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Le Stragi di Mafia: Trent’anni Dopo

 

Memoria incancellabile

 

Ricordo perfettamente quelle due giornate del 1992.

 

Il 23 maggio avevo poco meno di dieci anni e, dopo avere finito di svolgere i miei compiti scolastici, giravo con la bicicletta nei vialetti sotto casa con mio nonno; alle 17 mia nonna si affacciò dalla finestra e incredula ci disse che “avevano ammazzato il giudice Falcone”. Salimmo subito a casa per ascoltare la notizia al telegiornale, e le immagini dell’autostrada dilaniata all’altezza dello svincolo di Capaci si scolpirono quella sera nella nostra mente per sempre.

 

Il 19 luglio invece era domenica, mi trovavo con la mia famiglia nel balcone di casa a godere di un pò di fresco pomeridiano e, tutto d’un tratto, abbiamo avvertito un improvviso boato, e visto una colonna di fumo nero alzarsi nella direzione del mare; capimmo che era successo qualcosa, ma l’idea non andò subito a un attentato, pensavamo all’ipotesi di una esplosione in qualche magazzino.

 

Di lì a poco, anche quella tragica pagina di cronaca nera sarebbe stata battuta da tutte le agenzie e avrebbe prepotentemente occupato tutte le edizioni dei telegiornali. Il giudice Borsellino abitava a pochi metri da casa nostra, e nel giorno del funerale, celebrato nella chiesa di fronte casa, ricordo l’enorme spiegamento di forze dell’ordine nel quartiere con addirittura dei tiratori scelti disposti sui tetti dei palazzi limitrofi a presidiare la zona.

 

Purtroppo però l’irreparabile era già avvenuto, e nessuno era stato capace di proteggere quegli uomini e quelle donne (non dimentichiamo, oltre ai nomi più noti, i componenti delle scorte che persero la vita in quelle due giornate), nemmeno quello Stato che hanno servito fino alla morte per proteggerne i principi di legalità.

 

Chi vive a Palermo sa che quasi ad ogni angolo di strada si trova una lapide apposta in ricordo di qualche caduto per mano mafiosa. Tra gli anni ‘80 e i primi anni ‘90 le strade di Palermo (e in generale della Sicilia) spesso si macchiarono del sangue di uomini e donne: magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell’ordine, etc… che ebbero come unica colpa quella di essere un intralcio per gli affari criminali di “Cosa Nostra”, il nome proprio della mafia siciliana.

 

Chi, come me, ha vissuto quegli anni con gli occhi di un preadolescente, anno dopo anno si è trovato coinvolto in iniziative scolastiche e manifestazioni in cui si riaffermavano, in memoria di questi uomini e donne che si sono sacrificati per salvaguardare la libertà di tutti, i principi della legalità, dell’onestà e della democrazia. Ho sempre partecipato con commozione a questo tipo di iniziative, ma ritengo che fino a quando non ci si impegna personalmente nella volontà di cambiare le cose, la ferita rimane aperta.

 

Fa male considerare come a trent’anni di distanza, non tutta la verità sulle stragi sia ancora venuta a galla, e non tutti i mandanti e gli esecutori siano stati assicurati alla giustizia; credo che questo sarebbe il minimo dovuto in primis ai familiari delle vittime, che hanno visto distrutte in pochi minuti le proprie famiglie, ma anche a tutti i cittadini onesti che credono nei valori per la difesa dei quali questi eroi hanno perso la vita.

 

Chissà quali segreti doveva contenere la famosa “agenda rossa”, fatta sparire immediatamente dal teatro della strage di Via D’Amelio del 19 luglio, in cui il giudice Paolo Borsellino era solito annotare gli appunti più significativi delle sue indagini più importanti. L’agenda rossa è diventato un simbolo di chi continua a lottare per la ricerca delle verità sulle stragi, ma da credenti conosciamo che al di sopra della giustizia terrena esiste una giustizia divina, e in ragione di questa preghiamo affinché chi ha sbagliato possa riconoscere i propri errori, pagare il debito con la giustizia terrena e chiedere il perdono di Dio per le atrocità commesse.

 

Anche per questi uomini, umanamente indifendibili, è stato sparso il sangue di Cristo Gesù che è potente a salvarli se si ravvedono del loro peccato e lo accettano come personale Salvatore.

 

Il male dentro il nostro cuore

 

Ma c’è qualcosa che possiamo fare tutti quanti affinché gli studi, le indagini, il lavoro e le rinunce delle vittime della mafia non siano resi vani. Credo che il vero cambiamento consisterebbe nel riuscire a sconfiggere ogni giorno un nemico che può insinuarsi nella mente di tutti gli uomini, credenti compresi, che consiste nell’egoismo.

 

Se ci pensiamo bene, alla base di ogni comportamento criminoso c’è l’egoismo, che si manifesta nel disinteresse totale nei confronti delle conseguenze che un atto, perpetrato per ottenerne un qualche vantaggio, può comportare agli altri. Ecco che in questa ottica piaghe quali il traffico di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, il riciclaggio di denaro sporco, il condizionamento delle gare d’appalto, la corruzione in generale, etc… (tanto per citare alcuni degli affari che fanno gola agli “uomini d’onore”) trovano origine in una radice comune convergente nell’egoismo.

