Nel 2009, per le vie di Genova, fra mille polemiche circolava il cosiddetto ‘ateobus’, sulla cui carrozzeria era impresso lo slogan coniato dall’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti): «La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno».
Nel provocatorio messaggio sembra di cogliere l’annuncio di una presunta ‘buona notizia’ opposta a quella proclamata da Gesù (cfr. Isaia 61:1 e Luca 4:16-21): per gli atei, in sostanza, lo smarrimento provocato nell’uomo dalla scoperta dell’inesistenza di Dio sarebbe facilmente eliminabile grazie alla consapevolezza, da parte dell’individuo, di poter fare a meno di Dio e dell’idea stessa della sua esistenza. «10 milioni di italiani vivono bene senza D.», recitava la didascalia di un manifesto divulgato dalla stessa UAAR nel 2013; al di sopra della didascalia, su un vistoso sfondo giallo spiccava la scritta «Dio», con la lettera iniziale cancellata o, meglio, ‘tagliata’ con una crocetta. Al posto di Dio, dunque, assumerebbe rilievo l’io, l’uomo con la sua libertà di determinare pienamente la propria vita, senza le catene imposte da una qualunque forma di scrupolo religioso.
Non possiamo stabilire con sicurezza la percentuale effettiva degli atei e degli agnostici nel nostro Paese: l’UAAR, come abbiamo visto, li quantifica in ben 10 milioni, mentre secondo altre statistiche il loro numero si aggirerebbe intorno ai 3,5 milioni. Un fatto, tuttavia, è certo: la diffusione del pensiero ateo risulta senz’altro significativa in termini quantitativi, se si considera ad esempio che i musulmani in Italia sono circa 1,2 milioni e i testimoni di Geova non superano la soglia dei 248000.
Non possiamo, dunque, sottovalutare la portata del fenomeno e, soprattutto, non possiamo rinunciare alla sfida di parlare di Gesù anche a chi si dichiara ateo, perché Gesù stesso ci ha ordinato di predicare il Vangelo a ogni creatura (Marco 16:15), atei e agnostici compresi! È innegabile che si tratta di una sfida tutt’altro che semplice, e vorremmo, perciò, riflettere un po’ su alcuni aspetti da tenere ben presenti quando abbiamo l’occasione di evangelizzare un ateo.
Prima, però, riteniamo opportuno fare una piccola premessa, forse abbastanza ovvia: per presentare con efficacia Gesù a un ateo, è importante che tu sia un credente veramente convertito, vale a dire un credente che ha scelto volontariamente di appartenere a Cristo, e non soltanto un buon religioso che quasi per inerzia o per una tradizione di famiglia siede tra i banchi di una chiesa.
Ricordiamo, a questo proposito, che una recente campagna dell’UAAR ha fatto leva sullo slogan «Posso scegliere da grande?» accostato all’immagine di una bambina poco più che neonata, per la quale si reclama il diritto di non subire condizionamenti ideologici e religiosi nell’infanzia e di poter decidere liberamente in materia di fede nell’età adulta.
Se ti confronti con un ateo, dunque, è essenziale che tu possa fare riferimento alla tua personale esperienza di fede fondata sulla Parola di Dio (1 Giovanni 5:10), alla tua scelta consapevole e ponderata (Atti 16:31), che ha prodotto in te una calma e umile certezza (Ebrei 10:22), piuttosto che a un sistema di regole religiose assorbite passivamente e senza una reale convinzione.
Immaginiamo adesso il dialogo con un ateo come una partita. E, come alla vigilia di ogni partita che si rispetti, poniamoci anzitutto una fondamentale domanda: con chi ci stiamo confrontando? In altre parole, sforziamoci di conoscere l’interlocutore! Se quest’ultimo è un ateo razionalista, può darsi che il suo pensiero non si discosti di molto da quello di L. Graham: «Nessun Dio ha mai creato il mondo […]. Non ci sono mai stati un primo uomo di nome Adamo o una donna di nome Eva. Essi non hanno commesso nessun peccato e noi non siamo condannati per causa loro. Essi non hanno perso la grazia e, pertanto, noi non abbiamo bisogno di redenzione».
