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Eutanasia: Sperare contro Speranza

donna triste

 

L’8 ottobre 2021 sono state depositate 1.200 firme in Cassazione, per chiedere al governo italiano un referendum sull’Eutanasia legale in Italia. Siamo arrivati a questo punto passando attraverso un lungo dibattito e un percorso legislativo cominciato diversi anni fa a causa di alcuni casi nazionali che hanno smosso l’opinione pubblica (Piergiorgio Welbi, Eluana Englaro e DJ Fabo).

 

Il lavoro di sensibilizzazione continua oggi ad opera di associazioni, pensatori, influencer e personaggi famosi, che hanno quindi determinato i risultati che stiamo osservando in questi ultimi tempi. Anche altri paesi molto vicini a noi hanno cominciato a muoversi su questo dibattito etico e proprio un anno fa, a marzo 2021,  la Spagna ha approvato definitivamente una legge che disciplina l’eutanasia attiva.

 

Quindi ci siamo quasi? Visti gli avvenimenti e il tipo di orientamento preso dall’opinione pubblica, ci chiediamo se vedremo molto presto questa legge anche in Italia. Apparentemente sembra di no visto che qualche mese fa la corte costituzionale italiana ha espresso il proprio rifiuto della richiesta di referendum, giudicandola inammissibile per vari motivi costituzionali.

 

Il mondo religioso si esprime

 

Anche il mondo religioso ha offerto la propria opinione in questi anni ed ha partecipato attivamente al dibattito pubblico, in modo molto diverso ed eterogeneo. In particolare la chiesa cristiana cattolica continua ad esprimere il proprio dissenso affermando che “aiutare a morire” non è affatto un vero aiuto per le persone e suggerendo allo Stato di supportare un’etica della sacralità della vita (secondo la quale non è bene disporre della propria vita liberamente).

 

Recentemente il teologo valdese Paolo Ricca, ha rilasciato un’intervista al programma televisivo “Protestantesimo” affermando che “proprio perché la vita è un dono di Dio, abbiamo diritti e doveri di poterla amministrare con responsabilità” e “se la sofferenza conduce a morte, non ha senso… e morire dignitosamente diventa un modo estremo di vivere dignitosamente…”

 

Cosa ne pensi tu di questo dibattito? Abbiamo già trattato il tema dell’eutanasia in un altro articolo, ma abbiamo parlato soltanto del tipo di attitudine e con quali sentimenti avvicinarsi a questo soggetto così controverso.

 

Perché lasciarsi morire?

 

Come si può arrivare al punto di voler morire? La vita è così importante, com’è possibile giungere alla conclusione di farla finita una volta per tutte? Ci sono molti studi scientifici che hanno esplorato e indagato le motivazioni dei pazienti, in particolare in Spagna è stato fatto un lavoro di raccolta dati molto accurato per tentare di offrire un quadro generale più chiaro sull’argomento.

 

I pazienti desiderano la morte non solo per porre fine alle proprie sofferenze fisiche e mentali, ma anche perché ritengono che la malattia li ha privati di dignità e identità. Perché ormai si sentono solo un peso e un motivo di dolore per le persone care. Perché non sopportano più il fardello inesorabile del tempo rispetto un destino irrimediabile e perché desiderano con un ultimo atto riprendere in mano il controllo della propria vita, che la malattia ha portato via.

 

Sono tutte ragioni complesse che fanno riferimento a condizioni particolarmente dolorose, ma rileggendole con attenzione, credo ogni cristiano sia in grado di realizzare come il Signore e la Sua Parola possano offrire risposte e alternative in modo straordinario.

 

Araldi di speranza

 

Ispirato dallo Spirito Santo, l’apostolo Paolo nella sua prima lettera ai Tessalonicesi parla in modo diretto della morte e delle reazioni che gli uomini hanno di fronte a questo evento inevitabile della vita. Anche se ne parla per altri scopi, l’apostolo ci offre una linea di pensiero e di condotta importante che ci può guidare nelle nostre riflessioni.

