Qualche giorno fa il patriarca di Mosca Kirill, invitando i cittadini russi alla mobilitazione militare e arruolarsi nella guerra in Ucraina, ha pronunciato queste parole durante un’omelia:
“Andate coraggiosamente a compiere il vostro dovere militare. E ricordate che se darete la vostra vita per la vostra Patria, per i vostri amici, allora sarete con Dio nel Suo Regno, nella gloria e vita eterna.”
Parole che, ovviamente, hanno fatto molto discutere. Questo invito di Kirill è molto simile, se non identico, a quello fatto dai musulmani jihadisti che dicono agli attentatori suicidi che alla morte saranno accolti da vergini in Paradiso.
“Dare la vita per i propri amici”
Anche Vladimir Putin, all’inizio della guerra contro l’Ucraina, aveva citato queste parole di Gesù: “Nessuno ha amore più grande che quello di dare la sua vita per i suoi amici” (Giovanni 15:13).
Per Kirill e Putin, i propri amici sarebbero i compatrioti, la nazione per cui si può dare la vita. Ma le cose stanno davvero così?
Vediamo cosa dice Gesù subito dopo: “Voi siete miei amici, se fate le cose che vi comando. Io non vi chiamo più servi; perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma voi vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio.” (Giovanni 15:14, 15).
Vi comando questo: che vi amiate gli uni gli altri.
Quindi, quali sono questi “amici” per Gesù? Sono i Suoi discepoli, tutti coloro che hanno ascoltato la Sua parola e la mettono in pratica.
E, in quel momento, tra gli “amici” di Gesù che dovevano “amarsi gli uni gli altri” c’erano Simone lo Zelota, un ex nazionalista ebraico che lottava contro l’occupazione romana, e Matteo, un ex esattore delle tasse, collaborazionista dei romani.
Gesù avrebbe dato la Sua vita per loro, indipendentemente da chi fossero, dalle loro origini e dai loro trascorsi, e i Suoi discepoli sono chiamati a dimostrare questo amore.
L’amore definito dall’omelia di Kirill è esattamente contrario a quello di Gesù, perché lo limita a un determinato gruppo (la nazione).
Amare il prossimo e… i nemici
Gesù conosceva bene le forme di “amore” limitate a chi ci è più vicino, tant’è che nel “sermone sul monte” insegna chiaramente:
“Voi avete udito che fu detto: ‘Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico’. Ma io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? E se fate accoglienza soltanto ai vostri fratelli, che fate di singolare? Non fanno altrettanto anche i pagani? Voi dunque siate perfetti, com’è perfetto il Padre vostro celeste.” (Matteo 5:43-48)
Il “prossimo” delle parole di Gesù riguarda proprio le persone che ci sono più vicine: i familiari, gli amici, i concittadini. Mentre invece il Maestro comanda di amare i nemici, quelli che ci perseguitano, quelli che ci sono più lontani emotivamente, culturalmente, fisicamente.
Queste parole sono incise al cuore dell’etica cristiana, e sono uno dei tratti di una vita trasformata dal Vangelo, uno dei modi in cui possiamo mettere sottosopra il mondo.
L’Antivangelo Nazionalista
Avendo quindi visto qual è davvero l’insegnamento di Gesù, possiamo renderci conto di quanto il messaggio dell’omelia di Kirill ne sia l’antitesi.
Si tratta di una delle forme di “cristianesimo nazionalista”: l’’uso di parole, simboli o rituali cristiani come mezzo per rafforzare un’identità etnica o nazionale, ovviamente a scapito di altre etnie e nazioni.
Come afferma l’autore evangelico Russell Moore:
“Il nazionalismo cristiano è una sorta di Grande Mandato al contrario: le nazioni cercano di fare discepoli di sé stesse, usando l’autorità di Gesù per battezzare la loro identità nazionale nel nome del sangue, del suolo e dell’ordine politico.
Il Vangelo invece non ha altro fine che l’unione con il Cristo crocifisso e risorto che trascende, e si erge in giudizio, su ogni gruppo, identità, nazionalità e cultura.
Il nazionalismo cristiano potrebbe anche “funzionare” a breve termine, cementando legami di solidarietà culturale secondo la carne.
Tuttavia, al di fuori del sacrificio di Gesù, non ci può essere il perdono dei peccati. Senza lo Spirito Santo, non c’è novità di vita.
Il nazionalismo cristiano non può far tornare indietro il secolarismo, perché ne è solo un’altra forma. Anzi, è una forma ancora più virulenta di secolarismo, perché dichiara “cristiano” ciò che non può stare davanti al tribunale di Cristo.
Il nazionalismo cristiano non può salvare il mondo; non può nemmeno salvare te.”
Come si ottiene la vita eterna?
Il patriottismo non può garantirti un posto “con Dio e nel Suo Regno, nella gloria e nella vita eterna”.
Ma come si ottiene la vita eterna? Lasciamo ancora una volta la parola a Gesù:
“Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.” (Giovanni 3:16).
“In verità, in verità io vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.” (Giovanni 5:24).
“Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo” (Giovanni 17:3).
L’unico modo per avere la vita eterna è credere in Gesù, nella Sua vita, nella Sua morte e nella Sua risurrezione, e conoscerlo personalmente.
Andrea Botturi