Un ateo razionalista non è disposto a dare credito ad affermazioni che non gli appaiano dimostrabili in modo evidente sul piano logico e razionale. Mette in dubbio, dunque, che dietro la creazione si debba scorgere l’opera di un Creatore al quale i nostri progenitori hanno disubbidito, e per tale via nega la realtà del peccato e la necessità della salvezza. Come possiamo muoverci, allora, durante la nostra partita con lui? Proviamo a pensare che il nostro incontro preveda un girone di andata, nel quale giocheremo ‘in casa’, e uno di ritorno, in cui saremo ‘in trasferta’…
‘In casa’ ci tornerà utile tenere a mente l’esortazione di Proverbi 26:4, «non rispondere allo stolto secondo la sua follia, perché tu non gli debba somigliare». Chiariamo che non vogliamo in alcun modo urtare la sensibilità di nessuno, ma ci atteniamo semplicemente alla Bibbia, che senza giri di parole ci rivela che siamo stolti quando neghiamo l’esistenza di Dio (Salmo 14:1; Salmo 53:1): eravamo anche noi degli stolti quando non riconoscevamo la presenza di Dio e il Suo amore per noi, e da stolti ci comporteremmo nel caso in cui vivessimo come se Lui non esistesse.
Cercheremo, perciò, anzitutto di non rispondere al nostro interlocutore sul terreno della ‘follia’, intesa nel senso che abbiamo spiegato, ma non ci priveremo affatto della possibilità di replicare su un terreno che riteniamo ben più solido: quello dell’esperienza! Sottoponiamo, dunque, alla tua attenzione alcuni consigli pratici:
È tempo ora di scaldare i muscoli per il girone di ritorno. Stavolta il versetto da cui prendiamo le mosse è Proverbi 26:5, «rispondi allo stolto secondo la sua follia, perché non abbia ad apparire saggio ai propri occhi».
Anche se di primo acchito questo testo sembrerebbe in contraddizione con Proverbi 26:4 – il versetto con cui abbiamo dato inizio al girone di andata –, in realtà i due proverbi si integrano e si completano, come le due facce di una stessa medaglia: nel confronto con un ateo, infatti, in alcuni momenti è vantaggioso spostare l’attenzione dalla ‘follia’ dell’incredulità alla concretezza dell’esperienza cristiana, mentre in altri vale la pena utilizzare le stesse armi del nostro interlocutore – e, fra queste, anzitutto il richiamo alla razionalità – per dimostrare che:
Che tu stia giocando ‘in casa’ o ‘in trasferta’, comunque, non dimenticare di adottare alcuni semplici ma fondamentali accorgimenti:
Se il tema dell’evangelizzazione degli atei ti sta particolarmente a cuore, sul nostro sito puoi trovare diversi materiali utili, fra cui i post relativi a questioni come l’esistenza storica e l’opera di Gesù o l’interpretazione della Bibbia.
In particolare, ti raccomandiamo di studiare con attenzione questi tre post: qui, qui e qui.
Ti salutiamo con un ultimo spunto di riflessione: hai mai pensato che la tua riunione dei giovani potrebbe diventare una fruttuosa occasione per evangelizzare gli atei? Insieme al tuo responsabile dei giovani e agli altri membri del tuo gruppo giovanile, prega affinché il Signore vi doni la sapienza, il tatto e l’amore necessari per accogliere, in un clima di serenità e dialogo, anche quanti non credono in Dio.
ChiediGli di provvederti delle occasioni per invitare alle riunioni i tuoi compagni o colleghi atei e per parlare di Lui con semplicità ed efficacia. Ricorda che Dio vuole salvare anche loro (1 Timoteo 2:3-4) e poi… metti in azione la tua fede!
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