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Perché devo parlare in altre lingue? (Parte 7)

 

In difesa della dottrina pentecostale classica

 

…come molti altri, pensavo di aver ricevuto il battesimo nello Spirito Santo al tempo della mia consacrazione, ma quando scopersi che lo Spirito Santo poteva ancora essere sparso con maggiore pienezza, il mio cuore divenne desideroso per il Consolatore promesso e cominciai a richiedere ardentemente un rivestimento di potenza dall’alto…
Agnese Ozman, prima credente pentecostale battezzata nello Spirito Santo nel gennaio del 1901

Una delle obiezioni più forti alla dottrina pentecostale classica riguarda la corretta interpretazione di 1Corinzi 12:13. Coloro che rifiutano la dottrina pentecostale leggono questo testo come se affermasse che tutti coloro che sono entrati a far parte del Corpo di Cristo sono sicuramente già battezzati nello Spirito Santo. Nelle seguenti righe sintetizzeremo le ragioni per le quali non è possibile accogliere questa interpretazione.

 

Nel Nuovo Testamento per indicare l’elemento nel quale viene immerso il soggetto di un generico battesimo viene utilizzata sia la preposizione “en” (p.e.: Mat 3:6,11; Mar 1:5; Atti 1:5) che la preposizione “eis” (p.e.: Mar 1:9; Rom 6:3,4; Gal 3:27). In 1 Corinzi 12:13 compaiono entrambe queste preposizioni, così come avviene anche in altri due passi del Nuovo Testamento: Mat 3:11 e 1 Cor 10:2. Dal confronto con questi due passi si deduce che la traduzione più corretta dovrebbe essere:

<<Infatti, noi (che siamo stati battezzati nello Spirito) siamo stati tutti battezzati nello stesso Spirito ed in vista dello stesso unico Corpo, Giudei e Greci, schiavi e liberi; e noi (che siamo stati abbeverati dallo Spirito) siamo stati tutti abbeverati dello stesso Spirito.>>

 

E’ probabile che l’apostolo Paolo stia facendo riferimento alla stessa esperienza del battesimo nello Spirito Santo di cui si parla in Mat 3:11; Mar 1:8; Luca 3:16; Giovanni 1:33; Atti 1:5 e Atti 11:16 dal momento che l’espressione greca è la medesima. D’altra parte, se l’elemento nel quale il credente viene immerso in 1 Corinzi 12 è lo Spirito, occorre tradurre con maggiore accortezza la preposizione “eis” che precede l’”unico corpo”.

 

Questa preposizione è da intendersi nel senso di “per, in vista di” per le seguenti ragioni:

 

  • E’ già stato espresso all’interno del verso l’elemento in cui avviene questo battesimo e con un’altra preposizione; anche in Mat 3:11 e Luca 3:16 vengono accostati due elementi qualitativamente diversi (lo Spirito ed il fuoco), ma la preposizione non è differente per i due elementi;

 

  • La preposizione “eis” davanti a “un unico corpo” viene spesso usata dall’apostolo Paolo nel senso di “per, in vista di” con sfumature che variano fra il senso di scopo (p.e. Rom 15:18, 2 Tim 1:11, 1 Cor 8:6, Gal 6:8), di moto a luogo figurato (p.e. Ef 4:30, Rom 7:10), di favore-beneficio (p.e. Fil 1:25, Col 1:25); in particolare quest’ultimo versetto ed ancor più 2 Cor 10:8 e 0,548611111111111 si riferiscono a qualcosa che si è ricevuto da Dio in vista dell’edificazione della Chiesa, così come il battesimo nello Spirito Santo;

 

  • In Col. 3:15, correttamente tradotto con l’espressione “per essere un unico Corpo”, la preposizione usata da Paolo è “en”; in Ef. 4:12 (per l’edificazione del Corpo di Cristo), la preposizione usata è invece “eis”;

 

  • In Mat 3:11a (“in vista del ravvedimento”), la preposizione “eis” ha evidentemente un senso di scopo, si confrontino anche Mar 1:4 (“un battesimo per il perdono dei peccati”) ed Atti 2:38 (“battezzato … per il perdono dei vostri peccati”).

 

  • Anche ipotizzando che la Nuova Nascita sia simultanea o contestuale al battesimo nello Spirito, quest’ultimo non è mai messo in relazione con  ’appartenenza al Corpo, bensì alla potenza spirituale necessaria per essere testimoni di Cristo nel mondo e nella Chiesa (At 1:8); quindi il suo scopo è l’edificazione del Corpo, in senso ampio, includendo anche l’evangelizzazione;

 

  • Nel capitolo 12 di 1 Corinzi l’apostolo Paolo ha in mente l’utilità di ogni singola esperienza spirituale per il bene di tutta la Chiesa (1 Cor 12:7 e 14:12 sono fondamentali in questo senso); anche quando parla dell varie parti del Corpo, ne considera la loro funzione all’interno della Chiesa (vd. 1 Corinzi 12:17) e la loro utilità (esplicitamente in 1 Cor. 12:21-22); la benedizione ricevuta da un credente, è una benedizione per tutta la Chiesa (v. 26 del cap.12); all’interno di questo quadro assume un senso chiaro la traduzione proposta.

