Come favorire l’integrazione tra giovani nella Chiesa
Vi è mai capitato di essere invitati ad una festa nella quale non conoscevate nessuno? Vi ricordate la sgradevole sensazione di essere fuori posto, la voglia tremenda di scappare per togliervi dall’imbarazzo di essere da soli in mezzo a tanti estranei che si conoscono bene tra loro?
E poi, probabilmente, avete sfoderato il vostro smartphone sforzandovi di dare l’impressione di essere completamente assorbiti dalla vostra intensissima attività social mentre, nella vostra testa, vi domandavate disperati: “che cosa ci faccio qui?!”. A me è capitato… e sì, ricordo (purtroppo) che cosa si prova.
Mi chiedo se non capiti talvolta anche nelle nostre chiese che qualcuno si domandi disperato: “che cosa ci faccio qui?!”. Ragazzi che mai hanno partecipato a un culto evangelico oppure che per le prime volte frequentano la nostra comunità dopo un trasferimento e che vivono il disagio di trovarsi in mezzo a un gruppo di persone la cui attenzione, prima e dopo le riunioni, è assorbita dagli amici di sempre.
E se la stessa cosa accadesse anche a giovani che frequentano la nostra comunità da una vita? Ragazzi e ragazze che per i motivi più disparati non sono forse riusciti ad integrarsi come avrebbero voluto e che si sono ritrovati a odiare ogni istante passato nella chiesa? Tutto questo potrebbe accadere proprio sotto i nostri occhi.
La solitudine è un nemico tremendo, capace di rendere insopportabile la vita stessa. Dio, che ben lo sapeva, disse: “non è bene che l’uomo sia solo” (Genesi 2:18). Per questo motivo “a quelli che sono soli Dio dà una famiglia” (Salmo 68:6) e quelli che credono in Gesù diventano “membri della famiglia di Dio” (Efesini 2:19). La Chiesa è la famiglia di Dio, un dono del Signore a quanti sono soli.
Allora, rimbocchiamoci le maniche e chiediamoci: “come possiamo essere una chiesa (o un gruppo giovanile) accogliente?” Ecco quattro semplici consigli:
1- GUARDATI ATTORNO!
Il culto è finito e, come al solito, ti alzi per salutare gli amici che hai accanto, con i quali parlerai fino all’ora di tornare a casa. Per una volta fermati! Guardati attorno e cerca di individuare visi sconosciuti e ragazzi isolati.
Il tuo tempo e la tua attenzione possono essere preziosi, possono essere un modo pratico per dimostrare l’amore di Dio. Se frequenti una chiesa molto numerosa, però, potrebbe essere complicato farlo. Non sarebbe, quindi, una cattiva idea organizzare un team che si dedichi ad accogliere e a conoscere chi per le prime volte entra nella nostra chiesa.
2- LA LASAGNA DELLA MAMMA
È bello avere una famiglia, vero? Tornare a casa dopo il culto ed essere accolto dal profumo di lasagna della mamma. E poi sedersi a tavola e godere (oltre alle lasagne) della compagnia dei familiari e della serenità di una casa di credenti. Ma quanti giovani della tua comunità non hanno una situazione familiare altrettanto serena oppure vivono lontano dai loro cari per studio o per lavoro? Un invito sarebbe un’ottima idea. E se pensi che un invito a pranzo non possa cambiare la vita di qualcuno, domanda a Zaccheo ? (Luca 19:1-9).
3- NON SOLO CULTI
Condividere la presenza e la Parola di Dio è senza dubbio il primo e più importante obiettivo per un gruppo di giovani credenti. Tuttavia, non è l’unico bisogno. Organizzare attività ricreative è un ottimo modo per conoscersi meglio e per coinvolgere quelli che altrimenti rimarrebbero ai margini, contribuendo a creare un clima di familiarità che facilita il dialogo e rende più partecipate anche le riunioni spirituali.
Maggiore è la confidenza che si crea e più sarà facile, anche per i più timidi, condividere problemi e perplessità, che altrimenti rimarrebbero pericolosamente nascoste.
4- COMPAGNI D’ARMI
Niente cementa i rapporti come il servizio che offriamo insieme al Signore. Avere un obiettivo spirituale comune costituisce un imbattibile collante esattamente come per Paolo e il suo collaboratore Archippo (Filemone 1:2) che l’apostolo definisce “compagno d’armi”: avevano combattuto e sofferto insieme per diffondere l’Evangelo e ora si consideravano quasi commilitoni.
Definite insieme (e in armonia col pastore) un obiettivo chiaro, come ad esempio testimoniare di Gesù ai giovani del quartiere o della città, e combattete spalla a spalla e con tutti i mezzi a vostra disposizione per raggiungerlo.
Vi è mai capitato di essere invitati ad una festa nella quale non conoscevate nessuno? Vi ricordate la sgradevole sensazione di essere fuori posto, la voglia tremenda di scappare per togliervi dall’imbarazzo di essere da soli in mezzo a tanti estranei che si conoscono bene tra loro?
E poi… qualcuno si è avvicinato e ha cominciato a parlare con voi mettendovi a vostro agio e facendovi sentire a casa, tanto che vi siete detti: “che bello stare qui”.
Mi chiedo se non capiti talvolta anche nelle nostre chiese… ?