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Santi: figure straordinarie o persone trasformate?

statua di un santo

 

Per molti la parola “santo” evoca una vasta gamma di immagini e concezioni. Ma quale è il significato reale di questo termine alla luce delle Scritture? E come si confronta la realtà biblica con la concezione dei “santi” nella tradizione religiosa?

 

In questo articolo, esploreremo la profonda differenza tra le due prospettive. Un viaggio attraverso di esse ci aiuterà a comprendere meglio come dovremmo approcciarci all’argomento che genera da sempre accesi dibattiti. Quindi, immergiamoci subito nel tema affrontando l’origine biblica del concetto di “santi”.

 

I Santi: un popolo appartato

 

Secondo la concezione biblica, la parola “santi” assume un significato profondo e specifico. Essa si riferisce a tutti i credenti in Gesù Cristo, poiché la loro fede in Cristo li consacra a Dio. Questa concezione è fondata sulla radice greca del termine “hagios” che significa per l’appunto: “consacrato a Dio”. Inoltre il termine “santo” fin dalla sua comparsa in ambito vetero testamentario intende il concetto di “separazione”, nello specifico: “essere messi da parte” (Esodo 28:36; Deuteronomio 28:9).

 

Quindi i “santi” del Nuovo Testamento, altri non sono che i credenti che hanno riposto fiducia nel Salvatore che li ha chiamati fuori dal mondo (Giovanni 17:16, 17).

 

A favore di questa visione globale del termine “santi” è interessante considerare che la Bibbia utilizza in maniera quasi esclusiva il termine santi” al plurale per indicare il corpo di credenti (Atti 9:13, 32; 26:10). In effetti, nelle Scritture, ci sono 67 usi del plurale “santi” rispetto a un solo riferimento che nel testo originale è nella forma singola “santo” (Filippesi 4:21). Ma nelle varie traduzioni anche questo caso isolato viene reso al plurale, perché riferisce al gruppo di credenti che riceveva il saluto dell’apostolo Paolo.

 

Un passo chiave che sottolinea questa visione biblica dei “santi” si trova nella prima lettera ai Corinzi, dove si legge:alla chiesa di Dio che è in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati santi…” (1 Corinzi 1:2). Questo versetto mostra chiaramente che tutti i credenti sono considerati santificati” in virtù della loro fede in Gesù Cristo e sono chiamati a vivere una vita in conformità alla santità del loro Salvatore. La santità, quindi, viene acquisita in Cristo per mezzo della fede, senza alcun merito personale ma solamente per la grazia di Dio, il Suo favore immeritato verso il peccatore che crede in Lui.

 

Le caratteristiche dei credenti o “santi” sono descritte in diversi passi delle Scritture. Ad esempio, nella lettera agli Efesini, si sottolinea che la santità comporta il perfezionamento dei credenti, l’opera del ministero e l’edificazione del corpo di Cristo (Efesini 4:11, 12). Inoltre, i “santi” rifuggono la fornicazione, l’impurità e l’avarizia e vivono una vita pura al cospetto di Dio (Efesini 5:3).

 

La Bibbia quindi mette in evidenza il fatto che tutti i credenti sono chiamati a una vita di santità e a seguire gli insegnamenti di Cristo. La santità non è riservata a un gruppo selezionato o canonizzato dall’istituzione religiosa, ma è una chiamata universale per tutti i seguaci di Gesù.

 

Il Processo di Canonizzazione nella Chiesa Cattolica

 

La Chiesa Cattolica Romana ha sviluppato un rigoroso processo di canonizzazione attraverso il quale alcune figure di spicco nella tradizione ecclesiastica possono essere riconosciute come “santi”. Questo processo include la valutazione delle virtù eroiche, la verifica di miracoli e la beatificazione prima della canonizzazione.

 

La dottrina cattolica si fonda, quindi, sulle opere meritorie di determinati uomini che raggiungono, attraverso un processo specifico, la santità.

 

Un candidato alla santità viene nominato “Servo di Dio” dopo almeno cinque anni dalla sua morte e deve essere oggetto di una profonda ricerca che includa testimonianze documentate. Se supera questo processo, il candidato viene dichiarato “Venerabile” e successivamente “Beato” dopo essere stato riconosciuto come “Eroico nelle virtù”.

 

Per essere canonizzato come “Santo”, è richiesto almeno un miracolo verificato per intercessione del candidato dopo la sua morte. Solo allora il Papa può dichiarare ufficialmente che l’individuo è un “Santo”.

 

Un ostacolo per l’adorazione

 

Qual è il vero problema di questa pratica? L’istituzione di queste figure spirituali, che secondo tutte le indagini del caso hanno vissuto una vita di fede straordinaria, ha portato la comunità cattolica ad assurgere ognuna di esse su un piano spirituale pericoloso. Nel corso dei secoli il vasto pantheon del Canone dei Santi ha generato dei comportamenti fuorvianti, che inesorabilmente ha posto le persone in netta contrapposizione con linsegnamento biblico. La Bibbia è esplicita riguardo all’importanza di adorare unicamente Dio. Qualsiasi atto di adorazione non rivolto a Dio è chiaramente considerato come un atto di idolatria. Anche figure di spicco del Nuovo Testamento come Pietro, Paolo e Barnaba rifiutano categoricamente ogni gesto di riverenza rivolto loro (Atti 10:25, 26; 14:13, 14). Anche gli angeli di Dio rifiutano l’adorazione da parte degli uomini (Apocalisse 19:10; 22:9).

 

Nel contesto cattolico romano, c’è un tentativo di “reinterpretare” questa pratica affermando che non si “adorano” i santi, piuttosto si “venerano”.

Adorare vuol dire: “Rivolgersi con preghiere – rendere culto alla divinità.”

Venerare vuol dire: “Fare oggetto di devozione religiosa”.

 

Cambiare una parola purtroppo non altera la sostanza dell’atto. Nella Bibbia, non troviamo alcun comando di riverire qualcun altro se non Dio. Considerando che non c’è nulla di sbagliato nel mostrare rispetto verso i cristiani devoti che ci hanno preceduti (Ebrei 11), non vi è alcun precetto biblico che autorizzi a venerare coloro che sono fedeli allEterno. Possiamo certamente imitarli (1 Corinzi 11:1), ma l’adorazione, la riverenza o la venerazione nei loro confronti non sono supportate biblicamente, anzi potremmo tranquillamente dire che sono condannate (Matteo 4:8-10).

 

Conclusione: la bellezza della realtà biblica

 

La realtà biblica dei “santi” ci offre una visione significativa della santità, accessibile a tutti, compresi noi oggi. Questo concetto sottolinea che la santità è una chiamata aperta a vivere secondo gli insegnamenti di Cristo, a praticare la Parola e la fede nella vita quotidiana.

Invece di considerare la santità come un obiettivo inarrivabile, possiamo abbracciare la realtà biblica dei “santi” come unopportunità e un privilegio. Vivendo la nostra fede con passione e cercando costantemente di crescere alla statura di Cristo, potremmo dimostrare il vero significato della santità a quanti ci circondano e testimoniare che c’è un Dio che può trasformare tutti quelli che confidano in lui.

Luca Alboreto

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