 

In sintesi, non ci sono ragioni valide per affermare che in 1 Corinzi 12:13 la preposizione “eis” davanti a “un unico Corpo” debba essere tradotta “in”.

 

Allo stesso modo, non esiste nessuna ragione per affermare che “noi tutti” indichi tutti i credenti in Cristo, ma solo coloro che sono stati battezzati nello Spirito Santo. Infatti:

 

  • In genere, quando l’apostolo Paolo vuole dare un’indicazione dottrinale, riferendosi ad una precisa classe di persone (p.e. tutti gli uomini, tutti i credenti) esplicita di che classe si tratti (Rom 3:22; 5:12; 8:14; 12:18; Gal 3:27; Ef 3:18; 1 Tess 3:13; 1 Tim 2:4); in questi casi il significato è inequivocabile, perché tutti indica sempre universalità;

 

  • Quando la classe non è specificata, l’uso di tutti non consente di fare deduzioni sicure (p.e. Fil 2:21 non si riferisce sicuramente a tutti i credenti);
  • Un caso particolare è costituito dai passi in cui “tutti” compare in relazione a qualcosa di unico; in questi casi (fra i quali rientra il verso 13, ma anche i vv.6 ed 11 di 1 Cor 12), “tutti” funge da rafforzativo per sottolineare il carattere di assoluta unicità dell’affermazione, e non la sua universalità. Per esempio, in Gal 3:26 con “siete tutti figli di Dio per la fede in Cristo Gesù” l’apostolo Paolo non vuole garantire che tutti coloro che avrebbero letto la lettera sarebbero stati salvati, ma che tutti i figli di Dio lo sono per la fede in Gesù; la conseguente affermazione dottrinale è che si è salvati unicamente per fede; in 1 Cor 10:17 la struttura della frase è particolarmente simile a quella di 1 Cor 12:13 (“Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell’unico pane”) e qui è evidente che Paolo non vuole affermare che tutti devono accostarsi alla Santa Cena (anche il disordinato “consegnato a Satana” del capitolo 5), ma che tutti coloro che partecipano alla Santa Cena partecipano ad un unico pane. Si vedano anche 1 Cor 1:10; 2 Cor 5:14; Ef 4:6 (“tutti” usato dall’apostolo Paolo per sottolineare l’unità e l’unicità e non per specificare una classe di persone). Per confronto il senso di 1 Cor 12:13 risulterebbe: coloro che sono stati battezzati nello Spirito, sono stati battezzati nello stesso Spirito ed in vista dello stesso unico Corpo; l’unica affermazione dottrinale che se ne può trarre è che non esistono battesimi in differenti spiriti santi, il che è effettivamente ciò che all’apostolo Paolo stava a cuore di chiarire (cfr. vv. 2,3,4,11); Fra l’altro questo uso dell’aggettivo tutti non è una particolarità della lingua greca adoperata da Paolo, ma corrisponde ad un utilizzo molto comune anche in italiano; si pensi per esempio ad un noto inno cristiano italiano, in cui è evidente che con l’espressione “Siam riuniti tutti qui per adorare il nome del Signor” non si vuole intendere che “oggi non ci sono assenti”, ma che coloro che sono presenti (pochi o molti) si sono riuniti con lo scopo di adorare Gesù.

 

  • In questo caso particolare, il “tutti” si oppone inoltre al “ciascuno” del v. 7: lì era implicita la varietà dei carismi, per cui ognuno ne può ricevere uno diverso; qui invece si fa riferimento alla stessa medesima esperienza per tutti.

 

  • Infine, si osservi che il verbo “potizo” tradotto “abbeverare” nella seconda parte di 1 Corinzi 12:13 non comunica affatto un’idea di pienezza (infatti è lo stesso usato in Matt 10:42 e 27:48); non si spiegherebbe perché Paolo passi dal concetto di completa immersione della prima parte del verso, reso dal verbo “battezzare” a quello più limitante del semplice “bere”, se non per estendere l’unità dello Spirito anche a coloro che sono stati salvati ma non battezzati nello Spirito; l’atto di bere per indicare la nuova nascita è particolarmente appropriato ed inequivocabile (p.e. Giov 4:10; 7:37-39) ed in questo modo l’apostolo Paolo ha considerato anche l’esperienza della salvezza alla luce dell’unità spirituale di tutta la Chiesa.

 

Se la lettura del passo di 1 Corinzi 12:13 è accompagnata da un’esegesi scrupolosa, è del tutto compatibile con la dottrina pentecostale classica che considera il battesimo nello Spirito un’esperienza distinta dalla nuova nascita.

 

D’altra parte non è sufficiente impugnare questo verso per avere risposte esaustive. Il credente interessato ad approfondire su basi prettamente bibliche la natura del battesimo nello Spirito Santo deve riferirsi necessariamente a un’analisi più articolata dei Vangeli, del libro degli Atti e delle restanti epistole neotestamentarie.

 

…stay tuned

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