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Segni: posso chiederli?

 

Se anche tu, una volta o mille, ti sei posto questa domanda, benvenuto nel club! Nella nostra esperienza di giovani credenti, infatti, è successo pure a noi, soprattutto davanti a decisioni importanti quali quelle sentimentali oppure quelle legate al servizio cristiano, agli studi o al lavoro, di desiderare un segno da parte di Dio per ricevere un orientamento chiaro sulla Sua volontà specifica per la nostra vita. Cerchiamo, allora, di affrontare la questione…

 

Segni: che cosa sono?

 

Prendiamo spunto dalla nostra quotidianità. In classe, durante una lezione, un tuo compagno alza la mano: un gesto semplice, anzi… un segno, con cui lo studente indica all’insegnante che vorrebbe intervenire. Per strada, se ti imbatti in un cartello circolare rosso e blu attraversato da una barra obliqua, sai che in quell’area non puoi lasciare l’auto, anche se sei proprio di fronte al tuo negozio preferito. Tutto facile fin qui, giusto? Tutto facile, perché questi e tanti altri segni che potremmo elencare appartengono a codici di comunicazione ben consolidati nella nostra società, tanto che sappiamo decifrarli quasi senza pensarci su. Meno scontato, invece, è muoverci in un orizzonte più alto: quello dei segni – cioè dei segnali – provenienti da Dio. E allora iniziano a fioccare gli interrogativi: «Posso chiederli? E, se sì, quando, come, perché…?». Prima di entrare in crisi, fermiamoci un istante e andiamo alla fonte più autorevole e sicura: la Parola di Dio. Quello che stiamo per osservare ci aiuterà.

Dio ha dato dei segni!

 

Proprio così: Dio stesso, di Sua iniziativa, ha dato dei segni; consideriamo, a questo proposito, due esempi. Quando, dopo un temporale, resti senza fiato di fronte alla luce variopinta dell’arcobaleno, ricordati delle parole rivolte da Dio a Noè dopo il diluvio:  «Io pongo il mio arco nella nuvola e servirà di segno del patto fra me e la terra. […] Questo è il segno del patto che io ho stabilito fra me e ogni essere vivente che è sulla terra» (Genesi 9:13,17). Il Signore, quindi, si è impegnato a non distruggere più la terra con il diluvio e, per confermare il Suo patto, ha “firmato” un meraviglioso “documento a colori”: un segno, appunto, della Sua fedeltà.

 

 

Inoltre, a Saul, il giovane scelto da Dio come primo re di Israele, fu donato un generoso “pacchetto” di segni in modo che egli potesse accettare il difficile compito a lui assegnato mettendo da parte le riserve che aveva espresso al profeta Samuele: «Non sono io un beniaminita, di una delle più piccole tribù dIsraele? La mia famiglia è la più piccola fra tutte le famiglie della tribù di Beniamino» (1 Samuele 9:21). Leggendo 1 Samuele 10:1-7, ti sorprenderai notando non solo che Dio offrì a Saul – senza che lui nemmeno li chiedesse! – ben tre segni, ma che, per giunta, ogni segno fu anticipato dal profeta Samuele con un’attenzione ai dettagli che avrebbe spazzato via ogni dubbio. Soffermiamoci, ad esempio, sul secondo segno: «Quando sarai andato oltre e arriverai alla quercia di Tabor, incontrerai tre uomini che salgono ad adorare Dio a Betel. Uno di loro porterà tre capretti, l’altro tre pani, e il terzo un otre di vino. Essi ti saluteranno e ti daranno due pani, che riceverai dalla loro mano» (1 Samuele 10:3,4). Certo che Saul, che non aveva con sé l’agenda del tuo smartphone, deve aver fatto un po’ di fatica a memorizzare tutti i particolari… Ma quello che più conta è che questi segni contribuirono a incoraggiare Saul, esortato così da Samuele: «Quando questi segni saranno avvenuti, fa’ quello che avrai occasione di fare, poiché Dio è con te» (1 Samuele 10:7). E, naturalmente, «tutti quei segni si verificarono in quel medesimo giorno» (1 Samuele 10:9), perché Dio è fedele!