 

Del resto, se ci riflettiamo un momento, non fu forse l’egoismo a spingere Adamo ed Eva a compiere il primo peccato che decretò la condanna loro e di tutta l’umanità? E non fu forse l’egoismo, e la conseguente invidia, a muovere la mano di Caino verso il fratello Abele nel togliergli la vita?

 

Purtroppo l’egoismo inizia a svilupparsi sin dalla più tenera età nel cuore dell’uomo; credo che tutti quanti noi abbiamo avuto modo di constatare con quanta difficoltà un bambino piccolo sia propenso a condividere i propri giocattoli con altri bambini, e crescendo purtroppo questo sentimento, se non viene circoscritto e controllato tramite una sana educazione (tematica a cui noi credenti cristiani dovremmo essere particolarmente sensibili, in virtù della vita e del messaggio di Gesù), tende a prendere il sopravvento e a imporsi nel carattere dell’individuo. La Parola di Dio del resto ci ha avvertito anche di questo, affermando senza mezzi termini:

 

“Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; […]“

Geremia 16:9

 

Tutti noi abbiamo bisogno dell’intervento di Dio nella nostra vita. Tutti noi siamo chiamati a rispondere alla chiamata al ravvedimento: la profonda consapevolezza della nostra condizione di peccato e la volontà di cambiare modo di essere e di vivere.

 

Tutto questo è possibile grazie all’opera di Gesù, che è morto per i nostri peccati, non c’è altro modo affinché il cuore possa essere guarito dal male e poter amare davvero Dio e gli altri, liberando il nostro cuore (anche) dalla schiavitù dell’egoismo.

 

La risposta di Gesù a chi chiese quale fosse il comandamento più importante:

 

“Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”.  Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti.

Matteo 27:37-40

 

“Non ho mai ammazzato nessuno!”

 

Qualcuno potrebbe obiettare affermando che non tutti coloro che non sono credenti sono dei criminali, e anche questo è vero.

 

Ci sono tantissime persone che sono perfino impegnate nel combattere l’illegalità insegnando il rispetto delle leggi, l’altruismo, il perdono e l’amore verso gli altri, ispirate da quegli stessi principi che tendono a idealizzare confondendoli con Colui che ne è la causa.

 

Credo che tu e io possiamo avere l’opportunità, come Paolo al cospetto dei colti e devoti Ateniesi, di presentargli quel “Dio sconosciuto” che adorano senza conoscere e a cui hanno dedicato un tempio.

 

“Poiché, passando e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: Al dio sconosciuto. Orbene, ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annuncio.”

Atti 17:23

 

Nelle nostre comunità spesso ascoltiamo la testimonianza di persone che la società non avrebbe mai guardato di buon occhio: ex drogati, ex prostitute, ex carcerati, ex criminali e anche ex mafiosi. Uomini e donne che hanno visto la loro vita trasformata radicalmente da Gesù.

 

Eppure sentiamo anche le testimonianze di donne e uomini che si credevano “brave persone” prima di capire che il peccato abitava anche nel loro cuore e avevano bisogno del perdono e della grazia di Dio. Persone religiose, affermate, stimate, persone che pensavano di avere tutto, magari anche coinvolte in attività dall’impatto positivo sulla vita degli altri. Ma anche loro, a un certo punto hanno capito che “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù” (Romani 3:23, 24).

 

La forza della nostra testimonianza

 

Sappiamo bene che tutto il nostro Paese è stato afflitto per diversi decenni da svariate organizzazioni criminali di stampo mafioso che, sebbene si differenzino nel nome, non sono poi così diverse tra loro nei modi di agire e operare.

 

Grazie al metodo investigativo innovativo espresso da Giovanni Falcone e grazie alle intuizioni di Paolo Borsellino, la cupola di Cosa Nostra ha subito un duro colpo negli anni successivi a quello delle stragi con una serie di arresti eccellenti che ne hanno destabilizzato l’organizzazione.

 

Oggi la mafia non fa più rumore, ma non per questo è sparita nel nulla, anzi. Il suo silenzio mediatico non equivale a una resa, ma sono convinto semmai costituisca il segnale inequivocabile che è in grado di gestire i suoi affari senza la necessità di schiamazzi o clamori, riuscendo a imporre la propria influenza nei posti che contano.

 

La mafia è una delle innumerevoli espressioni del male che affligge l’umanità da sempre, un male che nasce prima di tutto nel nostro cuore, da “semplici” atteggiamenti che si trasformano in un cancro sistemico che invade la cultura e le istituzioni di intere nazioni.

 

Come discepoli di Gesù abbiamo una responsabilità non indifferente: abbiamo il privilegio di conoscere, per mezzo della Parola di Dio, la realtà della “nuova nascita”, della salvezza dal peccato, di una vita in comunione con Dio e in pace con il prossimo.

 

La Parola di Dio ci ricorda che molto ci è stato affidato:

 

A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà.

Luca 12:48

 

Facciamo in modo che ognuno di noi possa onorare “tutto l’evangelo” con la propria testimonianza, comportandoci da luce in un mondo di tenebre e sconfiggendo il peccato e l’egoismo anche nei piccoli gesti di ogni giorno, affinché i nostri conoscenti possano vedere riflesso in noi il volto di Gesù Cristo, arrendersi a Lui e accettarlo come Salvatore.

 

Marco Arata

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