Sono difficili da contare tutte le volte in cui Gesù è stato rappresentato (o citato) sullo schermo cinematografico e televisivo. Non è una cosa sorprendente, dato che Gesù è la persona più importante mai esistita.
Oggi abbiamo la maggiore possibilità di accedere a ogni tipo di video: da Netflix a Youtube, dai Reel di Instagram a TikTok. Se siamo cristiani che cercano contenuti cristiani, gli algoritmi di queste piattaforme prima o poi ci proporranno contenuti che riguardano Gesù.
Ma come possiamo approcciare questi contenuti? Non parliamo di quelli di satira o di critica, ma soprattutto di quelli che pretendono di raccontare Gesù in maniera accurata e fedele.
Il “Gesù dello schermo”: sempre limitato e parziale
Nella cinematografia, lo sguardo dello spettatore è limitato alla “cornice” (il frame) dove si svolge la scena.
Ma cosa succede quando è Gesù ad essere in quel frame? Che quello che vediamo è un Gesù con dei limiti, che sono dettati prima di tutto dal mezzo stesso. Ogni scelta di regia, di inquadratura, di messa in scena, di montaggio, include qualcosa e ne esclude altre.
Proprio per questo il Gesù ritratto, citato e descritto su schermo non sarà mai vero, ma al massimo verosimile[1]. Lo chiameremo il “Gesù dello schermo”, per differenziarLo dal vero Gesù, quello descritto nella Bibbia.
Il primo motivo è tecnico/artistico. Il Gesù che degli artisti (registi, sceneggiatori, costumisti, truccatori e attori) ritrarranno o citeranno nella loro opera sarà un’interpretazione parziale e limitata dettata dalle loro scelte soggettive. Il mezzo cinematografico, seppure ci coinvolga di più a livello sensoriale ed emotivo, è inevitabilmente parziale e soggetto ad errori nella sua rappresentazione di fatti ed eventi, soprattutto se reali (per questo nelle locandine spesso si legge “ispirato a fatti realmente accaduti”).
Il secondo motivo è teologico/spirituale. Lo schermo non è il mezzo scelto da Dio per rivelarsi all’umanità. Se sei un cristiano, sai che soltanto la Bibbia è ispirata, completa e sufficiente per conoscere e credere in ciò che Dio ci ha rivelato (2 Timoteo 3:16, 17), compresa la vita, gli insegnamenti, i miracoli, la morte e la risurrezione di Gesù.
Sebbene alcuni cineasti abbiano affermato di aver ricevuto una chiamata da parte di Dio e di aver elaborato la propria opera per ritrarre Gesù nella Sua autenticità, è un’impresa tecnicamente e teologicamente impossibile.
Quando abbiamo davanti un particolare “Gesù dello schermo” può essere utile chiederci: “Cosa è stato tolto rispetto alla Bibbia? Perché?”
Una grande responsabilità: aggiungere parole e azioni di Gesù
Ritrarre Gesù su schermo non comporta soltanto problemi di sottrazione, ma anche di addizione. Le esigenze narrative proprie del linguaggio cinematografico, e dell’interpretazione artistica, spesso portano ad aggiungere fatti, parole e azioni.
Quando si parla di Gesù, e quindi della Bibbia, si tratta però di un’operazione rischiosa, come leggiamo in uno degli ultimi versetti dell’Apocalisse:
“Io lo dichiaro a ognuno che ode le parole della profezia di questo libro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali le piaghe descritte in questo libro.” (Apocalisse 22:18)
Già nei primi anni della Chiesa i vangeli apocrifi hanno spesso aggiunto episodi e dichiarazioni che però non potevano essere attribuiti al Signore, e, per questo, sono stati giustamente esclusi dal canone delle Scritture. Spesso questi “vangeli” erano usati per diffondere false dottrine, come lo gnosticismo.
Si potrebbe obiettare facilmente che un film su Gesù non è la Bibbia, né pretende di esserlo! Certo, ma l’arte figurativa, le narrazioni, i film e i libri hanno sempre e comunque un impatto sull’idea che ci si fa di Gesù. Ad esempio, nel film “La Passione di Cristo”, il regista Mel Gibson ha mostrato particolari sanguinosi e brutali dell’esecuzione di Gesù per stimolare al massimo la reazione emotiva dello spettatore, particolari che non sono stati così enfatizzati nel testo dei Vangeli.
In un recente trailer della serie tv “The Chosen” si vede Gesù che, rispondendo a dei religiosi che minacciano di giudicarlo secondo la legge di Mosè, afferma: “Io sono la legge di Mosè”. Una risposta a effetto, dal forte valore simbolico, tipicamente cinematografica. Nel contesto biblico, però, queste parole non esistono e rischiano di produrre un po’ di confusione. In tutto il Nuovo Testamento si chiarisce come Cristo non sia la legge, sebbene essa fosse stata data da Dio, ma Lui sia superiore alla legge, che da sola è incapace di salvare (Giovanni 1:17; Romani 8:2; Galati 3; Filippesi 3:9).
Seppure fatte in buona fede, sono opere che, andando “oltre ciò che è scritto” (1 Corinzi 4:6) si prendono una grande responsabilità: collegare determinate parole e azioni alla persona di Gesù.