 

Chi ha chiesto dei segni e li ha ricevuti?

 

Abbiamo constatato, finora, come Dio abbia preso l’iniziativa nel mandare dei segni agli uomini. Vorremmo adesso riflettere su un altro aspetto: possiamo prendere noi l’iniziativa di chiederGli dei segni? “Spoileriamo” già la risposta: “Sì… ma dipende!”. Dipende da che cosa? Fondamentalmente, dalle attitudini e dalle motivazioni del nostro cuore. Vediamo, al riguardo, due esempi di personaggi biblici che hanno richiesto e ottenuto dei segni.

 

Al tempo in cui il popolo di Israele, ribellatosi al Signore, subiva le invasioni dei Madianiti, Dio scelse come liberatore degli Israeliti un uomo sconosciuto e di condizione modesta, Gedeone, impegnato a mettere al riparo il grano dalla furia dei saccheggiatori. «Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non sono io che ti mando?» (Giudici 6:14): così l’angelo del Signore annunciò a Gedeone quella che dovette apparirgli come una missione impossibile. La sua reazione immediata somiglia un po’ a quella di Saul: «Ah, signore mio, con che salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse, e io sono il più piccolo nella casa di mio padre» (Giudici 6:15). Tuttavia, dopo una nuova rassicurazione da parte dell’angelo del Signore (Giudici 6:16), il titubante Gedeone si lanciò in una supplica coraggiosa: «Se ho trovato grazia agli occhi tuoi, dammi un segno che sei proprio tu che mi parli. Ti prego, non te ne andare di qui prima che io torni da te, ti porti la mia offerta e te la metta davanti» (Giudici 6:17-18). L’invocazione di Gedeone fu esaudita, tanto che egli trovò la forza di eseguire un ordine divino decisamente rischioso: distruggere l’altare di Baal, divinità pagana, che proprio suo padre aveva costruito (Giudici 6:25-32).

 

Ma non finisce qui: per ben due volte, alla vigilia di una grandiosa vittoria che Dio gli avrebbe fatto riportare con un esercito di soli trecento uomini, Gedeone sentì il bisogno di ulteriori conferme sul piano di Dio per lui. «Se vuoi salvare Israele per mano mia, come hai detto» (Giudici 6:36): fu questo l’esordio della sua preghiera, cui seguì, in due diversi giorni, la richiesta non di uno, ma di due segni a dir poco insoliti che ti lasciamo scoprire attraverso la lettura dei Giudici 6:37-40. E il Signore, invece di spazientirsi davanti alle insicurezze dell’uomo su cui aveva “puntato”, andò incontro alla sua necessità concedendogli entrambi i segni che aveva domandato. Quella di Gedeone, infatti, era una necessità, non una curiosità capricciosa: la necessità di chi riconosceva la propria inadeguatezza davanti all’opera da compiere, ma non per questo voleva rinunciare a servire Colui che gli aveva affidato quell’opera.

 

