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E fece pure le stelle

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Pochi giorni fa ha destato molto clamore mediatico l’evento in cui, direttamente dalla Casa Bianca, a Washington (USA), alla presenza del Presidente degli Stati Uniti d’America e della Vicepresidente, è stata mostrata la prima immagine del telescopio spaziale James Webb.

 

Questo gioiello della tecnologia moderna è stato inviato nello spazio il 25 dicembre 2021, a circa 1.5 milioni di chilometri dalla Terra, avendo il vantaggio di osservare direttamente il cielo senza l’ostacolo dell’atmosfera e degli agenti che in essa interagiscono.

 

Il perché di tanta enfasi e interesse internazionale risiede nella considerazione che l’umanità non è mai riuscita prima d’ora ad osservare stelle e galassie così distanti con un livello di dettaglio talmente elevato!

Figura 1: ammasso di galassie denominato SMACS 0723. Fonte: NASA.

 

In particolare, osservando nell’infrarosso, il telescopio spaziale James Webb è riuscito a fotografare un ammasso di galassie chiamato SMAC 0723, contenente centinaia di galassie: provate ad ingrandire l’immagine ed osserverete che i puntini sono ancora delle galassie con al loro interno centinaia di miliardi di stelle!

 

Questa foto ritrae l’ammasso come appariva 4.6 miliardi di anni fa: è il tempo necessario tenendo conto dell’espansione dell’Universo e del tempo impiegato dalla luce a raggiungerci: la luce, infatti, ha una velocità finita di circa 300.000 km/s nel vuoto (299.792,458 km/s, più precisamente) e questo valore rappresenta una costante immutabile in natura, così come previsto dalla Relatività Generale e sperimentato continuamente anche nella nostra vita quotidiana (si pensi ad esempio alle orbite dei satelliti che ci forniscono informazioni sui nostri smartphone in tempo reale).

 

Inoltre, un effetto chiamato “lente gravitazionale” provoca la curvatura dello spazio-tempo a causa delle enormi masse in gioco (notare gli archetti di luce in questa immagine [Figura 1]) e si vedono porzioni di cielo altrimenti non direttamente visibili, restituendo oggetti che hanno un’età che gli scienziati stimano essere vicina ai 13.1 miliardi di anni.

 

Non sono dei valori frutto di considerazioni superficiali o arbitrarie. La stima delle distanze in astrofisica tiene conto di diversi metodi, calibrati sulla base di dati solidi.

 

Certo, ci può essere maggiore o minore precisione, ma non in una misura tale da farci dubitare dell’ordine di grandezza (in questo caso di miliardi di anni): un conto è dire di pesare 100 kg (e sbagliare di pochi kg), un conto è dire di pesare 0.1 kg!

 

In sintesi, scientificamente non si hanno molti dubbi: quelle stelle hanno davvero così tanti anni, anche se si può ulteriormente raffinare la misura.

 

Per la nostra devozione spirituale, sicuramente, osservare la bellezza del creato con dettagli sempre più sorprendenti non può far altro che portare il credente a lodare il Creatore per quanto ha fatto:
Meravigliose sono le tue opere, e l’anima mia lo sa molto bene” (Salmo 139:14b).

 

Lo porta anche a riflettere sulla Sua grandezza, rispetto alla piccolezza dell’umanità:
Quando io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne prenda cura?” (Salmo 8:3-4)

 

La datazione di miliardi di anni non dovrebbe creare disagio ai credenti dal momento che i primi capitoli di Genesi non forniscono necessariamente tempi da confrontare e molte opinioni a riguardo potrebbero essere certamente discutibili. Altre domande o dubbi possono sorgere dal confronto fra la cronologia fornita dall’astrofisica e la Bibbia, anche in questo caso si potrebbero fare considerazioni più lunghe e particolareggiate.

 

Come Davide servì il Signore nella sua generazione (cfr. Atti 13:36), anche il cristiano contemporaneo vive nella sua generazione ed è sollecitato dalle scoperte scientifiche a rileggere e cercare di approfondire il significato di alcuni passaggi della Scrittura, sapendo che “non è dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profezia, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (II Pietro 1:21), dunque l’intero messaggio della Bibbia è ispirato direttamente dal Signore e necessita di massima riverenza d attenzione.

 

Si tratta decisamente di una sfida per il cristiano dei nostri tempi, ma la vera fede ci aiuterà a trovare il giusto accordo fra scienza e parola di Dio per non cadere in trappole ingannevoli, cercando piuttosto ogni giorno di “ben capire quale sia la volontà del Signore” (cfr. Efesini 5:17), quel Signore dell’Universo che “conta il numero delle stelle, le chiama tutte per nome” (Salmo 147:4) … anche quelle la cui luce non è ancora giunta all’occhio (o al telescopio) umano.

 

Giovanni Palamara, Francesco Cataldo

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