Cosa ne penserebbe un cristiano?
Il 14 dicembre 2017 il disegno di legge sul testamento biologico è stato approvato in via definitiva al Senato, diventando legge dello Stato. Il provvedimento era stato approvato alla Camera ad aprile, ma era rimasto in fase di stallo per alcuni mesi; quello del biotestamento è un tema che ha spesso scaldato e fatto discutere l’opinione pubblica italiana: ricordiamo la storia di Eluana Englaro, quella di Piergiorgio Welby fino alla recentissima vicenda di DJ Fabo.
La legge sul biotestamento
La proposta di legge sul testamento biologico si divide in due parti, una sul consenso informato ed una sulle DAT (Dichiarazioni Anticipate di Trattamento). Essa prevede lo stop alla nutrizione e all’idratazione equiparate per la prima volta agli altri trattamenti sanitari, l’abbandono delle cure con l’obiezione di coscienza per i medici, il divieto di accanimento terapeutico e il diritto alla sedazione profonda e alla terapia del dolore.
In questo modo ogni maggiorenne capace di intendere e di volere, in previsione di futura incapacità di autodeterminarsi e dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari; esse saranno vincolanti per il medico a meno che appaiano non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente.
Le dichiarazioni dovranno essere redatte per atto pubblico, per scrittura privata autenticata o tramite dispositivi elettronici che consentano alle persone con disabilità di comunicare. Le volontà sono modificabili e revocabili in ogni momento, anche a voce in caso di emergenza. Si potrà indicare anche una persona di fiducia, che rappresenterà il malato nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie.
Per quanto riguarda i minori essi devono essere informati in base alle loro facoltà, ma a decidere saranno i genitori/tutori e in caso di rifiuto delle cure, l’ultima parola spetterà al giudice tutelare.
L’eutanasia, il suicidio assistito e l’accanimento terapeutico
Il termine eutanasia, derivante dal greco euthanasía “morte felice”, coincide con qualsiasi atto avente come fine quello di accelerare o causare la morte di una persona. Essa si propone di porre termine ad una situazione di sofferenza tanto fisica quanto psichica che il malato, o coloro che lo rappresentano, ritengono non più tollerabile.
L’eutanasia attiva consiste nel determinare o accelerare la morte mediante il diretto intervento del medico, utilizzando farmaci letali. Il suicidio assistito indica l’atto mediante il quale un malato si procura una rapida morte grazie all’assistenza del medico; in tal caso viene a mancare l’atto diretto del medico poiché egli prescrive i farmaci necessari, spiegando al paziente le modalità di assunzione.
L’astensione terapeutica sta ad indicare una morte “accelerata” in quanto ci si esime dall’intraprendere ulteriori procedure (ad esempio il rifiuto di un’ulteriore chemioterapia), mentre la sospensione delle cure indica la decisione di fermare quegli apparecchi, quali i respiratori artificiali, senza i quali non sarebbe possibile la vita del paziente.
L’accanimento terapeutico consiste nell’applicazione di macchinari e farmaci col fine di sostenere artificialmente le funzioni vitali di individui affetti da patologie inguaribili. Una terapia è un’azione volta a perseguire il miglioramento di salute di un individuo nel breve e, se possibile, nel lungo termine; quando si perde questo scopo diventa “accanimento”.
La legislazione attuale e la deontologia professionale sul tema del testamento biologico
Il dibattito in Italia si apre sia sul punto di vista etico che giuridico: infatti attualmente l’eutanasia è equiparata all’omicidio volontario (articolo 575 del Codice Penale), il medico che “stacca la spina” o interrompe la somministrazione di terapie incorre nel reato di omicidio del consenziente (art. 579), mentre il suicidio assistito è equiparato al reato di istigazione al suicidio, perseguibile penalmente (ex art. 580).
Anche a livello deontologico procurare la morte al paziente rimane in contrasto con l’etica della professione medica:
“Giuro di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona cui con costante impegno scientifico, culturale e sociale ispirerò ogni mio atto professionale”
Invece per quanto riguarda l’accanimento terapeutico l’Art. 32 della Costituzione e il codice deontologico dei medici prevedono che, tenendo conto delle volontà espresse dal paziente, il medico possa astenersi dall’ostinazione in trattamenti diagnostico-terapeutici da cui non si possa attendere beneficio per la salute del malato.
Il cristiano e l’eutanasia
Ma cos’è la vita? Come afferma l’apostolo Paolo il nostro vivere è Cristo e il nostro tempo dovrebbe sempre essere al centro della volontà di Dio, ma soprattutto la vita va rispettata in quanto dono di Dio: “Poiché in Te è la fonte della vita e per la tua luce noi vediamo la luce” (Salmo 36:9)
Quando si trattano argomenti simili il cristiano deve, laddove la Bibbia è chiara, prendere una posizione netta, mentre di fronte a situazioni per le quali non c’è una chiara indicazione biblica deve agire secondo coscienza; in questi ultimi casi nessun tipo di scelta risulta giusta o sbagliata per tutti in modo uguale.
Al contrario, poiché Dio ha una volontà specifica per ciascun essere umano, come credenti pentecostali vogliamo ricercare la guida dello Spirito Santo soprattutto in quei momenti difficilissimi in cui la nostra fragilità umana sembrerebbe prendere il sopravvento.
È proprio per non arrivare impreparati a certe situazioni, che occorrerebbe imparare giorno dopo giorno, nelle piccole scelte, a coltivare una comunione e dipendenza con lo Spirito Santo che poi ci aiuterà, consolerà e guiderà anche in una scelta che potrebbe essere letteralmente di “vita o morte”. Una volta maggiorenni, la responsabilità è individuale.
In certe prove non potrà essere un manuale di Scuola Domenicale, il pastore, tuo padre e tantomeno Svolta e a dirti cosa dover fare: il tuo rapporto con Dio dovrà essere abbastanza solido da poterti affidare con semplicità a Lui (Giacomo 1:6), come un bambino (Matteo 19:14), confidando che il Tuo Salvatore è capace di guidarti nella scelta che in quel caso specifico è quella “giusta”, cioè quella che Dio approva dall’alto! (Isaia 42:16).
Ad ogni modo possiamo affermare, in linea generale, che il cristiano è libero di poter rifiutare qualsiasi forma di accanimento terapeutico, mentre per quanto riguarda l’eutanasia attiva e il suicidio assistito esse certamente non rientrano nella volontà di Dio, nemmeno in condizioni di grandi sofferenze.
La terapia del dolore riapre il dibattito perché dosi forti di farmaci (soprattutto oppioidi quali la morfina) possono accelerare la morte del paziente, mentre una loro assenza lo sottoporrebbe a provanti sofferenze. Nonostante il rischio di accorciare la vita con l’uso di questi farmaci, è accettabile la loro somministrazione per alleviare le sofferenze del fine vita, perché tale è lo scopo della loro somministrazione.
L’uomo che non conosce Dio si ritiene libero di decidere per la sua vita, ma noi abbiamo affidato a Lui la nostra intera esistenza e quindi anche la nostra morte. Egli guida ogni situazione nella nostra vita e conosce perfettamente ciò che è meglio per noi. Dio ha prestabilito anche la lunghezza della nostra vita (1 Samuele 2:6).
Inoltre noi crediamo ancora nei miracoli e sappiamo che, anche quando tutto sembra finito, Dio è potente da trasformare le cose; ogni vita è preziosa agli occhi del Suo Creatore e qualora Egli permettesse una lunga sofferenza darà anche la forza per superarla (Romani 8:28).
“…Lui, che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa” (Atti 17:25)