Una vicenda forse meno nota di quella di Gedeone ha per protagonista Gionatan, il figlio di Saul, un giovane che con umiltà, in precedenza, aveva accettato di buon grado di vivere un po’ “all’ombra” del padre (1 Samuele 13:3-4). In 1 Samuele 14, però, lo troviamo non al seguito di Saul, ma solo in compagnia del suo scudiero, con il quale si stava dirigendo verso un presidio dei nemici Filistei. «Gionatan disse al suo giovane scudiero: “Vieni, andiamo verso la guarnigione di questi incirconcisi; forse il Signore agirà in nostro favore, poiché nulla può impedire al Signore di salvare con molta o con poca gente”» (1 Samuele 14:6). Nelle sue parole avvertiamo una fiducia sincera nell’onnipotenza del Dio che non ha bisogno dei grandi numeri per recare soccorso al Suo popolo, ma in quel «forse» ci sembra di sentire l’esigenza che Gionatan aveva di vedere la sua fede genuina crescere ed essere rafforzata. Il figlio di Saul, allora, “si avventurò” nel chiedere un segno: «Ecco, noi andremo verso quella gente e ci faremo vedere da loro. Se ci dicono: “Fermatevi, finché veniamo da voi!”, ci fermeremo al nostro posto, e non saliremo fino a loro; ma se ci dicono: “Venite su da noi!”, saliremo, perché il Signore ha deciso di darli nelle nostre mani. Questo ci servirà di segno» (1 Samuele 14:8-10). Il segno arrivò… e la vittoria pure (1 Samuele 14:11-15)! «In quel giorno il Signore salvò Israele…» (1 Samuele 14:23) attraverso un uomo che aveva messo in azione la propria fede, per quanto ancora “immatura”, non soltanto cercando un segno da parte di Dio, ma anche muovendosi di conseguenza quando il segno gli era stato dato.

 

Chi ha chiesto dei segni e non li ha ricevuti?

 

Ebbene sì: è possibile chiedere un segno e non ottenerlo! Non pretendiamo affatto di saper spiegare tutte le ragioni per cui ciò può accadere, ma vorremmo concentrarci su un caso molto significativo riportato nel Nuovo Testamento. In Marco 8:11-12 leggiamo: «Allora vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli, per metterlo alla prova, un segno dal cielo. Ma egli, dopo aver sospirato nel suo spirito, disse: “Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: nessun segno sarà dato a questa generazione”». Dopo aver moltiplicato per la seconda volta i pani e i pesci (Marco 8:1-9), Gesù si ritrovò circondato dai farisei, detentori di una minuziosa conoscenza della legge di Mosè ma increduli in merito alla Sua autorità divina.

 

Potremmo illuderci della bontà delle intenzioni con cui domandarono «un segno dal cielo», ma il racconto di Marco non lascia spazio a equivoci: a loro interessava solo «metterlo alla prova», sfidare Gesù con l’intento di farLo cadere e, magari, ridicolizzarLo quando Lui non fosse riuscito a vincere la sfida. Gesù, però, quella sfida non la raccolse nemmeno, perché a Lui non importava e non importa dare spettacolo, bensì «cercare e salvare ciò che era perduto» (Luca 19:10). Come era lontano il sentimento dei farisei, animati da una malevola curiosità, da quello di Gedeone e di Gionatan, che, pur con le loro umane fragilità, desideravano ubbidire a Dio ed essere equipaggiati per servirLo! Nel chiedere un segno, dunque, facciamo prima di tutto attenzione alle nostre reali motivazioni.

 

I segni non bastano!

 

Probabilmente resterai deluso nell’apprendere che alcuni dei personaggi biblici cui era stato concesso un segno non seppero fare tesoro di questo e di altri doni del Signore e smisero, a un dato momento, di vivere una vita di ubbidienza a Lui.

 

Ritorniamo per un attimo da Saul. Proprio lui, che di segni ne aveva ricevuti in gran quantità – e senza neppure chiederli –, ben presto, una volta diventato re, non si curò più di cercare la guida del Signore e iniziò ad agire di testa propria, in preda all’impazienza, all’avidità e alla sete di potere (1 Samuele 13:8-14 e 1 Samuele 15). Un velo di tristezza scende su di noi di fronte al rimprovero accorato che il profeta Samuele gli rivolse: «Non è forse vero che quando ti consideravi piccolo sei diventato capo delle tribù d’Israele, e il Signore ti ha unto re dIsraele?» (1 Samuele 15:17). Saul, un tempo consapevole del suo bisogno del Signore, smise, poi, di dipendere da Lui. A ben poco, dunque, gli servivano, nella sua nuova, infelice condizione spirituale, i segni che in passato lo avevano incoraggiato.