 

… affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza.” (1 Tessalonicesi 4:13)

 

L’apostolo mette l’accento sulla grande differenza tra la maggior parte degli esseri umani che di fronte alla morte è assalita da dolore, tristezza, e coloro che invece hanno SPERANZA in Cristo e sanno affrontare persino la morte in modo diverso.

 

Speranza o disperazione: sono  i due diversi modi per affrontare il dolore, la malattia e anche la morte. Se come cristiani evangelici pentecostali intendiamo affrontare il tema dell’eutanasia, ciò che realmente serve è farsi portavoce di speranza (1 Pietro 3:15,16), una speranza che si intreccia con l’amore e nasce dalla fede. La speranza in Gesù Cristo è infatti l’argomento più importante e significativo del Vangelo da offrire non solo a chi parla di eutanasia, ma in generale a questa società così infelice e incapace di trovare senso e risposte.

 

Durante le discussioni emerse durante gli SvoltaLab “la vita è in mano a Dio” è emersa l’opinione diffusa dei partecipanti che l’eutanasia passiva sia una normale pratica in uso tra i cristiani evangelici i quali, in determinati casi scientificamente irrimediabili, rinunciano alle terapie per affidarsi completamente alla fede in Dio per la gestione della propria malattia incurabile. Conosciamo centinaia di meravigliose storie di miracoli in cui Dio ha risposto alla fede dei Suoi figli e non possiamo che gioire di fronte all’intervento soprannaturale di Dio. Dobbiamo ricordare, tuttavia, che il termine “eutanasia passiva” non è adeguato ai casi di cui stiamo parlando: il termine corretto è desistenza terapeutica. L’eutanasia cerca la morte come ultimo finale rimedio, mentre la desistenza terapeutica rinuncia soltanto all’intervento medico, ma continua a sperare in quello divino. Nella pratica sembra che stiamo parlando della stessa cosa (si abbandonano le terapie), ma non è affatto così: la differenza sta nel cuore che può essere in preda alla disperazione o ancora pieno di speranza nel Suo Dio e Salvatore. La speranza in Dio fa sempre la differenza.

 

La Sofferenza

 

Secondo le interviste di pazienti che richiedono l’eutanasia, emerge come motivazione “l’intollerante sofferenza”. La sofferenza fisica o psicologica fa parte dell’esistenza di tutti gli esseri umani e quando la sua intensità e durata diventano insopportabili (come nel caso di alcuni tumori terminali e malattie neurodegenerative), è importante ricordare innanzitutto che oggi la medicina garantisce l’accesso a cure specifiche per la gestione del dolore e per dare benessere a pazienti che versano in particolari condizioni. Le cure palliative sono un ottimo strumento messo a disposizione dalle nostre strutture sanitarie in Italia che è importante promuovere e incoraggiare.

 

Da un punto di vista spirituale, in più, ogni cristiano sa guardare ogni momento di sofferenza sotto la prospettiva del senso che Dio sa dare ad essa e dell’Eternità che Egli promette a tutti coloro che si affidano a Gesù. Chi ha una profonda relazione con il Signore sa che ogni momento della vita, di gioia e di dolore, trova senso nel piano straordinario di Dio per ogni essere umano. Ogni cosa,  anche l’evento più drammatico, avviene affinché questo progetto possa andare avanti e concludersi nel miglior modo possibile.

 

Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno.” (Romani 8:28)

 

Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza.” (Giacomo 1:2,3)

 

Questi versi sono molto forti e a molti potranno sembrare inappropriati per il tema della sofferenza. Quando mia moglie è morta per un cancro all’età di 43 anni, ho ricevuto questi versetti da chi cercava di consolarmi e  in quel momento hanno prodotto in me l’effetto opposto. Mi sono arrabbiato e indignato. Non volevo che altri, senza capire quello che stavo provando, mi “lanciassero” addosso con tanta facilità quei versi biblici così pesanti per la mia vita. Occorre sempre usare delicatezza, saggezza e guida dello Spirito Santo per prendersi cura di chi ha perso una persona importante.

