenando ondate di meme e battute ironiche sui social media.

 

Anche in ambito lavorativo, facilmente si respinge l’opinione di un collega che potrebbe dare un contributo valido alla risoluzione di un problema o per favorire un miglioramento proficuo per tutti perché si rimbrotta che costui non è l’esperto che lavora in quell’ambito specifico da anni.

 

Il cristiano è chiamato a servire gli altri nella società in cui vive e in particolar modo nella chiesa (Matteo 20:26: chiunque vorrà essere grande tra di voi, sarà vostro servitore; vd. anche Ef. 3:7; 6:21 e tanti altri versetti del Nuovo Testamento); ma è evidente che se ogni volta che si deve spostare una sedia o prendere una decisione, serve l’esperto (vero o presunto) di quell’ambito specifico, il rischio è di inibire la buona volontà, il desiderio di servizio, lo slancio, l’entusiasmo e in definitiva proprio i sentimenti di amore cristiano che sono intenzionati a fare il bene per gli altri.

 

Questo vale a maggior ragione se cerchiamo di avere una conversazione evangelistica con qualcuno che conosciamo e che ci sposta su un terreno su cui non siamo competenti.

 

E’ possibile trovare un equilibrio?

 

Sì, anche se effettivamente non significa che automaticamente sia facile. Ma possiamo immaginare come il nostro stesso Maestro si sia trovato in difficoltà e sia stato attaccato proprio perché parlava con autorità pur non avendo il titolo di “dottore della legge”, non rientrando in quella specifica élite (Luca 5:17; 7:30; 11:45, 46; 14:3).

 

Ma anche l’apostolo Paolo era criticato dai Corinzi per la stessa ragione, seppure questa volta il metro di paragone era soprattutto quello della cultura ed eloquenza greca (2 Cor.11:6), mentre Paolo aveva studiato in quella che era un’università ebraica di allora (Atti 22:3).

 

Non sempre l’esperienza specifica o la competenza specialistica è necessaria per poter dare un buon consiglio: si pensi per esempio ai consigli in ambito coniugale, anche molto specifici (1 Cor. 7:1-9), che l’apostolo Paolo fornisce pur non essendo sposato (un “single” che dà consigli alle coppie, diremmo oggi).

 

Molti consigli biblici a volte lambiscono o toccano la psicologia (p.e. Prov.15:15) e non è necessaria una laurea in psicologia per citarli.

 

Nello specifico, in psicologia ci sono anche questioni controverse ma rilevanti in questo contesto: per esempio si discute tuttora quanto sia vero il cosiddetto “effetto Dodo” che afferma che a prescindere dall’applicazione di un tecnica psicoterapeutica o un’altra, per il paziente avere qualcuno che lo ascolti porta in ogni caso più o meno lo stesso beneficio psicologico.

 

Probabilmente per alcuni soggetti questo è vero, in altri casi no. Ma avere gentilezza e sensibilità, capacità di ascolto ed empatia (così come richiesto dalle Scritture, vd. Gal. 5:22) darà sempre un contributo positivo, anche quando arriva da un non addetto ai lavori.

 

D’altra parte, è giusto ricordare che ci sono delle applicazioni in cui l’inesperto che non ha le competenze, i riconoscimenti e le credenziali necessari non dovrebbe avventurarsi, e vale la pena fare esempi chiari per questo periodo: per esempio, prescrivere dei farmaci spetta ai medici e terapie casalinghe (per esempio per curarsi dal covid) sono assolutamente poco raccomandabili e da evitare. Di sicuro la fede cristiana non ci ha reso esperti di medicina così che possiamo sostituirci ai medici o agli infermieri!

 

Gesù ha detto: “…rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». In quella stessa ora, Gesù, mosso dallo Spirito Santo, esultò e disse: «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli! Sì, Padre, perché così ti è piaciuto! Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio; e nessuno sa chi è il Figlio, se non il Padre; né chi è il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo».“  (Luca 10:20b-22)

 

A quali “cose” fa riferimento il versetto 21? Evidentemente a realtà spirituali! Il Signore non ci ha rivelato i segreti dell’economia o della politica mondiali, della chimica quantistica e neppure della medicina. Di queste cose, accettiamo la complessità e riconosciamo che c’è sempre chi le ha studiate più di noi.

 

D’altra parte, il famoso predicatore evangelico Francis Schaeffer, che affrontò spesso problematiche di contenuto culturale nell’arco del suo ministerio, poneva l’attenzione su come più si vada avanti più la cultura accademica si frattura e parcellizza in diverse discipline sempre più segregate e distanti fra loro: un tempo, nell’antica Grecia, culla della cultura occidentale (che nel piano di Dio ha avuto un ruolo in ogni caso importante, visto che tutto il Nuovo Testamento è scritto in greco e non in ebraico) c’erano i filosofi che erano intesi come figure amanti del sapere in generale, a tutto tondo (è il significato della parola filosofia; compaiono anche nella Bibbia, in Atti 17:18). Oggi invece: guai se un sociologo si esprime in materia di psicologia, o un fisico in materia di epidemiologia (persino il Premio Nobel Parisi è stato attaccato recentemente in tv perché proponeva modelli matematici per prevedere l’andamento dell’epidemia).