 

Un’ombra che non vorremmo è gettata anche sulla storia di un altro re, Ezechia. Quest’uomo, che «fece ciò che è giusto agli occhi del Signore» (2 Cronache 29:2), provò il dolore di essere colpito da una malattia che lo avrebbe portato alla morte, ma «pregò il Signore, e il Signore gli parlò, e gli concesse un segno» (2 Cronache 32:24). Un segno a dir poco straordinario, certamente al di là delle migliori aspettative del re: «il sole retrocedette di dieci gradini sui gradini dov’era disceso» (Isaia 38:8). Perfino il sole, dunque, fu “scomodato” da Dio per garantire a Ezechia non solo la guarigione, ma anche un prolungamento della sua vita di ben quindici anni! Il re cantò al Signore con il cuore che scoppiava di gioia (Isaia 38). Esaurita l’emozione del momento, però, «Ezechia non fu riconoscente del beneficio ricevuto; poiché il suo cuore s’inorgoglì, e l’ira del Signore si volse contro di lui, contro Giuda e contro Gerusalemme» (2 Cronache 32:25). Che fine avevano fatto il ricordo del miracoloso “dietrofront” del sole e la consapevolezza dell’altrettanto miracolosa proroga della vita del re? Erano stati sepolti dall’orgoglio e da un senso di autosufficienza che lo spingeva a non affidarsi più interamente a Dio. Tiriamo un sospiro di sollievo scoprendo che, in seguito, Ezechia si umiliò, pentendosi del proprio orgoglio, e fu perdonato dal Signore (2 Cronache 32:26).

 

Dal suo errore, tuttavia, impariamo una lezione: anche se otteniamo dei segni e, con questi, l’esaudimento di una nostra preghiera, non dobbiamo dimenticare il Signore, l’unica sorgente di ogni bene che ci è donato, e dobbiamo rimanere attaccati a Lui. I segni, prima o poi, passano, ma il Signore resta!

 

Segni: un approccio equilibrato

 

In sintesi, potremmo concludere che…

  • è possibile chiedere un segno al Signore, ma è fondamentale che le nostre motivazioni siano sincere e connesse a un autentico desiderio di conoscere e mettere in pratica la volontà di Dio per noi;
  • è altrettanto importante fare buon uso delle risposte che il Signore ci ha dato, senza smettere mai di dipendere da Lui.

 

La nostra riflessione, però, sarebbe gravemente incompleta se trascurassimo una premessa irrinunciabile: prima di tutto – quindi, anche prima di qualunque segno – c’è la Parola di Dio! Rispetto a Noè, a Gedeone, a Saul, a Gionatan, a Ezechia, ai farisei e ad altri personaggi biblici che, per ragioni di tempo, non abbiamo nominato, tu hai un vantaggio enorme: hai tra le tue mani l’intera Bibbia, la perfetta rivelazione di Dio per te. Se, dopo aver pregato, ti avvicini alla lettura della Bibbia con un cuore sincero e desideroso di ubbidire al Signore, nelle sue pagine troverai la guida necessaria per ogni scelta, piccola o grande, che devi intraprendere. Potresti, inoltre, in particolari circostanze, chiedere al Signore un segno, ma non dimenticare che da Dio non ti giungerà mai un segno che sia contrario a quanto Lui stesso ti ha già comunicato nella Sua Parola. E se non dovesse arrivare il segno che hai cercato, ricorda che, come figli di Dio, «camminiamo per fede e non per visione» (2 Corinzi 5:7).

 

Che tu abbia o meno ricevuto i segni che hai chiesto, fai tua, oggi stesso, l’affermazione preziosa del Salmo 119:105: «La tua parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero».

 

Passo dopo passo, un passo alla volta, Dio guiderà la tua vita!

Valeria Mangraviti

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