Sono cose che non possiamo prendere alla leggera e dobbiamo maneggiare con cura, soprattutto se si vuole rimanere il più vicino possibile al Gesù autentico, quello della Bibbia.
Quando abbiamo davanti un particolare “Gesù dello schermo” può essere utile chiederci: “Cosa è stato aggiunto rispetto alla Bibbia? Perché?”
Fuori dallo schermo: l’impatto della produzione e della distribuzione
Ciò che si vede sullo schermo è il risultato di un complesso meccanismo di produzione: negli studi cinematografici in cui avvengono le riprese, negli uffici degli sceneggiatori, dei registi, dei montatori e di chi finanzia e distribuisce l’opera.
Ci sono produttori, sceneggiatori e consulenti che affiancano il regista, gli attori e la troupe nelle riprese, costruendo il film nei minimi dettagli.
Non finisce qui, c’è anche la distribuzione. Come il film viene pubblicizzato e diffuso, quale tipo di pubblico viene scelto e quali strategie di promozione vengono attuate.
Tutti questi aspetti sono importanti, perché aggiungono un ulteriore livello di senso e significato al contenuto. Abili campagne di marketing possono modificare profondamente il nostro atteggiamento verso una produzione video, anche una che riguarda Gesù.
Sapere chi è coinvolto e quali strategie vengono adottate nelle varie fasi di produzione e distribuzione ci può far capire tante cose.
Quando abbiamo davanti un particolare “Gesù dello schermo” può essere utile chiederci: “Chi ha lasciato la sua impronta nel creare quella specifica rappresentazione di Gesù? In che modo?”
Come guardare i “Gesù dello Schermo”?
Ma perché farsi così tanti scrupoli sui vari “Gesù dello schermo”?
Non è una buona notizia che esistano produzioni video che vogliono presentare bene Gesù?
Ovviamente sì.
Però, a rischio di risultare ripetitivi, se parliamo di Gesù non possiamo prendere nulla sottogamba. Cosa vediamo, ascoltiamo, diciamo e pensiamo su Gesù ha una grande importanza, anche nei dettagli. Pensiamo, ad esempio, all’impatto che l’iconografia religiosa ha avuto sulla creazione di un certo stereotipo di Gesù.
Con Gesù non possiamo usare il ragionamento “il fine giustifica i mezzi”, né trattare con un occhio di favore (o considerare buona a prescindere) una rappresentazione di Gesù soltanto perché viene etichettata come “cristiana” o perfino “evangelica”. Ma proprio perché riguarda il nostro Signore e Salvatore, la dobbiamo analizzare in maniera ancora più approfondita.
Esaminiamo i “Gesù dello Schermo” alla luce della Bibbia, usando il famoso “metodo bereano” (Atti 17:11). Identificando i pro e i contro di ogni contenuto che riguarda Gesù, esercitando il giusto discernimento (1 Tessalonicesi 5:21).
Spesso gli stessi film, video e serie tv su Gesù includono un avviso di pochi secondi che invita a leggere i Vangeli, ma allo stesso tempo possono diventare facilmente dei “sostituti” della predicazione, della testimonianza personale e dello studio della Parola di Dio. Sono mezzi che sembrano più immediati, coinvolgenti, attuali ed efficaci eppure non sono il metodo con cui Dio ha chiamato la Chiesa ad evangelizzare il mondo (Marco 16:15-18).
Alla fine del 2003 negli Stati Uniti fu annunciato che “La passione di Cristo” di Mel Gibson avrebbe cambiato il mondo. L’uscita del film fu definita “la migliore opportunità di evangelizzazione degli ultimi 2000 anni”. Famosi pastori avevano previsto che l’uscita del film avrebbe provocato “uno tsunami spirituale”. Il film incassò oltre 600 milioni di dollari nel mondo, ma non ci fu alcun tsunami.
Non c’è dubbio che produzioni video cristiane di buona qualità possano stimolare momenti di dialogo e creare degli spazi di “pre-evangelizzazione”[2], ma la vera evangelizzazione avverrà quando il “Gesù dello schermo” cederà il passo al “Gesù della Bibbia”, quando dall’imitazione, per quanto buona, si passerà all’originale.
Andrea Botturi
Per approfondire
- Vuoi avere una panoramica biblica completa su Gesù? Leggi “Cristo in Tutte le Scritture”.
- Vuoi fare un regalo per far scoprire il “Gesù della Bibbia”? “Il Vero Gesù” è un libricino semplice, diretto e ideale.
- Vuoi nuovi spunti per parlare di Gesù ad amici atei, spirituali ma non religiosi o cristiani nominali? Allora “Gesù Oggi” può essere uno strumento prezioso.
[1] verosìmile (o verisìmile) agg. [dal lat. verisimĭlis, cioè veri simĭlis «simile al vero»]. – Che ha l’aspetto, l’apparenza della verità, e perciò potrebbe anche essere vero, o ritenuto tale e accettato per tale. (definizione dal dizionario Treccani)
[2] Per pre-evangelizzazione si intendono le azioni e i discorsi che favoriscono l’annuncio dell’Evangelo. Invitare a cena un amico ateo con cui vogliamo confrontarci con la giusta calma, spiegare la validità storica dei Vangeli a un compagno di scuola/università, porgere un volantino per attaccare bottone con uno sconosciuto in piazza.