Secondo un celebre aforisma di Galileo Galilei, lo scopo della scienza non deve essere soltanto quello di misurare ciò che è misurabile, ma di rendere misurabile anche quanto non lo è. La “misurazione” del mondo che ci circonda non è soltanto corretta, ma necessaria. Il metodo scientifico non è nemico della fede, ma il suo grande successo nell’era moderna che si è contrapposto al fallimento evidente della vuota superstizione, ha portato l’opinione comune a considerare il quantificabile come metodo assoluto per analizzare la realtà.
Quindi quello che doveva essere il sano approccio iniziale: “Ci limitiamo a ciò che si può contare e misurare”, divenne ben presto: “Esiste soltanto quanto si può contare e misurare”.
È chiaro a questo punto che l’esistenza di Dio, che da sempre è stata posta in dubbio dall’uomo naturale (Salmo 14:1; 53:1), trova nelle menti della società razionale una risposta prepotente: non Lo vedo, non esiste.
IL RUOLO DELLA FEDE
Questo tipo di reazione è comprensibile considerando che per secoli l’uomo ha erroneamente attribuito alla fede il compito di spiegare la realtà naturale.
La continua applicazione (e forzatura) di questo “metodo”, ha generato non poco imbarazzo nel momento in cui l’osservazione scientifica ha spiegato e descritto la realtà delle cose. Possiamo soltanto immaginare le facce arrossite di quanti, davanti all’evidenza dei fatti, si sono ritrovati senza parole di fronte a una delle più grandi rivoluzioni scientifiche della storia: il sole non gira intorno alla terra. Questo imbarazzo ha causato inevitabilmente la completa sfiducia nel soprannaturale e la divinizzazione del metodo scientifico. Una rivalsa che ha alimentato, scoperta dopo scoperta, la fiamma di un conflitto che non aveva ragione d’essere. La fede è il frutto dell’ignoranza? La Bibbia è un libro di favole? La risposta è che bisognava semplicemente essere più cauti e meno arroganti nell’attribuire alle due un ruolo inopportuno.
IL METODO DONATO DA DIO
Bisogna sempre ricordare che la Bibbia, la Rivelazione di Dio, non è un libro di scienze, sebbene parli occasionalmente di concetti relativi alla natura. E non è un libro di storia, sebbene riporti eventi storici che l’archeologia ha potuto constatare. La Bibbia è “il metodo” che Dio ci ha donato per conoscerLo e “studiarLo”.
Un racconto immaginario dell’astrofisico Arthur Eddington può farci considerare il valore del giusto metodo per investigare l’esistenza di Dio. Lo scienziato immagina uno studioso di pesci che dopo numerose pesche con la rete, misurazioni e osservazioni giunge alla formulazione di una legge fondamentale in materia di scienza ittiologica: “Tutti i pesci superano i 5 cm di lunghezza”. Questo aneddoto assurdo ci porta a riflettere sul fatto che non si può giungere a una conclusione del genere considerando che tutti i pesci più piccoli fuggiranno inevitabilmente tra le maglie della rete impiegata.
Inoltre cambiare “metro di giudizio” non è sempre la soluzione a tutto. Usare una rete con maglie più piccole non risolve la questione sull’esistenza di Dio.
Pensa ad esempio a un quadro. Potremmo misurarne la grandezza in cm, la densità e la composizione dei colori usati, l’angolazione del tratto e il tipo di strumento utilizzato per ognuno di essi. Ma cosa ci dice tutto ciò in relazione al pensiero dell’autore? Al suo stato d’animo mentre dipingeva? Alle motivazioni che lo hanno portato a compiere l’opera?
Potremmo valutare il contesto storico e artistico in cui il dipinto è stato composto, ma anche questo ci aiuterebbe in maniera limitata. Se solo avessimo delle testimonianze dirette dell’autore potremmo avvicinarci a una comprensione migliore dell’opera d’arte.
Per conoscere Dio non dobbiamo limitarci a osservare i tratti o a misurare la grandezza della Sua opera d’arte. Dobbiamo cambiare metodo.
CONOSCERE L’INVISIBILE IDDIO
Sebbene la Bibbia ci presenti l’esistenza di Dio fin dal suo esordio, senza preoccuparsi di spiegarci come e perché questa sia una realtà (“Nel principio, Dio creò i cieli e la terra” è un inizio abbastanza netto e senza preamboli, effettivamente), non nega allo stesso tempo la difficoltà dell’uomo naturale di realizzare concretamente e materialmente la suddetta realtà, ma fornisce una soluzione:
“Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l’ha fatto conoscere”. (Giovanni 1:18)
Quindi il cavallo di battaglia dell’ateismo moderno: “Nessuno ha mai visto Dio” viene confermato e al tempo stesso smontato dalla Bibbia. Dio non l’ha effettivamente visto nessuno, poiché è il Dio invisibile (1 Timoteo 1:17; Ebrei 11:27), ma si è rivelato e ha parlato in molti modi (Ebrei 1:1-3) e si è reso tangibile in Gesù che è l’immagine del Dio invisibile (Colossesi 1:15).
Naturalmente questo discorso presuppone la fede: “… chi si accosta a Dio deve credere che egli è…” (Ebrei 11:6). Ma affermare che esiste soltanto ciò che si può vedere e misurare presuppone ugualmente una fede. Per usare delle argomentazioni comuni in questi casi, come possiamo dimostrare l’esistenza del pensiero? O ancora, possiamo misurare le alterazioni chimiche del nostro corpo, ma in che modo possiamo descriverle come emozioni?
Dimostrare l’indimostrabilità di concetti astratti non ci aiuterà a risolvere la questione. L’unica cosa da fare è adottare il vero metodo che esiste per conoscere Dio: dobbiamo avvicinarci a Dio per mezzo della fede in Gesù.
Questo è un esperimento alla portata di tutti, puoi farlo anche tu oggi.
“Voi mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore; io mi lascerò trovare da voi’, dice l’Eterno…” (Geremia 29:13, 14)
“… affinché, radicati e fondati nell’amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo.” (Efesini 3:18)
Luca Alboreto