 

Dopo quasi 5 anni, però, dopo essere rimasto aggrappato a Gesù con le mie poche forze e aver cercato senso nel Suo piano per me, posso finalmente fare miei quei versetti e oggi li tengo stretti al mio cuore. Comincio a capire e intravedere che la sofferenza ha un senso e che sperare in Dio garantisce nuove forze per continuare ad andare avanti. Una speranza che non delude mai. Una prospettiva nuova che ti permette di sperare e guardare al futuro persino nel considerare i cari defunti: nel brano in 1 Tessalonicesi 4:13 l’apostolo Paolo infatti ci ricorda che sarà possibile rivedere nel cielo tutti coloro che sono stati salvati per fede in Gesù Cristo. Un bellissimo incoraggiamento a “guardare avanti” anche per quanti hanno perso delle persone importanti come è successo a me.

 

I cristiani che stanno vivendo momenti di grave sofferenza e stanno affrontando una malattia incurabile per sé, o per un proprio caro, sanno che possono continuare a sperare e confidare nel piano di Dio che ha sempre tutto sotto controllo. Questa speranza ha un impatto incredibile in tutte le decisioni che occorre prendere nelle fasi finali di una malattia terminale e continua a dare forza a tutti coloro che vi si affidano.

 

…ma quelli che sperano nel Signore acquistano nuove forze, s’alzano a volo come aquile, corrono e non si stancano, camminano e non si affaticano.” (Isaia 40:30)

 

Il Dio dell’impossibile

 

Cercando la definizione di “eutanasia” su wikipedia si può leggere che ci si riferisce a pazienti e individui “…la cui qualità della vita sia permanentemente compromessa da una malattia, menomazione o condizione psichica…”; fino a qualche anno fa la parola utilizzata era Irrimediabilmente. Il desiderio di accelerare la propria morte nasce spesso da questo senso di ineluttabilità, irreparabilità e inevitabilità che genera rassegnazione. Secondo lo studio spagnolo che stiamo prendendo come riferimento molti pazienti dichiarano di voler immediatamente porre fine alla propria vita, proprio perché il tempo di vita segnato da un destino inevitabile è ancora più pesante e l’attesa sempre più dolorosa. Pensare a un futuro in cui le cose non possono che inesorabilmente peggiorare, rende la condizione di dolore ancora più lancinante.

 

Il famoso psicoanalista e scrittore italiano Massimo Recalcati esprime la sua idea circa la legalizzazione dell’eutanasia con un commento: “Se il dono della vita è il dono di una avventura possibile, quello della morte può essere il dono che riconosce la resa della vita di fronte all’impossibile.2

 

Arrendersi di fronte all’impossibile: ecco l’elemento chiave di tutto il discorso! L’opinione pubblica è orientata a pensare che c’è un preciso limite definito dalla scienza medica che stabilisce se una condizione sia irrimediabile o no. Le posizioni e affermazioni dei credenti cristiani evangelici potranno sembrare controcorrente, alcuni potranno pensare che sia solo un’illusione religiosa, ma è importante per noi continuare a trasmettere a tutti la nostra fede nel Dio dell’impossibile e nel nome di Gesù per il quale ogni uomo può trovare non solo salvezza per la sua anima, ma anche guarigione e persino risurrezione. Gesù sa dare un nuovo inizio, proprio quando medici e altri professionisti umani hanno decretato la fine; il Salvatore desidera portare ancora oggi speranza, là dove altri hanno stabilito disperazione.

