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Uniti … non uniformi!

 

Se nei nostri gruppi giovanili e nelle nostre chiese non stiamo coltivando attivamente una comunità in grado di abbracciare concretamente la diversità, continueremo a rispecchiare quell’unione formale che definisce abitualmente le comunità di questo mondo.

 

Essere consapevole

 

Come responsabili, dobbiamo essere consapevoli dei gruppetti che si formano e delle tendenze culturali che dominano il gruppo giovanile, in modo da poter riorientare continuamente i giovani in direzione di Cristo e dell’Evangelo.

 

Alcuni ragazzi influenti in un gruppo giovanile che ho guidato per molti anni erano fan della serie TV “Doctor Who”; in breve tempo, sembrava che il Dr. Who fosse un membro del gruppo giovanile. Non è stata una buona dinamica spirituale, poiché ha lentamente emarginato i ragazzi che non amavano quella serie TV o che non potevano seguirla.

 

Essere riflessivo

 

Allo stesso modo, dobbiamo stare attenti a non pianificare riunioni e programmi che escludano alcuni membri del gruppo o che inavvertitamente generino un senso di vergogna. Bisogna pensare bene a quello che facciamo.

 

È un principio che ho assimilato molto presto da quando ho iniziato a prendermi cura dei giovani. Avevo scelto un film per la TV, molto popolare, da guardare e discutere insieme un sabato sera.

 

L’obiettivo era aiutare i ragazzi a identificare alcune verità della Parola di Dio nella trama e usare quelle intuizioni come occasioni di conversazione. Ero sinceramente mosso dalle migliori intenzioni sapendo che molti dei giovani conoscevano quel film, eppure il mio piano fallì miseramente.

 

Il gruppo giovanile, infatti, era composto da ragazzi che frequentavano la scuola media e i primi anni del liceo, diversi dei quali provenivano da famiglie che non permettevano ai loro figli di dodici anni di guardare film che contenessero scene di violenza.

 

La cosa peggiore, però, accadde a un ragazzino di quindici anni i cui genitori non gli permettevano di guardare film vietati ai minori di 14. Non soltanto non era in grado di partecipare, ma si vergognava dei suoi genitori e si sentiva in imbarazzo di fronte agli altri ragazzini che gli chiedevano perché non partecipasse alla conversazione. Anziché promuovere l’unità, questo evento divenne un cuneo divisivo che avrebbe potuto frammentare il gruppo giovanile: avevo fatto una gaffe paurosa!

 

Essere specifico

 

Dove vivo adesso, molte delle chiese sono costituite da persone provenienti da una ristretta area demografica. Com’è possibile l’unità nella diversità in un ambiente prevalentemente uniforme? Innanzitutto, significa imparare a vedere e apprezzare la diversità che è già presente in termini di ceto, status economico,personalità e interessi (ne parleremo più avanti).

 

In secondo luogo, significa aiutare i giovani a confrontarsi con persone che hanno un’estrazione diversa rispetto alla realtà demografica prevalente nell’ambito della congregazione locale. Questo può essere fatto invitando ospiti, partecipando a raduni con altre chiese o facendo visite a comunità diverse.

 

Essere pronto a riconoscere i talenti

 

Ogni ragazzo è diverso. Mentre trascorriamo del tempo con i giovani, dedichiamone una parte per cercare di imparare cosa li rende unici. Mentre lo facciamo, troviamo i modi per celebrare la diversità che Dio ha già reso evidente nel nostro gruppo giovanile. Incoraggiamo i giovani a frequentarsi in occasione delle loro attività quotidiane, sportive e culturali.

 

Troviamo il modo per incoraggiare la loro individualità e aiutare i giovani a immaginare come possono usare le loro attitudini e le specificità che li contraddistinguono mettendole al servizio della chiesa. Tutti noi siamo chiamati a svolgere un ruolo particolare nella famiglia di Dio (questo è il cuore dell’insegnamento dell’apostolo Paolo in Romani 11 e I Corinzi 11).

 

Essere parte della comunità

 

Sebbene il gruppo giovanile possa svolgere un ruolo importante nello sviluppo spirituale dei giovani stessi, il culto comunitario e le attività della chiesa locale, devono rimanere l’obiettivo principale della partecipazione dei giovani alla vita della chiesa.

 

Dopotutto, il gruppo giovanile non esiste per sé stesso, ma contribuisce allo sviluppo dell’intera famiglia di Dio. Pertanto, il nostro scopo è di far crescere discepoli di Gesù impegnati nella famiglia di Dio, non semplicemente dei validi membri del gruppo giovanile.

 

Questo significa che, come responsabili, dobbiamo avere ben chiara l’esigenza di equipaggiare i giovani per fare in modo che partecipino e apprezzino appieno i culti della chiesa.

 

Un buon modo per farlo è presentare i programmi più ampi della comunità locale (ad esempio: il coro, il gruppo musicale, l’evangelizzazione, le visite e altre attività ancora) come modi per coinvolgere i giovani nelle varie attività della chiesa.

 

Questo non soltanto riduce la quantità di programmi che il gruppo giovanile deve organizzare e sostenere direttamente, ma ha anche il vantaggio di aiutare i giovani a conoscere meglio i membri adulti della chiesa. Questo aspetto è particolarmente importante poiché i giovani non devono vivere una dimensione a parte, legata unicamente alla loro fascia di età.

 

Incoraggiamo e aiutiamo i giovani a mettersi in contatto con gli altri membri di chiesa in modo da soddisfare efficacemente le loro esigenze specifiche. Per un responsabile è liberatorio rendersi conto che non deve fare tutto da solo. Il gruppo giovanile non può essere separato dalla comunità che costituisce il corpo di Cristo a livello locale.

 

Questo post è tratto dal libro “Gesù ai giovani”

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