 

Schaeffer riteneva che di fondo ci fosse un problema legato all’incapacità e la rinuncia da parte degli occidentali di afferrare la verità (un tema dominante della filosofia degli ultimi decenni), per cui alla fine ciascuna disciplina scientifica erge delle mura intorno a sè, imposta le proprie “regole del gioco” e l’esperto è tenuto soltanto a impararle, utilizzarle rigorosamente e non spaziare in altri ambiti. Una metafora utilizzata spesso in ambienti vicini a quelli di Schaeffer è quella di grandi lastre di ghiaccio che si sono distaccate nel tempo dalla terra ferma e vagano sulla superficie di un pericolosissimo lago profondo e non più ghiacciato, senza che i pattinatori si siano accorti del pericolo mentre continuano a pattinarvi ignari.

 

Per indicare per esempio il distacco che la fisica ha sviluppato dalla filosofia nel corso del 1900, e pertanto la riduzione della fisica a disciplina incentrata sul calcolo matematico, si cita spesso la frase attribuita al premio Nobel Feynman per sintetizzare il suo posizionamento a tal proposito: “zitto e calcola!”.

 

Come cristiani, noi abbiamo accesso alla Verità con la V maiuscola (1 Giov. 4:6) e come cristiani possiamo e dobbiamo spaziare a volte persino in ambiti come la vita dopo la morte o lo stato dell’anima umana, che per quanto più grandi di noi, ci sono stati svelati per consentirci di conoscere e annunciare agli altri l’Evangelo. Abbiamo delle solide basi per poterci spingere a volte al di là della nostra conoscenza umana diretta, come abbiamo visto faceva per esempio l’apostolo Paolo, ma anche Pietro o Giacomo nelle loro epistole, soprattutto quando parliamo di tematiche puramente spirituali.

 

Ma allora gli esperti? Che ne facciamo?

 

Probabilmente il consiglio più importante che possiamo dare è: ascoltare gli esperti. Non tutti siamo chiamati ad essere un esperto in qualche ambito e se anche lo fossimo o lo saremo, ci saranno sempre cento altri ambiti in cui non saremo mai degli esperti. Ma nulla ci impedisce di ascoltare e, se non sono in contrasto con l’Evangelo, recepire le loro indicazioni.

 

Ogni uomo sia pronto ad ascoltare e lento a parlare” afferma chiaramente la Bibbia, in Giacomo 1:19.

 

E questo, lo ribadiamo, è il consiglio più importante.

 

Per esempio, sono gli esperti di medicina che hanno raccomandato l’utilizzo delle mascherine contro il virus del covid e non ascoltarli (anche prima che divenisse legge) sarebbe stato sciocco.

 

Allo stesso modo, se gli esperti di una certa disciplina affermano qualcosa di assolutamente antibiblico (per esempio che l’universo non abbia avuto bisogno della creazione divina), noi siamo comunque tenuti ad ascoltare e comprendere nei limiti del possibile i loro ragionamenti (si veda a tal proposito https://www.svoltaonline.it/parlare-di-gesu-a-un-ateo-si-puo-fare/). Soltanto lo stolto “risponde prima di avere ascoltato, mostra la sua follia, e rimane confuso.” (Prov. 18:13). Ascoltare ci semplificherà l’obiettivo di cogliere nel segno con i nostri ragionamenti e le nostre parole, sia quando dobbiamo rispondere agli esperti su qualche punto, sia quando dovremo attenerci scrupolosamente, per esempio per aiutare chi ha malattie specifiche e delicate (si pensi a questioni di neurologia)

 

Non possiamo soppiantare il ruolo degli esperti e non possiamo cedere la nostra funzione di cristiani agli esperti: la Bibbia non potrà mai essere rimpiazzata nella sua funzione illuminante e vivificatrice dalla conoscenza umana, ma d’altra parte nel disegno divino la Sacra Scrittura non ha intenzione di rimpiazzare i testi universitari di psichiatria, diritto giuridico, matematica o botanica.

 

In fin dei conti, molto spesso non è neppure troppo difficile trovare quell’equilibrio richiesto.

 

Sicuramente lo studio e la meditazione della Bibbia, la Parola di Dio, sarà il solido fondamento, il perno su cui poter fondare l’ascolto e la riflessione, con il giusto discernimento, nei confronti di qualsiasi disciplina umana:

97 Oh, quanto amo la tua legge! È la mia meditazione di tutto il giorno.
98 I tuoi comandamenti mi rendono più saggio dei miei nemici; perché sono sempre con me.
99 Ho più conoscenza di tutti i miei maestri, perché le tue testimonianze sono la mia meditazione.
100 Ho più saggezza dei vecchi, perché ho osservato i tuoi precetti

(Salmo 119)

Francesco Cataldo

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