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L’Ultimo Capo dei Capi: una Storia che Parla Anche di Noi

matteo messina denaro

 

La giornata del 16 gennaio 2023 rimarrà scolpita per sempre nella nostra storia. Dopo ben trent’anni di lavoro investigativo che ha coinvolto centinaia di persone, un imponente blitz delle forze dell’ordine ha posto fine alla latitanza del noto boss mafioso Matteo Messina Denaro, ritenuto uno dei cinque ricercati di massima pericolosità per il nostro paese, e responsabile delle stragi tra il 1992 e il 1993 oltre a decine di efferati omicidi, tra cui quello tristemente noto del piccolo Giuseppe Di Matteo, ucciso e poi sciolto nell’acido ad appena 12 anni.

 

L’immagine più bella

 

Una delle immagini di questa giornata che di certo rimarrà impressa nella mia mente, è costituita dai tanti cittadini che hanno assistito all’arresto e che, una volta presa consapevolezza di quanto stesse accadendo intorno a loro, si sono complimentati con gli agenti applaudendoli e incoraggiandoli nel portare avanti il loro lavoro.

 

Un segnale forte e incoraggiante per tutti coloro che sono impegnati a tutti i livelli nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata, che per troppo tempo nel passato è stata favorita dall’omertà delle persone assoggettate alla paura e al silenzio imposto dalla mentalità mafiosa.

 

Ognuno di noi può e deve contrastare la mentalità mafiosa ogni giorno, rispettando le autorità e ripudiando tutti quegli atteggiamenti e compromessi che portano a cercare esclusivamente il proprio interesse a dispetto di quello del prossimo.

 

Desidero, a tal proposito, citare uno stralcio tratto dall’ultimo commovente discorso del giudice Paolo Borsellino il 20 giugno 1992, in ricordo dell’amico e collega Falcone:

[…] Ricordo la felicità di Falcone, e di tutti quelli che lo affiancavamo, quando, in un breve periodo di entusiasmo conseguente ai dirompenti successi originati dalle dichiarazioni di Buscetta, egli mi disse: “La gente fa il tifo per noi”. […] Sono morti tutti per noi, e abbiamo un grosso debito verso di loro e questo debito dobbiamo pagarlo, gioiosamente, continuando la loro opera: facendo il nostro dovere, rispettando le leggi, anche quelle che ci impongono sacrifici. Rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che possiamo trarne (anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro), collaborando con la giustizia, testimoniando i valori in cui crediamo, anche nelle aule di giustizia, accettando in pieno queste gravose e bellissime verità: dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo!                                 

                                                                                         

Una vita in fuga

 

Matteo Messina Denaro era latitante dall’estate del 1993, quando annunciò l’inizio della sua nuova vita da fuggiasco dopo le stragi di Roma, Milano e Firenze. Proprio in questi giorni ricorrono i trent’anni di un altro arresto eccellente, il 15 gennaio del 1993 veniva assicurato alla giustizia il boss Totò Riina dopo ben ventitre anni di latitanza, e più recentemente, l’11 aprile del 2006, terminava la sua fuga Bernardo Provenzano, sfuggito all’arresto per ben trentotto anni.

 

Trascorrere venti, trenta, quaranta anni della propria vita nascondendosi deve essere qualcosa di tremendo. Ma questa è una delle conseguenze del peccato sin dal primo commesso nella storia dell’umanità:

Dio il Signore chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?» Egli rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto» Genesi 3:9-10

 

Provare a fuggire dalle conseguenze dei propri errori e dalle proprie responsabilità è la reazione istintiva della natura umana, ma qualora in qualche caso si possa anche riuscire a eludere il giudizio e la relativa pena terrena, di certo nessun essere umano nella storia potrà mai sottrarsi al giusto giudizio del tribunale di Dio.

 

E tu che stai leggendo, nel tuo piccolo, sei “in fuga” da qualcosa?

 

Un Uomo a Giudizio

 

Tra qualche giorno il boss di Castelvetrano comparirà in udienza a Caltanissetta per il processo a suo carico, e al termine dello stesso sarà chiamato a scontare la pena per i reati a lui ascritti. Su di lui pende già la condanna all’ergastolo per le stragi di Capaci e Via d’Amelio.

 

Grazie a Dio, tutti quanti noi siamo ben lontani da queste realtà e la nostra fedina penale non è mai stata macchiata da alcun reato di tale gravità ma, sebbene possa sembrare incomprensibile alla mente umana, tutti noi prima di conoscere il Signore non eravamo molto diversi da quest’uomo e avevamo bisogno del Signore esattamente come lui. Certo c’è una bella differenza tra un pluriassassino e un onesto lavoratore, tra un capomafia e un bravo cittadino, ma non bisogna dimenticare che la Bibbia afferma che:

“tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” Romani 3:23

 

La nostra limitata natura umana ci porta a considerare alcuni peccati più pesanti di altri, ma davanti a Dio, per quanto ci possa venire difficile da accettare e metabolizzare, un boss della mafia ha bisogno di pentirsi e di essere salvato esattamente allo stesso modo di come ne avevamo bisogno io e te prima di accettare Gesù Cristo come personale salvatore, o come ne abbiamo bisogno ancora oggi tutte le volte che veniamo meno a motivo del peccato che continua a corrompere in mille modi la nostra fragile natura umana.

 

La maturità spirituale dell’apostolo Paolo lo porterà infatti ad affermare nel 64 d.C.:

“Certa è quest’affermazione e degna di essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo.” 1° Timoteo 1:15

 

Quanta umiltà e saggezza emergono da queste parole dell’apostolo, che lo rendono consapevole di non essere differente, per quanto riguarda il bisogno di salvezza e perdono dei propri peccati, dal più efferato dei criminali.

 

Sono sempre stato convinto che il “successo” del ministero evangelistico dell’apostolo Paolo sia proprio consistito nella sua profonda e reale consapevolezza di ritenersi allo stesso livello di ogni peccatore, e che proprio tale consapevolezza, lo abbia reso capace di accogliere chiunque altro gli si presentasse davanti considerandolo soltanto come un’anima bisognosa del meraviglioso messaggio di salvezza di Gesù Cristo.

 

La salvezza è per tutti

 

Chi ha conosciuto Gesù Cristo, e lo ha accettato come Salvatore, è consapevole che ci può essere salvezza anche per il più efferato criminale a seguito di una reale e sincera presa di coscienza del proprio peccato.

 

Quasi certamente quest’uomo trascorrerà il resto dei suoi giorni in un carcere di massima sicurezza in regime di 41-bis, ma la nostra speranza è che in questo tempo possa riflettere su quanta sofferenza abbiano causato le sue malefatte, e che possa andare sinceramente ai piedi del Signore Gesù e riconoscere che quel sangue sparso oltre duemila anni fa sulla croce aveva come scopo anche la sua personale salvezza.

 

Difficilmente un uomo sarebbe in grado di perdonare colpe tanto gravi, ma Gesù è venuto sulla terra anche per salvare quest’uomo se, pentendosi del suo terribile passato, lo accetterà con tutto il suo cuore.

 

Ma Gesù, avendoli uditi, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Ora andate e imparate che cosa significhi: “Voglio misericordia e non sacrificio”; poiché io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori». Matteo 9:12-13

Marco Arata

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