 

Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, e che molto aveva sofferto da molti medici e aveva speso tutto ciò che possedeva senza nessun giovamento, anzi era piuttosto peggiorata… avendo udito parlare di Gesù, venne dietro tra la folla e gli toccò la veste … in quell’istante la sua emorragia ristagnò; ed ella sentì nel suo corpo di essere guarita da quella malattia.” (Marco 5:25,26,27,29)

 

Tutti coloro che credono in Gesù, sperano in Gesù ed è difficile che un credente possa accettare di arrendersi; che possa accettare l’eutanasia che è una forma di rassegnazione estrema. E’ una reazione alla sofferenza che si allontana dal DNA stesso del cristianesimo. Ovviamente ci sono momenti così duri e così difficili che vanno al di là delle nostre forze e che gettano gli individui nella più nera disperazione, ma anche in quei casi il grido e la preghiera del credente sale a Dio con speranza e aspettativa. L’attitudine del popolo di Dio, rimane la stessa del suo progenitore spirituale Abramo, che è chiamato da alcuni il “padre della fede”:

 

Egli, sperando contro speranza, credette…” (Romani 4:18)

 

Privati di dignità

 

Immagina di non riuscire a fare i gesti anche più semplici e quotidiani della tua vita. Di non poter più camminare, parlare, mangiare autonomamente, abbracciare le persone amate, respirare… Immagina di dover dipendere sempre da qualcuno per tutto e di dover convivere con consapevolezza che le tue forze e capacità non solo non torneranno più, ma andranno sempre peggiorando. Alcuni pazienti con malattie degenerative o particolari tumori affrontano questi pensieri ogni singolo giorno e si chiedono se la loro vita, in queste condizioni, si possa considerare degna di essere vissuta”.

 

In altre situazioni, per esempio, numerosi uomini e donne soffrono di demenza con gravità elevata e non trovano modo di connettersi con la realtà, per chi continua a vivere in stato vegetativo, sostenuto da macchinari anche solo per nutrirli e idratarli. Ognuna di queste condizioni, secondo alcuni, abbassano e annullano la qualità della vita tanto da dover considerare a livello legale la possibilità volontaria di accedere all’eutanasia. Più che al diritto alla vita, quindi, si aspira al diritto della dignità della vita. Chi decide, tuttavia, i criteri di una vita degna? Come si misurano?

 

La Bibbia ci presenta un Gesù che ha saputo dare grande valore alla vita umana decidendo di morire al posto di tutti gli esseri umani.

 

La Sua vita e la Sua missione 2000 anni fa, registrata accuratamente nei Vangeli, dimostra che parte importante del Suo lavoro si svolse proprio sulle persone considerate “meno degne” dalla società. Lebbrosi, poveri, prigionieri e abbandonati da tutti. Gesù desidera offrire a ognuno di essi una nuova vita e una nuova speranza, tanto che nel racconto del Vangelo di Matteo, lo scrittore ricorda un’interessante profezia di Gesù, l’Unto del Signore:

 

Egli… non frantumerà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante;…” (Isaia 42:3)

 

A Gesù non piace buttare via le cose che non funzionano, o abbattere quelle che hanno perso qualità o che sono meno degne: Gesù vuole riparare, rivitalizzare, offrire ancora speranza.

 

Per questo motivo i seguaci di Gesù non si arrendono di fronte a una malattia inguaribile e continuano a sperare ed attendere lopera di Gesù di fronte alla perdita di funzioni e di capacità, anche le più basilari.

 

In passato abbiamo pubblicato un interessante articolo sull’ autostima nel quale l’autore ha parlato di un interessante personaggio biblico, Mefiboset, che non si riteneva degno delle attenzioni del re e probabilmente non si riteneva degno neanche di vivere. Quest’uomo aveva una disabilità nelle gambe e non poteva lavorare o badare a sé stesso autonomamente, egli si definiva un “cane morto”. Re Davide lo accoglie alla sua corte e gli offre la dignità di essere considerato suo figlio. Da “cane morto” a “figlio del re”. Questa storia riflette particolarmente bene l’opera di Gesù, il discendente di Davide, il Re dei re, che per amore, decide di dare dignità alluomo che l’ha persa a causa del peccato. Sempre re Davide nel Salmo 8:4-5 esprime la sua ammirazione per Dio che nonostante abbia a che fare con un uomo senza dignità (cos’è luomo che tu lo ricordi”) ha deciso di intervenire ed elevare la sua condizione (Eppure tu l’hai fatto solo di poco inferiore a Dio…”).

 

Nei dibattiti pubblici su questo tipo di scelte etiche si cerca di discutere e stabilire come considerare la  “dignità della vita” e ci sono tante opinioni diverse. Chi propone l’eutanasia legale nel nostro Paese afferma che ogni individuo debba decidere cosa significa “vita degna di essere vissuta” o no e quindi ogni individuo dovrebbe poter predisporre la propria vita come preferisce. In pratica la dignità diventa relativa, legata alle capacità degli individui: se ci sono, la vita è considerata dignitosa, se non ci sono, no.

 

Altri, soprattutto chi segue alcune ideologie orientali, considerano la vita come sacra e non ammettono che si possa disporre di essa come si vuole. La maggior parte della cristianità aggiunge a questo il fatto che, secondo le Scritture,  l’uomo è fatto a “immagine di Dio” e quindi ha in sé, scritti nella sua identità, un diritto e una dignità superiori rispetto tutto il creato. Una dignità sempre presente e indiscutibile.

 

Noi possiamo serenamente prendere posizione in questa discussione preferendo la dignità che ogni essere umano ha in quanto oggetto dellamore di Dio. Una dignità che si basa su un amore che non si cura di “qualità”, “abilità” o “meriti”, ma che semplicemente è un sentimento puro e disinteressato. Gesù ha dato Sé stesso sulla croce per TUTTI. Dio non esclude NESSUNO (Giovanni 3:16; 2 Pietro 3:9; 1 Timoteo 2:4) e, oltre a non fare distinzioni di età, genere, etnia o  tipo di peccato, Egli ci ama indipendentemente dalle nostre condizioni psico-fisiche. Questa verità biblica può ispirare tutti coloro che si trovano nella sofferenza di una malattia grave e terminale: sono certamente momenti difficili e tragici, ma è sempre possibile trovare un senso e uno scopo in Gesù e nella Sua sofferenza che ha voluto subire perché considera ogni singolo essere umano prezioso e importante.

 

 Autodeterminazione

 

Chi promuove l’accesso libero e legalizzato alla pratica dell’eutanasia in Italia, fonda le proprie argomentazioni soprattutto sul principio di autonomia. La libertà fondamentale di ogni individuo di potersi autodeterminare, cioè di decidere autonomamente per il proprio corpo e per la propria vita. Alcune testimonianze di pazienti che hanno fatto richiesta di accedere all’eutanasia raccontano che nella loro esperienza la malattia ha tolto loro ogni tipo di libertà e possibilità di poter decidere di fare anche le azioni più quotidiane e basilari. Nella loro idea l’eutanasia può offrire unopportunità di riscatto sulla malattia e riprendere il controllo di sé stessi, di poter decidere ancora almeno su una cosa: farla finita quando lo si desidera.

 

Lautonomia dell’uomo, in altre parole il libero arbitrio nel prendere decisioni, fa riferimento a un discorso incredibilmente complesso che ha smosso nei secoli politici, filosofi e teologi; in passato anche noi abbiamo pubblicato alcuni articoli sul tema (Arminianesimo).

 

Anche il “come” e il “a che livello” l’etica cristiana debba influenzare la nostra società è una discussione accesa e che divide gruppi di cristiani. Egiusto imporre sempre la vita” con leggi che impediscano la liberalizzazione delleutanasia in Italia? La Chiesa si deve battere per questo tipo di imposizione?

 

Siamo convinti che bisogna andare alle Scritture per avere una guida divina su questi temi con giusto senso critico ed equilibrio. Prima di tutto sappiamo che il nostro Signore Gesù è  venuto nel mondo 2000 anni fa e si è presentato come servitore e non come sovrano assoluto quale Egli è (Marco 10:45). Nelle Sue intenzioni Gesù voleva (e vuole ancora) offrire aiuto a tutti. Non aveva nessuna intenzione di esercitare la Sua sovranità con forza, è difficile credere che lo voglia oggi nella nostra società.

 

L’etica cristiana, inoltre,  può fare la differenza nella nostra società, tuttavia non può portare salvezza dell’anima né cambiare il cuore dell’uomo  (1 Corinzi 2:14). Possiamo batterci con tutte le nostre forze contro questa legge, ma nel cuore degli uomini e donne coinvolte rimarrebbe comunque la disperazione e il desiderio di morire.

 

Fin dall’antichità, inoltre,  Dio ha lasciato all’uomo la possibilità di fare le proprie scelte in autonomia perfino al Suo popolo (Deuteronomio 30:19) e quindi possiamo ben affermare che la libertà di scelta è stata decretata da Dio. E’ proprio Lui che la desidera!

 

Da un altro punto di vista, però, la Chiesa deve darsi da fare. Secondo le Scritture siamo ancora in una fase dell’umanità in cui la Grazia di Dio può operare attraverso Cristo, quindi la volontà personale di ogni individuo, solitamente influenzata da molti sentimenti e ideologie sbagliate e dannose, può accettare  la buona influenza di Dio attraverso la predicazione della Sua Parola (la Bibbia), l’azione dello Spirito Santo e a volte con la testimonianza personale. Come Chiesa siamo chiamati a influenzare con la speranza in Gesù quei cuori che hanno preso decisioni disperate.  Questo impegno nella società è parte fondamentale dell’identità della Chiesa che da 2000 anni a questa parte si preoccupa di “portare luce nel mondo”. I cristiani hanno una valida alternativa per chi desidera morire: una guarigione miracolosa e la prospettiva della vita eterna, insomma Cristo in noi speranza di gloria! (Colossesi 1:27).

 

Dobbiamo parlarne! Non possiamo rimanere impassibili di fronte a questa ondata di disperazione, non possiamo non predicare con più forza “Gesù nostra speranza”.

 

Saul e Giosafat sono due re dell’antichità la cui storia puoi leggere nei libri dei Re e delle Cronache presenti nella Bibbia. Essi vissero entrambi lo stesso preciso evento critico nella loro vita: furono entrambi circondati dai nemici nel campo di battaglia. La situazione era irrimediabile e perduta. Erano soli davanti a numerosi nemici. Nessuno scampo. Saul per orgoglio decise di farla finita e si trafisse con la sua stessa spada  per non essere sconfitto e catturato dai suoi nemici giurati. Giosafat, invece, gridò a Dio con tutta la forza che aveva in corpo e il Signore rispose liberandolo da ogni pericolo di morte.

 

Continuiamo a invitare chi soffre e vive queste battaglie sanguinose nel proprio corpo o nella propria mente a gridare a Gesù. Egli sempre … risponde dal suo monte santo” (Salmo 3:4)

 

Ogni morte è un’occasione persa

 

La Chiesa di Cristo, in ogni luogo e in ogni generazione, difficilmente potrà accettare e legittimare la pratica dell’eutanasia. Non per un dispetto dei cristiani che amano imporre le proprie regole a tutta la società, ma perché lidentità cristiana, la natura della grazia e della fede in Cristo, orientano i credenti sempre verso la speranza e questo modo di pensare e concepire la vita si differenzia in modo netto dalla rassegnazione, dalla disperazione che si muovono nel cuore di chi desidera morire.

 

Di fronte a questa realtà scientifica, sociale, filosofica che si sta manifestando anche nel nostro Paese, la Chiesa può sicuramente PIANGERE, PREGARE e PREDICARE perchè  ogni morte è un’occasione persa di conoscere Gesù (Ebrei 9:27).

 

Ogni singolo respiro di ogni essere umano è unoccasione speciale per conoscere personalmente e accogliere Gesù il Salvatore. Ogni istante di vita guadagnato è prezioso per conoscere Cristo ed aprire il cuore a una piena, vera e ben riposta speranza.

Silvano Santoro

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